Renato Attolini
Senatore
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Inserito - 07/04/2007 : 19:27:46
In questi giorni di festa , il mio pensiero spesso si sofferma su quel povero ragazzo di Torino, Matteo, che si è suicidato perché non sopportava più le angherie dei suoi compagni di classe. Lo prendevano in giro in quanto era gay, ma lo era poi? Può essere, ma non è questo certo il punto. Se anche non lo fosse stato veramente, avrebbero trovato un altro motivo per molestarlo pesantemente. Il “branco” cerca una vittima e come tale deve essere debole, non importa la ragione, l’importante è che non possa difendersi, se no che gusto c’è? Il “branco” non ama lo scontro, se incontra un cacciatore che solo fa il gesto d’imbracciare il fucile, scappa via spaventato. E questo vale per i lupi come per gli esseri umani, anche se in questo caso mai la terminologia fu più impropria. Matteo, da come si racconta, era timido introverso, probabilmente non amava i cellulari ultima generazione come molto più probabilmente i suoi aguzzini. Amava la sua famiglia, amava lo studio era eccellente a scuola. E questa indubbiamente era una colpa per chi è velocissimo e bravissimo nell’inviare gli SMS ma non azzecca un congiuntivo. Come al solito nella nostra bella Italia quando succede una cosa del genere, divampano le polemiche ed entra in campo anche la politica in modo, a mio avviso, alquanto strumentale. Resta l’amara realtà di una mamma che piange disperata e di due fratelli che ricorderanno sempre i tempi di quando erano tre. A Matteo vorrei dedicare le parole di una canzone che De Andrè scrisse per Luigi Tenco, sostituendo le parole, e penso che il mio idolo Fabrizio approverebbe, “Signori Benpensanti” e rivolgendomi a coloro che l’hanno ricoperto di soprusi, ai quali “…spero non dispiaccia se in cielo in mezzo ai Santi, Dio fra le sua braccia, soffocherà il singhiozzo, di quelle labbra smorte, che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte.”
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