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antonio sammaritano
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Inserito - 02/05/2007 :  15:59:44  Mostra Profilo  Visita la Homepage di antonio sammaritano Invia un Messaggio Privato a antonio sammaritano
QUANDO IL CIELO SI APRE
Dove Elisabetta era nata e viveva si rispettavano alla perfezione le regole di tutti quei paesini che un nome lo hanno ma rimangono anonimi lo stesso sino a quando non accade qualche evenienza e se possibile sinistra, che richiama gente da ogni parte: allora i turisti non si contano più….Oggi tutto riesce mestamente a fare business.
Ognuno conosceva tutti e di tutti conosceva tutto, poiché gli immancabili scheletri nell’armadio veri o presunti non esistevano neanche.
Tutte le mattine, agli angoli delle gradevoli viuzze tristi e rassegnate come una bellissima donna condannata al totale isolamento per un crimine non commesso, le massaie, dopo aver espletato i compiti quotidiani, si radunavano in piccoli gruppi per sfracellare le adolescenti con discorsi più affilati di una lama di Toledo a punizione delle loro scelleratezze di natura erotica commesse nell’oscurità e nell’assoluto abbandono che ogni sera calava come un nero scialle nel piccolo borgo. Il meccanismo di questa operazione era semplice: ogni gruppo,per tacito ed essenziale accordo, eseguiva questo lavoro sulle figlie delle donne dell’altro riunito all’angolo più in basso che, a sua volta, si occupava di quelle appartenenti al gruppo dell’angolo successivo e cosi via.
Una caratteristica era che gli elementi dei gruppi periodicamente si rimescolavano per formarne dei nuovi.
Le ragazze erano prese di mira sino a quando non andavano spose: integre col beneficio del dubbio, sicure con un pomposo corredo che aveva depredato il padre di vent’anni di lavoro. In definitiva due grandezze inversamente proporzionali.
Pertanto, dopo aver consumato quella effimera , piacevole fetta di vita coniugale, da vittime passavano a carnefici.
Con queste trovate si combatteva qualcosa di indefinibile, atavica, che la loro ignoranza e la loro remissione predominante non riusciva a mettere a fuoco né, d’altro canto, nessuno si curava di farlo, di dare una spiegazione a quel senso bello e malizioso che le toccava quando, il sabato sera, ovviando ai doveri coniugali, i bellissimi attori delle fictions assumevano le sembianze dei mariti.
Di queste perfide emozioni naturalmente non se ne parlava neanche col parroco. I coniugi invece non si creavano interrogativi complicati limitandosi a godersi le performances della moglie compiacendosi, alla fine, che, oltre al vigneto, la sapevano lunga pure in fatto di sesso, rivolgendo un pensiero di gratitudine a quello del video noleggio per i suoi edotti consigli.

Cosi si tirava avanti tenendo sottobraccio,da un lato quello che non si può esprimere per la ragione che non si sa cosa sia e col tempo, non ci si preoccupa neanche più di saperlo. Dall’altro la garanzia di invecchiare
con tutti i requisiti che la fedeltà alla parvenza richiede sin quando tutto ciò per i più vulnerabili non viene travolto, anche per poco, da qualcosa che alteri il perfetto equilibrio di questa bilancia tutto sommato onesta.
Nell’attesa incerta e soporifera quel gigantesco ferro da stiro che non risparmiava nessuno continuava nel suo monotono e perenne lavoro.
Alcuni giovani, dopo le scuole dell’obbligo, decisero di imboccare la via del nord con la speranza che la loro vita si raggrinzasse quel tanto che bastava per farli alzare da quella culla dove si erano intorpiditi nel fisico e nello spirito.
Parecchi di loro,per le ferie estive, tornavano con auto di grossa cilindrata e con un terribile accento anomalo come i tatuaggi impressi nei loro corpi. Ben pochi con una cospicua somma di denaro sufficiente per completare i lavori della nuova casa, sposarsi mettere su famiglia
e parlare del nord, una volta ritornati ai campi, come fa un anziano coi giovani delle sue lontane reminiscenze di combattute guerre.

