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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 ALICE E ANDREA
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Capinera
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Inserito - 12/01/2008 :  19:39:25  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Capinera Invia un Messaggio Privato a Capinera

Se ci soffermiamo a guardare l’orizzonte spesso ci accorgiamo che la mente è stuzzicata dai ricordi del passato. Se invece ci fermiamo ad osservare dei bambini intenti a sviluppare i loro giochi, i ricordi del passato si precipitano dentro di noi quasi aggressivi e altrettanto malinconici.
Quando li vidi per la prima volta provai una sensazione di tenero, dolcissimo amore. La poesia che riuscivano a trasmettere era musica, colore e profumo. L’armonia che stavano creando in me, mi faceva come riflettere e pensare se in qualche modo, non ci fossimo appartenuti. Era come se un filo invisibile ci unisse pur tenendoci a distanza. Un gioco parallelo e misterioso fatto di pensieri mistici e di segreti, di passione e metamorfosi, voglia di ridere e vivere la vita in un allegro segreto interiore che mi riportava indietro nel tempo, quando le raffiche di un vento sconosciuto mi toglievano l’abbronzatura dei sei-sette-otto anni, con la violenza di un crescere non desiderato così in fretta, perché era troppo bello correre a piedi nudi su quella spiaggia, era molto più bello crescere pian piano e non così quasi per forza e spesso, per farti solo male.
Alice e Andrea c’era scritto a caratteri cubitali sulla sabbia. Il sole emanava così tanto calore che gli adulti sembravano non sopportare. Non un alito di vento e, se si alzava lo scirocco, dopo era anche peggio. Ma per Alice e Andrea tutto sembrava abbastanza normale o perlomeno indifferente.
Osservando gli altri avevo il dubbio che non si accorgessero dei due bambini, ma forse anche loro come me erano pervasi da strani pensieri e di conseguenza fingevano una distratta indifferenza, mentre, per un riflesso quasi sconosciuto, si caricavano di energie.
Andrea era un bambino splendido, sul suo volto bellissimo risplendevano due grandi occhi scuri dallo sguardo intenso intelligente. Alice aveva un minuscolo volto delizioso dai lineamenti perfetti, due occhi furbissimi che brillavano sempre di una luce intensa come fossero due piccole stelle e lunghi capelli, castano dorato, pieni di riccioli. Lui aveva movimenti cauti, sembrava sempre riflettere prima di iniziare un nuovo gioco, era quello che si dice “un bambino tranquillo”. Lei invece era una continua esplosione di movimenti, spericolata ed esuberante lo seguiva e lo rincorreva senza tregua tanto che, sembrava tormentare persino la sua ombra. Ogni movimento di Andrea era da lei ripetuto in maniera perfetta ma più veloce, talvolta più armonica e bizzarra. Era sempre attaccata ai suoi fianchi, ed esplodeva all’improvviso in risate furibonde poi lo stuzzicava invitandolo a rincorrerla, ed allora se ne andava veloce verso il molo e voltandosi indietro lo provocava sfidandolo a gare improvvise come a voler temprare la sua forza o scoprire la sua debolezza, o più semplicemente Alice si divertiva con lui senza pensare a niente altro che un semplice gioco.
Anche noi se pur piccoli , neri e destinati in gran parte a crescite non eccessive, eravamo carini e graziosi .Anche noi se qualcuno avesse sentito il desiderio di osservarci avremmo provocato sensazioni e sentimenti. Anche per noi l’estate era una gioia senza limiti e mentre il sole ci abbronzava la pelle imparavamo giochi e all’insaputa di tutti, crescevamo di anni in una sola stagione.
Talvolta Andrea la convinceva a giocare con la sabbia, lui tenace e calmo tentava sempre costruzioni che salivano in alto e lei frenetica e dispettosa faceva sempre sì di far precipitare tutto.
Sulla spiaggia non c’era spazio, eravamo troppi e accatastati come la roba vecchia e mal disposta, ammucchiata senza cura e senza logica, nel vetusto ripostiglio. L’acqua era sin troppo calda, prendersi un bagno in quel mare di folla sconosciuta non dava sollievo e tantomeno rinfrescava. Ma loro due erano li tranquilli e sereni in mezzo a tutto ciò che a noi adulti appariva insopportabile.
Seduti sulla battigia si scambiavano sorrisi e sguardi quasi provocatori. Poi si alzavano tenendosi per mano e si tuffavano nell’acqua tiepida. Attraverso le luci riflesse e il plancton stavano inventando fantasie che nessun confine avrebbe fermato mai. Mentre per noi una boa colorata vicino all’altra, sembravano indicare l’ultimo nemico da schivare.
Alice e Andrea erano il bene e la felicità, la bellezza del loro fare ingenuo riusciva a provocare una certa invidia insolita. Piccoli in quel mondo di grandi sembravano i giganti di una società di nani.

