Domenico De Ferraro
Emerito
Italy
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Inserito - 11/06/2006 : 08:38:51
L’ODE LUNGA D’UN MATTINO D’ ESTATE Mi fingo nel pensiero l’aura cinta intorno al vello dell’ antico cantore sogni e pagine sparse rincorrendo la magia dell’indomani fermo in bilico sulla sponda d’una strada pronta ad essere attraversata oltre l’immaginario dire cercare favelle e novelle scritte con il sangue ,il mare sussura all’orecchio melodie profane. Pagine germogli fioriti in luoghi oscuri nell’animo del latino ladrone. L’ode lunga d’un mattino di prima estate rincorrendo le farfalle elettriche lungo l’africo corso delle cose mute. Non più ritrovo il senso l’immagine arcana seppolta sotto un salice piangente disperata la fata inchinata sulla tomba del suo compagno potesse il cielo aprirsi e apparire gli elleni eroi d’un tempo ruggire il coraggio del leone le costellazioni in armi il sogno del divin fanciullo divenir un novo canto di primavera. Ripercorrere le strade silenziose in compagnia d’elfi e fate nel fitto bosco cittadino di cemento e ferro. Gli orribili occhi d’una macchina digrignante i denti. Volare oltre quel misero orto inseguendo fiabe e leggende. Ogni cosa tace non lascia scoprire l’arcano segreto chiuso in lui l’amore donato nel divin canto. Lamento d’una musa ferita oltre l’immaginario viaggio intrapeso con umile amore mano nella mano andare senza chiedere nulla mostri e fiere strani incubi picarreschi vortici di parole stregoneschi chiose di verbi mutilati . Famelico l’avere , famelico il possedere la gentile favella echeggia nell’aria infetta. S’udiva annuzziare l’arrivo di nobili cavalieri il militare valore inseguito dall’odio di forme convulse. Finti diritambi ed altre ecloghe dal significato perverso eclissi di versi nel fondo della clessidra. Ritornare in seno alla natura arrampicarsi sui grattacieli con l’armi in mano gridare dalla sommità la libertà afferata con l’ali , stringere il corpo di lei arrampicarsi sui vetri e sui dorsi dei sogni dagli occhi di gufo riscoprire il senso comune destino estinto andando verso una nuova estate attraversando l’orrore meduseo l’antro della cumana sibilla ascoltare l’onde cullarsi infrangersi sugli scogli mentre un palombaro scende cantando l’aida in fondo al mare. Nulla è un sogno se non una mano tesa nel buio. Soffrire gemere e altre parvenze dello spirito poetico. Seguire i gesti della madre il suo ricamare rime e altre storie sul telo ove è impresso l’immagine del suo figliolo perduto dolce e rammendare meditando le mendiche spoglie fuochi d’artificio nel cielo notturno salutano il declinare dei confusi giorni placano il dolore ed il ricordo di lei diventa men duro nell’udire un canto d’un sogno d’estate.
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