Inaspettatamente l’arrivo di quel qualcosa che avrebbe alterato quell’equilibrio si presentò anche lì in veste del fenomeno della terza rivoluzione industriale e sociale. Di esso se ne percepì, almeno l’odore e limitatamente la realtà oggettiva meno consistente e quindi, se vogliamo, ignorata.
Tutti ebbero i loro bei cellulari , le satellitari e ovviamente i personal computer che , all’arrivo della prima bolletta telefonica , finivano tristemente a suppellettili .
L’andare al passo con i tempi o meglio, l’ultimo effluvio di quello olezzo fu il crescente fenomeno delle separazioni e dei conseguenti divorzi considerato “IN” proporzionatamente all’aumento delle fictions che adesso venivano seguite con occhi diversi e degli indici di ascolto
che ebbero un’impennata pazzesca. Stranamente i soliti gruppetti nei confronti delle neo separate furono molto più clementi ed elastiche tanto che presto si annoiarono di affrontare la questione che non dava più incentivo.
“IN” volle essere anche la madre di Elisabetta che siccome era quello che era , divorziò quando la piccola era nata da un mese. Con il tempo, prima il padre poi la madre, che era quello che era , continuarono a procreare per conto proprio : tre figli ciascuno e Elisabetta ricevette soltanto come souvenir di quella breve e infausta gita con i genitori un bel diabete; forse perché, del tutto inconsapevoli, desideravano fare in modo che quella bambina assaporasse le dolcezze della vita a prescindere dal senso del gusto … Forse .
Di fatto i genitori di Elisabetta furono i nonni materni : due oneste persone che volevano ,a modo loro , tanto bene alla nipotina e, per quello che materialmente e non , potevano fecero sempre del loro meglio per tappare quei buchi che i genitori avevano lasciato nella sua anima .
Tuttavia non erano in grado quasi mai di vedere con gli occhi di lei e, in tal senso, nessuno poteva biasimarli: in caso contrario, si.
Elisabetta, astuta e stupida, nello stesso tempo questo non riuscì a comprenderlo neanche quando raggiunse l’età di 16 anni con un target di ambizioni che eccetto una , lasciava effettivamente a
desiderare .
Ne derivò che venne inamidata anche lei e riparandosi con l’ombrello non raro dalle lacrime che si versava addosso,si offrì oltre che al famoso ferro anche al primo conosciuto. Elisabetta viveva della sua svogliatezza, dei suoi DVD e dei suoi innumerevoli bollori i quali puntualmente si trasformavano in massi che non ci avrebbero messo molto a seppellirla. Lei masochisticamente lasciava fare purché arrivasse un sms misero e maligno da un bulletto che la seppelliva sempre più .
Diverse volte Elisabetta assicurata a due fastidiose corde precipitò nell’abisso della depressione e le sue due migliori amiche, Clanny e Harimel, erano sempre lì, sedute sull’orlo, pronte a issarla su senza mai mostrare un minimo segno di fatica . Anche loro però dovevano far fronte ai loro doveri scolastici, ora più impegnativi, che da tempo non gravavano più sulla ragazza. Ciò nonostante, continuarono a starle addosso seppur non con la stessa frequenza di quando le scuole chiudevano i cancelli .
Fu invece Elisabetta a stancarsi di loro: cominciò ad evitarle e quando non poteva farne a meno parlava con riluttanza finché ad ambedue disse, senza preamboli, che di baby sitter non aveva bisogno .
Clanny e Harimel rispettarono assolutamente la decisione dell’amica: si alzarono dall’orlo di quel precipizio e si allontanarono senza dire nulla , senza minimamente alterare il grande e nobilissimo sentimento verso l’amica che, dopo queste parole si cementò ancora di più come se sentissero un tuono prima del devastante temporale.
Nelle settimane che seguirono tra un DVD e l’abbandono completo , nella mente di Elisabetta spesso offuscata dall’alcool , cominciò a farsi strada come un tarlo in una trave , la voglia di issare uno straccio bianco alla vita e chiudere quel gioco che per lei non valeva la candela .
Decise allora di usare come arma del proprio assassinio il lontano e unico regalo dei genitori. Non le fu difficile fare in modo che la glicemia raggiunse valori esorbitanti.
