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luisa camponesco
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Inserito - 19/09/2006 :  15:04:14  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Regressione


I visitatori si attardavano nella sala dei dinosauri, in particolare i bambini puntavano il loro ditino verso l’alto.
- Mangiavano gli uomini papà!
- Per fortuna no, gli uomini non c’erano ancora a quei tempi.
La dottoressa Jocelyn Hickson, paleontologa, osservava soddisfatta la scena. L’allestimento di quella sala era costato molto lavoro e sacrifici, ma i risultati, ora, erano ben visibili, il museo aveva acquistato nuovo prestigio.
Ripercorse col pensiero tutte le fasi che avevano portato a quel meritato successo. Tutto era cominciato otto anni prima.

°°°°

- Scusa mamma ma devo andare all’aeroporto. Si! Si! Te lo prometto starò attenta, appena torno ti chiamo, ciao! - Jocelyn posò la cornetta del telefono e dopo aver dato una rapida occhiata all’orologio prese il bagaglio e scese di corsa per le scale.
Geremia Wilckot l’attendeva a bordo del suo pick-up.
- L’aereo parte fra due ore, siamo in ritardo.
- Scusami ma ho dovuto tranquillizzare mia madre.
Geremia scosse la testa , ma era troppo felice di fare quel viaggio con Jo. Lo avevano sognato fin dai tempi dell’università, dove si erano conosciuti e scoperto la comune passione per i fossili.
Trascorrevano le loro vacanze estive esplorando canyons, vallate e zone desertiche del Nuovo Messico. Questa volta era diverso, la segnalazione era giunta loro direttamente dal professor Forman. Nella Patagonia argentina erano stati ritrovati resti di un tirannosauro dalle dimensione gigantesche.
Il professore li aveva mandati a chiamare, aveva bisogno di collaboratori preparati e, loro lo erano per davvero.
- Emozionata? – chiese Geremia
- E chi non lo sarebbe – lei rispose
Il viaggio li avrebbe portati in una località nota come Villa el Chocon, si erano attrezzati con tende e tutto ciò che era necessario per il campeggio. Forman aveva inviato una fotografia della zona; uno sperone di terra a strapiombo sull’oceano. Jocelyn aveva sognato notte e giorno quel luogo senza nascondere l’impazienza di arrivarci.

Dopo un volo abbastanza movimentato a causa di una tempesta sopra Portorico, all’aeroporto di Buenos Aires splendeva un sole caldo. Recuperati i bagagli, un minibus li attendeva.
- Benvenuti, mi chiamo Michele Altovini, mi manda il professor Forman. Vi porto in albergo così potrete riprendervi dal viaggio. Partiremo domani con volo locale per Usuhaia, da lì poi raggiungeremo il campo a Villa el Chocon.
Nel tragitto verso la città, Michele ebbe modo di parlare degli scavi e dei recenti ritrovamenti.
- Altovini? Sbaglio o è un cognome italiano? – chiese Geremia
- Mio nonno era fiorentino di nascita, venne in Argentina poco prima della guerra. Anche mia nonna era di origine italiana, io sono nato qua, anche se ho la speranza, un giorno, di vedere l’Italia.
Si ritrovano per la cena e discussero gli ultimi preparativi, ebbero così modo di approfondire la reciproca conoscenza.

Il fascino del territorio colpì molto Jocelyn che, incollata all’oblò ammirò il paesaggio, le immense praterie, colori mutevoli e il biancore spumeggiante delle onde che si infrangevano sulle coste.
- Preparati stiamo per atterrare!
Jocelyn si scosse dai suoi pensieri e si allacciò la cintura.

Il campo era anche meglio di come l’aveva immaginato, il panorama toglieva il respiro e il calore era mitigato dal vento.
- Qui vedrà le stelle come mai le ha viste! Niente inquinamento luminoso…
Peter Forman le strinse la mano con forza.
- Sono contento che siate arrivati, la vostra collaborazione sarà preziosa per portare a termine il lavoro. Ma ora venite, voglio mostrarvi cosa abbiamo trovato!
Gli scavi si trovavano a cinquecento metri verso l’interno del territorio, contrassegnati con bandierine rosse.
- Stiamo completando la zona uno e due e, con il vostro aiuto inizieremo anche le altre che potrebbero essere più estese di quanto lo immaginiamo. Ma ci pensa Jocelyn, un gigantosauro e probabilmente non sarà l’unico.
Il cuore della ragazza prese a battere più forte. Il sogno di ogni paleontologo era lì, a fior di terra.
- A proposito. - continuò Forman – avete conosciuto Altovini, è un collaboratore bravo e fidato, sono sicuro che andrete d’accordo, anzi gli dirò di accompagnarvi domani a visitare la foresta pietrificata.


