July
Emerito
Italy
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Inserito - 31/07/2007 : 22:20:58
La grande giungla Era come un’enorme giungla desolata. Il giardino che attorniava la casa, la grande casa vuota dalle pareti fatiscenti in cui la bambina triste aveva albergato per anni ventisette anni le suggeriva una vocina risalita dritta dritta dal cuore priva della consapevolezza di chi fosse, ma piena della coscienza di quale fosse il suo ruolo là dentro era ora a lei accessibile. E si trattava di una giungla, una fitta giungla dalle liane invecchiate e le foglie e i tronchi resi coriacei dall’andar del tempo, dalle piogge e dalle ondate di caldo. A tratti le folte chiome fatte di fogliame appuntito non lasciavano neppure lo spazio perché filtrassero i raggi del sole, cosicché la pelle della bambina –divenuta ormai adolescente – ne fosse bagnata, e in un certo senso riscaldata. A tratti era così, a tratti era diverso. E in certi punti del terreno le radici prorompevano dal sottosuolo disegnando nell’aria sovrastante archi nodosi che odoravano di terra sporca e bagnata di pioggia; si levavano come ostacoli la cui presenza poteva persino passare inosservata e far ritrovare la ragazza all’improvviso per terra. In altri punti i fiotti dorati del sole si facevano strada in mezzo alle felci, o in mezzo ai cerchi tracciati dalle liane, e le donavano un ristoro temporaneo e finto. Perché non era quello il vero ristoro, ma un surrogato. Così come gli amori vissuti e consumati da Anna (*) sul palcoscenico altro non erano che un cattivo surrogato dell’amore vero, allo stesso modo la ragazza che non aveva un nome ma che aveva deciso di presentarsi al mondo col nome di Eva, che vuol dire Vita si rincuorava attraverso i raggi fasulli di un calore che non c’era. Era libera di camminare, di muoversi, di farsi male con i ramoscelli taglienti, di bruciarsi quando il sole era troppo forte e di avere freddo quando invece sole non ce n’era. Ma se si faceva male, era inutile urlare il proprio dolore e la propria rabbia perché non c’era nessuno ad ascoltarla. Era rimasta troppo tempo chiusa dentro la sua camera e prigioniera di un incantesimo che non le consentiva di vedere dentro il suo cuore. Adesso invece il cuore lo vedeva, e lo vedeva crescere ed espandersi come un cancro che diramava le proprie lunghe propaggini dappertutto, inviando rivoli fluttuanti di luce argentata. Rivoli brillanti che racchiudevano, intridendole di calore, tutte le emozioni inascoltate che Eva non poteva esprimere se non attraverso racconti. E mentre con la mente ella stendeva le sue storie di amore e di odio, di rabbia e senso di colpa, di vendetta e di lussuria, il cuore lentamente pulsava. Pulsava in silenzio, come un frammento di luce nel cuore della grande giungla, il cui respiro erano proprio quelle mute pulsazioni.
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