Ma i medici ostinatamente la salvarono. Fu un insuccesso
per lei , un miracolo per tutto il reparto e un pianto liberatorio di gioia per i nonni, Clanny e Harimel che, a sua insaputa , erano rimaste assenti da scuola una settimana per starle accanto sia di giorno che di notte.
Tornata a casa quel tarlo riprese il suo cammino per cui Elisabetta si sentì ancor più frustrata per non esser riuscita nel suo intento, esattamente come quel simpatico personaggio che ogni tanto compare
nel fumetto “Alan Ford”.

Una breve ma intensa parentesi nella nebbia dello
squallore che, per lei, avvolgeva la sua ingombrante vita, fu un inconsueto interesse per una rivista, o meglio, per un tale che vi pubblicava degli articoli che scriveva qua e là in giro per il mondo; in uno degli ultimi villaggi aborigeni o in un altro, sperduto tra il gelo della Siberia.
La ragazza mostrò sempre di più il desiderio di saperne il più possibile tanto da eseguire una ricerca su internet che fosse in grado di dirle ulteriormente riguardo questo individuo.
Lesse la sua biografia con attenzione e rimase stupita dal fatto che quell’uomo , diventò famoso e apprezzato per la ragione che la povertà,la solitudine, i dispiaceri, le ingiustizie erano abiti che un tempo aveva indossato e che adesso, tramite la sua professione, vedeva indosso a tanta gente con cui si soffermava ore per ascoltare le loro storie. Con loro parlava e parlavano volentieri anche coloro che nessun altro giornalista era mai riuscito ad avvicinare. Dovunque lo accoglievano sempre calorosamente.
Come facesse fu sempre un mistero per i colleghi in giacca e cravatta; tutti quelli che gli articoli li scrivevano dietro una scrivania per la notorietà , per compiacere qualcuno e con il sogno dell’ambitissimo premio Pulitzer .
Lui invece famoso lo divenne uguale e per i motivi opposti.
Motivi facilmente comprensibili da quelli che, un tempo, scrivevano col suo criterio. Uno che in prima linea, nel conflitto interminabile con la vita, c’era stato lo si riconosce bene, ed è sempre persona benvoluta e meritevole di stima.
Elisabetta, come ogni donna guardò, la sua foto e pensò “Anche come uomo non è mica male ….Potessi conoscerlo e magari lavorare per lui ….Ma che dico: quello sempre in viaggio ricco …. Almeno avrà cinque segretarie..! Cinque? No. Dieci almeno e magari anche l’amore fanno insieme …. Comunque io una e-mail gliela invio lo stesso”
Le dita di Elisabetta cominciarono a muoversi con disinvoltura sulla tastiera e alla fine venne fuori un documento di tre pagine. Lo allegò e diede il comando di invio .
I giorni passavano lenti o veloci in relazioni agli eventi. Potevano sembrare una frazione di ora se si innamorava e finché la cosa durava per quei venti, trenta giorni si sentiva persino in grado di studiare un po’ in vista di un improbabile esame come candidata esterna. Dava anche una mano alla nonna nelle faccende domestiche e aspettava di buon grado il sabato pomeriggio come tutte le altre coetanee. La sera andava serenamente a letto dopo l’immancabile scambio di sms di buona notte con il nuovo amore e la lettura di un articolo di quello sconosciuto .

Agli inizi di un novembre il suo ragazzo con un patetico giro di parole la mollò come si mollano tutte quelle che vogliono fare sul serio e implicitamente divengono appiccicose specialmente quando quel “fare sul serio” è puramente una velleità chiara come il sole.
Per Elisabetta , prossima ai diciotto anni , significò il crollo completo .
Superalcolici , caffè , cinque pacchetti di sigarette al giorno dovevano farcela a toglierla di mezzo per sempre. Cosi Elisabetta , all’insaputa dei nonni, prese tutto ciò che aveva nel suo libretto di risparmio , si rifornì per quanto stimò potesse bastare per seppellirla, si tappò in casa e iniziò quella dieta letale: stavolta una “figuraccia” non voleva e non poteva assolutamente permettersela.
Cinque giorni dopo, un pomeriggio, i nonni uscirono per supplicare uno psicologo di andare a esaminare Elisabetta a casa. Questi, preso da una insolita commozione, assicurò che sarebbe andato subito dopo le festività natalizie. “Intanto” disse “iniziamo con questa cura farmacologia e quando verrò vedremo il da farsi.”
