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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Renato
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Gabriella Cuscinà
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Italy
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Inserito - 02/11/2006 :  18:55:02  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
Renato

Renato era arrivato a Palermo e in albergo aveva fatto amicizia con Guido. Il primo era un facoltoso architetto che amava viaggiare e visitare i monumenti antichi; l’altro era un pittore un po’ spiantato e stravagante. Aveva conosciuto anche Ignazio, un vecchio avvocato che viveva stabilmente in albergo. Successivamente aveva presentato Ignazio a Guido. Guardando meglio Ignazio, Guido aveva esclamato: - Ma noi ci conosciamo avvocato, vero? Lei è il padre di Elvira. Credo sia stata l’unica donna che abbia mai amato. Poi ho saputo che è morta. Mi dispiace, creda, sono addolorato.-
- Sì, signor Guido,- aveva detto Ignazio- Elvira non c’è più, non è più tra noi; ha lasciato due figlioli, ma li vedo raramente.- La sua espressione era divenuta funerea. Aveva abbassato il capo e si capiva che nascondeva le lacrime.
- Dispiace anche a me, Ignazio, - aveva soggiunto Renato,- non sapevo, ma come è morta tua figlia?-
- Vedi caro mio, quando era ancora molto giovane, Elvira era fidanzata con Guido, che però era un pittore squattrinato e allora io contrastavo quell’unione. In seguito ebbi bisogno di alcuni lavori di ristrutturazione e incaricai un architetto. Questi cominciò a corteggiare mia figlia che perse la testa per lui. Lasciò Guido e si mise con l’architetto. Io ero contento perché credevo fosse una brava persona ed un onesto lavoratore. Invece si rivelò un farabutto, sperperava tutto il denaro e in breve si ridusse sul lastrico. Giocava ai cavalli perdendo moltissimi soldi. Scommetteva usando anche il denaro di mia figlia. La poverina era innamorata e non diceva nulla, lo accontentava, ma soffriva in silenzio. Quando capii che cercava di dilapidare anche il mio capitale, bloccai tutti i fondi di famiglia e lui cominciò a fare come un pazzo. Cominciò a dire che l’avrebbe lasciata e che non valeva niente, era stata solo un inutile peso e adesso che aveva bisogno di danaro, gli veniva negato. La esortai a lasciarlo, ma lo amava follemente e non voleva ascoltarmi. Poi cominciò a picchiarla e allora intervenni denunziandolo alla polizia. Lo diffidarono e fu lui a lasciarla, ma poco tempo dopo, trovammo mia figlia morta suicida.-
Gli occhi di Ignazio era tristi ed esprimevano un dolore inconsolabile.
- Sicuramente sarai pentito d’averlo denunziato, ma secondo me, hai fatto bene,- disse Renato – tua figlia poteva anche morire per le percosse del marito. E ora i tuoi nipoti con chi stanno?-
- Purtroppo stanno con il padre. La legge vuole così. Io invio loro delle somme di denaro.-
- Ricordo che era una ragazza solare,- intervenne Guido- quando era con me, rideva sempre e scherzava volentieri. Mi hanno detto che dopo sposata, è cambiata. Certi individui non dovrebbero esistere sulla faccia della terra! L’architetto me la portò via, ma se l’avesse resa felice, sarei stato felice per lei. Invece seppi che era infelice.-