°°°

Quel viaggio le aveva cambiato la vita, lo studio dei dinosauri era diventato una vera ossessione.
- Hai visto troppe volte Jurassic Park – scherzava Geremia
- Sovente quello che consideriamo fantascienza non è altro che il preludio a qualcosa di più concreto. - Rispondeva piccata. – pensa se potessimo vivere per un po’, nel periodo cretaceo, quante risposte avremmo compresa quella della loro scomparsa.
Si rinchiuse nel laboratorio ad analizzare al microscopio frammenti ossei …se fosse riuscita a ricostruirne il DNA. Questo pensiero la tormentava. Una notte sognò di aggirarsi, con un corpo peloso, in una foresta di alberi altissimi. La terra vibrava e minacciosi rombi lontani riempivano l’aria. Si svegliò ansante, si toccò, non convinta corse alla specchio. Con sollievo vide la sua immagine riflessa con la pelle rosea.

- Dottoressa Hickson sono arrivate le casse che aspettava.

Finalmente, Jocelyn , rimosso l’incubo della notte precedente, incominciò a dare ordini sul modo di sballare il contenuto. Ci vollero giorni e, come un enorme puzzle, il tirannosauro prese forma. Ogni frammento osseo al posto giusto, quello era solo l’inizio, altri ne sarebbero seguiti. Il progetto prevedeva l’esposizione dei più significati esemplari, a questo scopo era iniziata anche l’opera di rifacimento del soffitto.
Il lavoro si faceva ogni giorno più impegnativo e frenetica l’attività di composizione degli scheletri.
- Devi staccare Jocelyn, non puoi continuare a questo ritmo! – Geremia era seriamente preoccupato – stai cambiando amica mia e non mi piace.
Lei rispondeva ridendo.
- Vedrai quando sarà tutto finito, sarai fiero di me.
A nulla valsero le raccomandazione degli amici, anzi ottennero l’effetto contrario.

Il cranio era completato, l’enorme bocca spalancata, i denti aguzzi in bella mostra. Jocelyn lo guardò incantata. Ah! Se avesse potuto vederlo all’opera durante la caccia. La scienza aveva escluso che avessero anche un minino di intelligenza, ma era poi vero? Avevano dominato la terra per milioni di anni e se non fosse avvenuta la catastrofe ne calcherebbero ancora il suolo.
Il suo pensiero era così intenso che le parve di precipitare. Qualcuno la chiamò
- Si sente bene dottoressa?
- Sto benissimo grazie.
- Era così pallida e con lo sguardo fisso…

Quella notte l’incubo si ripeté, era nuovamente nella foresta pluviale, sola, ma stavolta la curiosità vinse la paura ed iniziò ad esplorare.
La flora era tipica del cretaceo, la forma delle foglie, non c’erano fiori e un odore pungente le tolse il respiro. Un attimo di panico e si trovò nella sua camera ansante come dopo una folle corsa.
Le stava accadendo qualcosa, qualcosa di incredibile, lei era una scienziata e valeva la pena di indagare.
Cercò tutti i testi ed articoli che riguardassero la mente e le sue potenzialità, finchè trovò ciò che cercava, riguardava la memoria ancestrale.

I ricordi e le conoscenze della specie sono racchiusi in un angolo del cervello e questo vale sia per gli animali che per l’uomo. L’adattamento e l’evoluzione sono frutto di precedenti esperienze, se trovassimo la chiave d’accesso, posta nella materia grigia, potremmo rivivere la vita dei nostri antenati.

Così recitava l’articolo di uno sconosciuto psicologo al quale la dottrina corrente non aveva dato molto credito. Ma a Jocelyn questo bastava per coniugare il suo lavoro con le recenti esperienze oniriche.

Ora il sogno si verificava ogni notte, e, ogni notte di addentrava sempre di più in quel territorio sconosciuto, ogni notte più lontana nel tempo.

- La dottoressa Hickson dovrebbe prendersi un po’ di ferie.
- In effetti da qualche tempo è davvero strana, non risponde quando la si chiama, sempre concentrata sul lavoro, a volte è persino irrascibile.

Il giovane assistente non sapeva più come rapportarsi a lei. Pareva infastidita persino della sua presenza. Si confidò con Geremia Wilckot che sapeva essere suo amico.
- Si lo vedo anch’io. È da quando siamo tornati dalla Patagonia che è cambiata. Beh proverò a parlarle. – Geremia ringraziò il giovane, ma appena si allontanò il sorriso lasciò posto ad un’espressione cupa. Il suo timore era quella che Jocelyn facesse uso di farmaci stimolanti, visto le ore di lavoro cui si sottoponeva. Spesso restava nel museo fino a tarda notte.

- Ciao Jo – era da parecchio che non la chiamava così - l’inaugurazione della nuova sala è andata alla grande! Bisogna festeggiare. Andiamo a cena?
- Ti ringrazio Geremia ma stasera voglio andare a letto presto. – simulò uno sbadiglio
- Hai ragione, dopo tutto il lavoro che hai fatto te lo meriti un po’ di riposo. Ma domani ti chiamo. D’accordo?
Le dette un bacio sulla guancia e la vide allontanarsi.

°°°

“Per fortuna gli uomini non c’erano ancora a quei tempi” così aveva detto quell’uomo a suo figlio e non sapeva quanto si sbagliava.
Su di uno sperone di terra a strapiombo sull’oceano, dietro le foglie di una felce gigante, due occhi umani seguivano affascinati, un possente gigantosauro mentre cacciava la sua preda.


Luisa Camponesco

   
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