Scrisse una lunga ricetta e rassicurando i preoccupati coniugi che sarebbe andato tutto per il meglio , li accompagnò sino all’ingresso stringendo loro le mani
come un prete ma limitatamente nel gesto.
Elisabetta intanto dopo aver mangiato una mela accompagnata da due generosi whisky si era distesa sul letto a far fuori il terzo pacchetto di sigarette .
Qualcuno suonò il campanello accompagnando quel “driiiin” insieme ad un tono seccato. Né il campanello né il borbottare del postino la toccarono più di tanto come d’altronde tutto il resto.

Sentì il fruscio di una busta che scivolava sotto la porta e il rumore di uno scooter che si allontanava e continuò a sfogliare una nuova rivista che pubblicava anche gli articoli di quel tale che non aveva risposto alla sua e-mail. Sputò addosso quelle quattro pagine e accese un’ennesima sigaretta bevendo prima un bel sorso di cognac .
Circa mezz’ora più tardi sentì la necessità di andare in bagno. A piedi nudi , lungo il breve tragitto, calpestò qualcosa . Solo allora si ricordò del postino e del fruscio .
Prese la busta e seduta sulla tazza del water , senza aprirla , la girava e rigirava .
Tornata in camera sua lesse il suo nome, cognome e indirizzo fedelmente riportati e si decise ad aprirla.
Dentro c’era un DVD e un biglietto scritto con una grafia bella e curatissima che ricordava quella degli amanuensi.
“ Giovane Elisabetta ,
Noi conosciamo la tua breve storia che non è certamente tra le più felici ; ma il punto, quello ci ha fatto riflettere intensamente sulla tua richiesta è il fatto che tu, al di sopra di quello che possa esserne oggetto, parli di amore come causa dei tuoi vuoti senza rimedio. Questo non
ci ha lasciati del tutto convinti soprattutto per le contraddizioni , il mentire e il mentirti che lottano dentro il tuo essere. Prima erano in continuo contesa, ora convivono pacificamente proprio come un uomo e una donna che si amano. Tu, inoltre, d’amore non sai nulla e non tardi lo capirai. Questo per noi è stato un cattivo presagio.
Una sorta di minaccia complicata e contorta
e molto pericolosa incombe su di te e su quelli che ti vogliono bene. Giorno dopo giorno sta prendendo il sopravvento tanto da non farteli più distinguere e mischiarli con chi di te non gli importa
completamente nulla ad eccezione di qualcosa che raccolgono quando ne hanno voglia e che elargisci con un sorriso simile ad un venditore di palloncini del luna park.
Stai tradendo chi ti ama e stai nutrendo chi ti fa del male, figliola. Ci consola il fatto che , agli occhi, anche se di pochi tuoi simili, innumerevoli cose sembrano incomprensibili controverse e terribilmente ingiuste le quali, il più delle volte, assumono umane sembianze. Se così non fosse credi che questi pochissimi che, al contrario, hanno iniziato e concluso il tempo che gli abbiamo concesso per arginare il più possibile queste abominevoli realtà avrebbero motivo di esistere ? Ti sei mai chiesta se avessero avuto il tuo medesimo desiderio che ne sarebbe adesso della vostra specie ?
Diciamo arginare, poiché è cosa scontata che questi rari terreni sanno bene sin dall’inizio che la partita che si accingono a giocare con noi, la perdono comunque . Tuttavia lo stimolo che li fa proseguire nel gioco sta nella consapevolezza della difficoltà in cui spesso riescono a metterci. Cosi, alla fine , un premio viene loro concesso. Premio che come previsto dividono con tutti quanti gli altri che li hanno supportati in ciò che hanno fatto, con quelli che la partita con noi l’hanno persa alle prime mosse, con coloro che non se la sono sentita neanche
d’iniziarla e straordinariamente con quei spregevoli che hanno cercato, oltre noi si intende, di intralciarli slealmente. Ma noi non abbiamo mai imbrogliato e non ci va a genio chi lo fa.
Così ci è piaciuto creare il vostro mondo e voi mortali e cosi sarà fino a quando esisterà l’ultimo di voi .