La notte c’era stato un forte temporale e la mattina successiva la spiaggia era quasi deserta e la sabbia bagnata. L’aria, come spesso accade dopo i temporali di agosto, si era rinfrescata. Andrea stava giocando tutto solo vicino alla riva, sul suo costumino una lunga maglia rossa. Il suo sguardo era continuo tuffarsi nelle prossimità dell’ingresso ai bagni con la speranza di vederla arrivare.
Quando finalmente giunse in spiaggia i suoi occhi erano ancora gonfi di pianto e il visetto imbronciato, mentre i capelli che per la troppo fretta di correre da lui non si erano lasciati pettinare da nessuno, erano tutti scomposti e ancor più spettinati dalle raffiche di un vento che si era alzato impertinente.
Andrea cessò di colpo i suoi giochi, si guardarono un attimo in silenzio e poi lentamente si andarono incontro.
“Che bel vestito Alice. Come sei bella questa mattina!”
Lei scoppiò a piangere e istintivamente pose le sue piccole braccia su di lui. Solo allora Andrea si avvide dei genitori di Alice e solo allora capì che stavano ritirando dalla cabina tutti i loro oggetti.
“Perché?”
Domandò con la voce tremante.
“Papà ha detto che il tempo si sta facendo brutto e che è inutile restare. Papà ha detto che è meglio ritornare a Milano”
Piccoli e dolcissimi con un amore così grande da poter dare in trasfusione a chi non ne aveva avuto mai. Alice e Andrea sembravano la bilancia del giusto essere, sembravano il risultato più chiaro della ragione, erano il bene senza confini e provocavano il risveglio dell’amore. Erano la voce, il richiamo, il risultato di un bene grande che chiunque desidererebbe fosse il proprio. Ma erano troppo piccoli per capire che quel grande dolore non sarebbe stato l’unico. Loro che spesso dovevano fermarsi perché esausti e stanchi per il susseguirsi dei loro giochi. Loro, belli come il sogno più antico e dolce, si erano all’improvviso sentiti strappare via tutta l’allegria fino a quel momento posseduta.
Impacciati si guardavano senza poter capire. Osservando da lontano speravo che qualcuno spiegasse loro strane forze dell’universo, ma nessuno disse niente.
Andrea si voltò e prese a correre veloce. Lei gridò piangendo di aspettarla mentre i suoi genitori continuavano a chiamarla.
L’estate di Alice e Andrea era terminata all’improvviso.
“Milano, Milano….”
Continuava a ripetere Andrea quando dopo aver raggiunto il molo si era voltato verso Alice che piangendo continuava a gridare:
“Non te ne andare Andrea, non te ne andare….”
La mamma di Alice ben vestita e truccata era solo infastidita dalle raffiche del vento. Non si stava curando della bambina e del suo star male, pensò solo si trattasse di un semplice capriccio e la chiamò di nuovo sempre più impaziente.
“Aspettami Andrea, aspettami….”
Sua madre la chiamò di nuovo questa volta quasi gridando. Alice portò una manina sulla bocca e buttò un bacio verso Andrea. Mentre lui tutto rannicchiato nell’incavo di uno scoglio non avrebbe visto mai quello ultimo gesto affettuoso perché i suoi occhi pieni di pianto gli impedivano la visione chiara di ciò che stava accadendo. Vide solo la bimba che per mano alla mamma si stava allontanando e mentre singhiozzava la sua voce continuava a ripetere:
“A Milano, a Milano….”


Capinera

   
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