Ignazio se ne andò e Renato chiese all’amico pittore d’accompagnarlo a visitare il castello arabo della Zisa. Con l’autobus arrivarono nelle immediate vicinanze, scesero e s’inoltrarono oltre il grande cancello che immette nel parco del castello. Presero a passeggiare attorno all’antica costruzione che è costeggiata da canalette di marmo in cui defluiscono le acque in un silenzio magico. Il giardino contiene un bacino arricchito da acque che sgorgano da una nicchia di fondo, in una grande sala quadrata a piano terra. Scorrono come un velo e sono interrotte da due bacini quadrati secondo lo stile persiano. Nel castello, il sistema di ventilazione è stato concepito secondo le più raffinate tecniche di refrigerazione degli Arabi. A guardarlo, era affascinante ed imponente e Renato non si saziava d’ammirarlo. Lo visitarono all’interno su tutti i piani, e si respirava un’aria impalpabile d’antico. Guido lo conosceva molto bene e ogni tanto forniva spiegazioni e chiarimenti all’amico.
Poi, pensando e parlando d’altro, -sai,- disse – conosco una barzelletta sugli avvocati che avrei voluto raccontare ad Ignazio. Ma s’è messo a parlare di sua figlia morta e allora ho evitato.-
- Dai, raccontala a me,- fece Renato.
- Devi sapere che i soci della Croce Rossa si erano accorti che uno dei più ricchi avvocati italiani non aveva mai fatto loro una donazione. Un incaricato lo contattò e lo esortò ad essere generoso. Quello rispose che sua madre stava morendo e che le cure per lei erano molto costose. Disse che suo fratello era cieco e su una sedia a rotelle, che sua sorella era vedova, senza una lira e con quattro figli a carico. L’incaricato della Croce Rossa, si scusò dicendo che non erano al corrente delle sue sciagure. L’avvocato in tono secco e perentorio aggiunse: “ Dunque, se non ho mai dato un euro ai miei parenti, per quale motivo dovrei darne a voi?”
Renato cominciò a ridere essendo sensibile all’umorismo.
- Ti consiglio di non raccontarla ad Ignazio,- disse,- non sappiamo come reagirebbe e se sia un tipo generoso.-
- Tu lo sei?- domandò Guido.-
- Beh credo di sì. Spesso faccio delle offerte, ma forse è sempre troppo poco, non so.-
Nel frattempo era usciti all’aperto e stavano passeggiando per i vialetti del giardino del castello.
- Credo che non si possa stabilire da soli se e quanto si sia generosi,- aveva aggiunto,- dovrebbero essere gli altri a giudicare.-
Mentre diceva queste cose, Renato vide un uomo dimesso che parlava rivolto a una delle finestre del castello. Era come se parlasse a qualcuno che non c’era. Poi avvicinandosi e rivolgendo a lui, disse:
- Ho dato appuntamento alla principessa per questa sera. Mi ama e mi ha risposto che verrà.-
Renato restò a bocca aperta e non seppe cosa rispondere. Guido lo prese sottobraccio e gli spiegò, bisbigliando, che si trattava del pazzo del quartiere il quale diceva sempre di parlare con una principessa araba. Infatti poco dopo l’uomo cominciò a declamare sempre rivolto alla finestra:
“ Saracena dagli occhi di cobalto,
quando ti affacci al placido verone,
esser vorrei un arabo predone,
per rapirti a cavallo con un salto.”
La sua voce era ispirata e i suoi occhi sognavano e vedevano qualcosa che gli altri non potevano vedere. Renato provò compassione per quel povero diavolo che amava chi non esisteva e non era forse mai esistita.
I due amici si allontanarono e continuarono a passeggiare. Poco dopo, uscirono dal cancello principale e s’avviarono verso un bar che si trova là di fronte. Fecero a gara per offrire il caffè e, cercando nelle proprie tasche, Renato s’accorse di non avere più il portafoglio. - Porca miseria! Me l’hanno rubato! Chi può essere stato?- esclamò.
- Be’, è assurdo, non riesco a capire, siamo stati sempre soli, - rispose l’altro.
- Già – ribatté Renato, - o forse no, aspetta, l’unico che s’è avvicinato a noi è stato il poeta pazzo! Sì, sì, proprio lui, deve essere stato proprio lui che m’ha fregato. Pezzo di farabutto! E dire che avevo provato compassione per lui!


Gabriella Cuscinà

   
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