Tu , Elisabetta , cosa sei ? Una che crea aberrazioni , una che cerca di arginarle o una che ha abbandonato subito e vuole morire per la curiosità di vedere se tra i più si può fare uso dei telefonini, di innamorarsi secondo il tuo stile
dando uno squallido addio alla tua attuale insignificante vita?
Quello che comanda tutti noi quelle rare volte , quando il cielo si apre , esaudisce le poche richieste che riescono a penetrare in questa sottilissima e invisibile fessura senza pensarci troppo e senza guardare da chi provengono.
Con te , per i preaccennati motivi, ha voluto fare un’eccezione: inoltre per la età, per la tua bellezza, per le tue potenzialità latenti o forse perché ci sono tanti “forse” per archiviare subito questa faccenda.
Quindi da questo momento hai un mese di tempo per pensare bene se cambiare la tua richiesta o lasciarla immutata . Trascorsi questi trenta giorni scrivi sul DVD quello che hai deciso, rimettilo nella busta e aspetta: qualcuno si farà vivo per ritirare il tutto .
Naturalmente Elisabetta pensò ad uno scherzo inopportuno in quel periodo infelice, delle solite Clanny e Harimel . Poi smise di pensare, bevve e si sentì più male di quanto già stava.
Quindi tentò di aprire la custodia del DVD per vedersela fino in fondo ma non si apriva ; provò e riprovò ancora finché , perse l’ultima briciola di pazienza e lo scaraventò sul pavimento: niente neanche una scalfittura . Corse allora in cantina , prese un martello dalla cassetta degli attrezzi del nonno e con tutta la sua forza colpì quella custodia che rimase intatta come un diamante . Dentro Elisabetta adesso cominciavano a mescolarsi stupore , paura e persino serie preoccupazioni sulla condizione della propria integrità mentale .
Dalla poltrona , tra un goccio e una sigaretta continuava a guardare quella strana busta e il suo contenuto quando l’idea che c’era qualcuno che potesse darle una mano a dissipare quella matassa , la spinse a vestirsi e uscire .
Indirla guardava la busta , il DVD e insieme la ragazza sfinita la cui manifestazione di ansia le provocava una godimento inspiegabile che prolungò finché poteva. Successivamente fece un cenno ad Elisabetta che la seguì come un cagnolino.
Dai suoi hardware e software appariva chiaro che quella , di informatica ne sapeva parecchio .
Si sedette, passò la busta e la lettera allo scanner, esaminò quello strano DVD, si connesse con alcuni siti web , raffrontò , cercò, mentre man mano la sua espressione incominciava ad assumere quella
di chi, suo malgrado, qualche volta, finalmente scopre i propri limiti . Da valente ma ridimensionata narcisista si alzò, guardò Elisabetta ed emise maestosamente il suo responso: “ Ti hanno fatto uno scherzo , fatto bene , ma è solo uno scherzo. Questa è solo una busta che era in commercio negli anni quaranta … cinquanta….. Forse. Comunque è uno scherzo, sta tranquilla . “ E del DVD? Che hai scoperto riguardo il DVD ? ” Chiese Elisabetta .
A volte i telefonini rompono le scatole , a volte ti liberano da persone o da cose come , nello specifico, da quella domanda. Indirla , che non l’aveva mai fatto , rispose al primo squillo. Elisabetta capì in quel momento che anche gli espertissimi possiedono i loro sicuri confini di conoscenza. Fece un cenno di saluto e tornò a casa con la coda tra le gambe .
Nella sua camera , dove cominciava a diventare difficoltoso orientarsi , Elisabetta pose nel cassetto della sua scrivania l’insolita posta che aveva ricevuto.
Mangiò un tramezzino e quella notte riuscì a dormire serenamente accanto la nonna che persino si commosse e pianse guardandola dormire esattamente come un tempo quando le cambiava i pannolini. Nulla dell’accaduto , però , venne raccontato dalla nipote. In qualche modo , le medicine prescritte dallo psicologo e somministrate occultamente alla ragazza, ebbero effetti soddisfacenti tanto che Elisabetta cominciò a mettere un po’ d’ordine nella sua vita , iniziando dalla sua camera. Si propose anche di mettersi a lavorare e , grazie al padre di una sua ex compagna , venne assunta in un noto ristorante di una piccola isola dove , d’estate , i turisti si ammassavano come sardine sotto sale in un barile.
Elisabetta si trovò bene in quel posto. I gestori erano Luigi e Teresa , una coppia sui quarantacinque, con un figlio disabile con il quale Elisabetta trascorreva gran parte del suo tempo libero a vedere e commentare film horror , di cui anche lui era un cultore; ma oltre la competenza del giovane in fatto di cinema, la ragazza non si sforzò di vedere le molteplici qualità che il giovane possedeva per la ragione che non le importava.

Dopo un mese, agli inizi di luglio, arrivò un pizzaiolo , Carlo , per dare una mano al signor Luigi , considerato la clientela in copioso accrescimento.
Bastò un sorriso e un invito in discoteca a far cadere Elisabetta nella sua impetuosa convinzione dell’amore.
Sembrava , in qualche modo , che questa fosse la volta buona, fino a quando, una sera la signora Teresa e Carlo, senza volerlo, dimostrarono a Elisabetta che esiste una sembianza amorfa ,come tutte le emozioni, chiamata passione edonistica e tanto discreta da non frantumare cuori o altro , almeno , fin quando la cosa resta tra i due. Elisabetta seguì la lezione per pochi secondi ma sufficienti a capire che tra quello che aveva invano cercato e facilmente trovato e tra quello che aveva sempre ignorato e rifiutato sebbene ne avesse tanto bisogno . Pur essendo due immagini complementari, separatamente, assumono distanze quanto un abisso. Questo era stato sempre il suo più grave errore e ancor di più, non far nulla per porvi rimedio lasciando le cose accatastate. Anzi nonostante tutto continuarono ad essere la medesima idea : cosi volle rimanesse. Eppure quel sentimento , per lei oscuro era l’unica arma con la quale avrebbe sconfitto i mali e le volute sofferenze che si crogiolavano dentro la sua anima indisturbate…Capì il significato di quella lettera e che, conoscendosi bene, non sarebbe cambiato nulla. Lei preferiva cosi.
Il giorno dopo prese il primo aliscafo e un’ora dopo era ancora a due mesi prima con la differenza che sopra il suo corpo non potevano trovare più posto neanche dei sassolini. I nonni non chiesero nessuna spiegazione; sapevano che era la cosa migliore e andarono a dividersi l’ennesimo dolore in salotto: che altro avrebbero potuto fare ?
Elisabetta , oltre a frugare nella sua memoria , cominciò a frugare anche tra le sue cose finché non le venne tra le mani quella busta che mesi prima l’aveva sconvolta. Prese la custodia del DVD con l’atteggiamento di chi sa di fare qualcosa di inutile tentò di aprirla e invece questa volta ci riuscì senza alcun sforzo . Sbalordita del fatto che la cosa non l’aveva per nulla stupita estrasse il dischetto e senza esitare vi scrisse “IO VOGLIO MORIRE” . Lo ripose sulla custodia poi dentro la busta e richiuse il cassetto .
I giorni andavano via portandosi con loro i chili , il fegato e tutto quanto lei gli offriva ben volentieri e senza ombra di parsimonia.
Per sè teneva gelosamente le sue lacrime che osservava compiaciuta da sotto il suo splendido ombrello color vergogna .
Nella tarda mattina, tra un Natale che i nonni si sforzarono al massimo di dargli, se non altro, una parvenza dignitosa e un Capodanno che preludeva una copia del Natale appena consumato, dalla sua camera Elisabetta sentì i nonni con un tono un po’ imbarazzato usare l’italiano misto al dialetto , orrenda cosa , e la voce di un uomo che essendoci nato da quelle parti, usava solo il dialetto .
La ragazza aprì la porta quanto bastava per vedere il visitatore e trasalì . Era lui , quel bastardo che non aveva risposto alla sua e-mail . Si vestì , si diede un leggero trucco a tempo di record e interruppe la già difficile conversazione facendo ingresso in salotto .
I nonni la guardarono come fa chi viene a toglierti un riccio dal petto e insieme a lei guardarono quell’uomo
semplice, dall’indefinibile età che, inghiottito l’ultimo boccone di un dolce il quale lo portava indietro, al tempo della sua mai vissuta infanzia. Si alzò porgendo la mano ad Elisabetta : “ Non rispondo mai con una e-mail a delle e-mail come la tua. Ecco perché sono venuto : anche per i dolci , però , mi mancavano troppo.” I nonni sorrisero e si avviarono in cucina lasciandoli soli . “Tu non hai mai detto che sei nato in questo paese !” Esordì Elisabetta . “Ascolta Elisabetta …” rispose l’altro eludendo la domanda . “Tu vuoi lavorare con me , viaggiare, conoscere la gente e le loro storie per capire e darti delle risposte a domande che ogni giorno ti fai e nessuno in questo riesce a darti una mano . E’ cosi che mi hai scritto o sbaglio?” . “Si … E’ cosi.” Fu la risposta lapidaria della ragazza . “Bene, allora. Preparati perché l’antivigilia di Capodanno partiamo .
Staremo via circa un mese e al ritorno deciderai se rimanere a collaborare con me o lasciar perdere. Con i tuoi nonni ho già parlato ed è tutto a posto . Dei dettagli ne parliamo in aereo anche per distrarmi … In confidenza, anche se ci sono stato parecchie volte, non sono mai riuscito a vincere la paura di volare . Per la prima volta Elisabetta riuscì a coinvolgere in un alone di difficoltà rigeneratrice i suoi cari e per la prima volta a farli piangere per una ragione esteriormente opposta a quella che di lacrime gliene aveva fatte versare a fiumi .
“ Hai visto , amore mio ? Se si prega con costanza e fede prima o poi il cielo si apre e i nostri desideri vengono esauditi , basta chiedere e invocare .” La povera donna aveva ragione ma non sapeva che anche in questo
esisteva una rigorosa graduatoria .
Non lo sapeva , d’altronde , neanche Elisabetta che adesso poteva considerarsi la privilegiata dell’ironia della sorte .
Nella notte del 29 Dicembre, gelida e con un cielo insolitamente terso, Elisabetta dopo aver controllato minuziosamente che avesse tutto a posto per la partenza si infilò la vestaglia , uscì sul balcone e guardando la luna come non aveva mai fatto, probabilmente perché non l’aveva mai guardata , accese la sigaretta .
Sorseggiando , tra una boccata e un'altra , latte caldo con miele che trovò più buono delle sue unghie. Pensava continuamente alle mani bellissime di quell’uomo tanto singolare quanto affascinante che si era accorto di questa sua compaesana con due occhioni e un volto che in quel posto non potevano ragionevolmente rimanerci .
Si ripromise di fargli il terzo grado ,durante il viaggio, e sorrise chinando il capo fino a poggiare la fronte sulla tazza.
Un’auto di lusso , in quel momento di costruttivo abbandono della ragazza , si fermò sottocasa senza emettere alcun rumore, senza rompere per nulla l’incanto di quella notte dove l’unica ad essere annientata fu Elisabetta.
Il momento in cui quel qualcuno sarebbe venuto a imprimere un sigillo alla sua scelta era arrivato .
Come in uno stato di trance la ragazza prese la busta, scese e accolse l’invito dell’uomo in una impeccabile divisa d’autista a salire nella parte posteriore . Dopo aver compiuto un percorso completamente sconosciuto si fermarono il tempo che il cancello di una grande villa si aprisse; ne attraversarono il lungo viale fino ad arrivare alla gradinata che conduceva all’ingresso . Qui Elisabetta venne invitata da una donna, con una sorta di kaftano color oro, a scendere dall’auto e a seguirla .
In un salone grande quanto un normale appartamento e arredato con uno stile sconosciuto una bellissima donna seduta dietro una scrivania smise di tormentare i riccioli neri che le cadevano sulle spalle, ritirò la busta dalle mani della giovane e le fece cenno di accomodarsi .
Tirò fuori il DVD , lo guardò di sfuggita e la sua voce dolcissima finalmente ruppe quel glaciale silenzio . “Vedo che nonostante il tempo che ti è stato dato per pensarci a tutto oggi non ti ha fatto cambiare idea …… La odi cosi tanto la tua vita, Elisabetta? ” Elisabetta non rispose.
Troppi pensieri si accavallavano ora nella sua mente da crearle una confusione mista a terrore come mai le era successo . “ So quanto è successo.” Riprese la donna. “Ora vorresti tornare sui tuoi passi …. Ma vedi , tu sei già stata un caso ….. come dite voi …. posto all’attenzione .
Ti sei mai chiesta quanti , prima di te , hanno invocato inutilmente di vivere per la pura motivazione di quanto hanno amato la vita ? Eppure le è stata tolta senza opportunità di scelta . Non pensi che ora sarebbe una grande ingiustizia verso essi concederti di porre un < non > tra < io > e < voglio >?
La ragazza completamente nel pallone e in preda ad un pianto dirotto annuì mimando.
La donna sospirò profondamente come tale era il suo sincero dispiacere e proseguì “Vorrei tanto aiutarti , tesoro , ma non posso, credimi …..inoltre a questo punto quanto tu hai desiderato è diventato realtà nel momento in cui hai visto giungere l’auto che ti ha condotta in questo triste luogo.
Guarda tu stessa .”
Alle spalle della donna una tenda di chiffon si aprì mostrando uno schermo. La donna inserì il DVD in una fessura della scrivania e abbassò la testa che venne accolta dalle splendide mani diafane.
Sullo schermo, Elisabetta in balcone con la sigaretta sulla sinistra e la tazza sulla destra immersa nelle proprie trepidazioni e il silenzio squarciato da due delinquenti che festeggiavano il nuovo anno anticipatamente con una calibro 9 sparando come in una disputa maniera western .
Passano sotto Elisabetta che sente un lieve bruciore sul solco divisorio i seni perfetti e generosi . Ha il tempo di vedere una macchia scarlatta allargarsi e poi il buio, il gran putifarre che ne seguì , i nonni e le amiche in lacrime a cui qualcuno risparmiò di aggiungere un’esponente maggiore alla loro sofferenza facendo in modo che ignorassero il nome dell’autrice di quanto era avvenuto .
La madre , che era quello che era , piangeva per aver perduto la figlia maggiore o per aver saputo da poco
che era in attesa del quinto figlio.
Solo un uomo strano , quel giornalista dall’indefinibile età capì come erano andate le cose realmente. Si allontanò con estrema discrezione e non tornò mai più in quel posto a mangiare i suoi dolci preferiti: neanche quelli ormai del paese in cui era nato gli piacevano più.
La donna fece uno insolito movimento e lo schermo si oscurò tornando a nascondersi alle spalle della tenda .
Dopo pochi istanti si alzò, aggirò la scrivania e porse la mano a Elisabetta dei cui occhioni erano rimasti solo due minuscole fessure.
Mano nella mano le due donne si avviarono per un lungo corridoio. Similmente a pietre miliari , ogni due metri , stavano poggiate sopra degli sgabelli delle scatole diverse per colore e dimensione. Solo le prime erano aperte mentre tutte le altre , più di settanta , erano ancora sigillate . “Cosa sono ? ” chiese Elisabetta e questa volta con il tono composto che ha colui che affronta il capestro
conscio della propria colpevolezza .
“La tua vita , piccola mia , con tutti i suoi pacchi che ancora doveva offrirti e che hai rifiutato senza neanche guardarci dentro ….. Ecco cosa sono!” Le rispose la donna allo stesso modo di una madre che rimbrotta la propria figlia.
Alla fine del corridoio, una porta e l’ultima scatola accanto la soglia .
Elisabetta si fermò a fissarla e la donna stringendola a sé: “Aprila pure, se vuoi .”
La ragazza non se lo fece ripetere e sollevò il coperchio.
Sul fondo vide tre simpaticissime vecchiette, Clanny, Harimel e lei che, ridendo a crepapelle per una sciocchezza qualunque, percorrevano un viale per essere seguite, un lontano giorno , da chi amavano e raggiungere coloro che amavano e che le avevano precedute .
Elisabetta pianse le sue ultime lacrime ed attraversò la porta senza esitare. La bellissima donna indecifrabile, dai riccioli incantevoli, dopo aver richiuso la porta, si voltò. Mentre tornava indietro qualcosa luccicò sulle sue guance vellutate.


   
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