cuocoligure
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Inserito - 25/01/2008 : 00:34:05
”PANE”, “PANETTONE” E “ROSQUILLAS” DI SAN BIAGIO
Il 3 febbraio, come é noto nel mondo cattolico, si celebra la Festa di San Biagio, un Santo Vescovo armeno che visse intorno al III secolo. Nacque in Sebaste, studió medicina e si convertí al Cristianesmo, come avveniva in quell’epoca, per la sua bontá e rettitudine fu invocato vox populi quale Vescovo della comunitá. La storia narra del suo martirio per decapitazione, avvenuto sotto Agricola prefetto di Diocleziano in Armenia, dopo essere essere stato scorticato vivo con pettini di ferro (quelli per cardare la lana, per questo San Biagio é anche protettore dei cardatori di lana). Durante la sua tortura, il figlio di uno dei carnefice stava per soffocare a causa di una lisca di pesce conficcata nella gola, prontamente il Santo prese un pezzo di pane e, dopo averlo benedetto, lo fece ingoiare al bimbo che cosí che si salvó da morte sicura. La cosa suscitó molto clamore e tutti gridarono al miracolo, sia per la avvenuta salvezza del bimbo, sia per il carisma del Santo, che da questo episodio fu proclamato protettore di tutte le infermitá che riguardano la gola. La devozione indica il pane, benedetto in occasione della festa di San Biagio, quale panacea per il male di gola ( per i milanesi al posto del pane benedetto...c’é il panettone... ma si sa... Milan l’é ‘un gran Milan). . Non staró qui a suggerrire la ricetta del panettone milanese (cosa tra l’altro fatta egregiamente dalla amica concertista Elena Fiorentini, in questo stesso tema il 1 dicembre 2004 ed a cui rimando i lettori). Qua voglio solo a ricordare una tradizione che affonda le radici nella notte dei tempi e che é legata al rito del pane e , in alcuni casi, al rito del grano, come avviene nella Chiesa di San Biagio, nella frazione Vallecalda di Savignone (Genova), infatti, durante la festa del santo, ai fedeli viene benedetta la gola accostando ad essa due candele incrociate e viene distribuito il pane benedetto, con il pane benedetto ricevono anche del grano in sacchettini, che in parte verrá mescolato alle sementi, in parte dato agli animali e in parte mangiato dagli stessi fedeli. A Taranta Peligna (Chieti) San Biagio é il protettore del paese e qui si fanno le pannicelle che sono piccoli pani a forme di mano benedicente. La tradizione vuole che l‘impasto sia fatto dagli uomini e che siano le ragazze, in processione, a portare le pannicelle al forno per la loro cottura. Questa secolare tradizione si incontra in tutto il mondo cattolico, con poche varianti, ma sempre caratterizzata dal rito del pane, delle candele appoggiate alla gola e della benedizione mattutina. A Milano come si diceva, la tradizione anche laica, lega San Biagio al consumo del panettone che per l’occasione viene venduto a due per uno e non solo per.... esaurire le scorte, ma per effettiva tradizione, e che, come dicono popolarmente i milanesi, consumandolo a digiuno serve ”per benedire la gola”. La sacralitá del pane era, fino a qualche decennio fa - quando poi abbiamo scoperto le diete e compagnia parlando – viva anche nel quotidiano, guai per noi bambini sciupare il pane, in alcuni casi, come ad esempio, quando il pane cadeva avevamo l’obbligo di raccogliero e..... baciarlo! Ma si sa, erano altri tempi, tempi di meno opulenza, soprattutto in tavola. Ritorniamo al tema della festa di San Biagio, proseguendo il nostro viaggio nelle tradizioni: non possiamo dimenticare i famosi cuddureddi che si preparano cu a pasta lisa (con la pasta non lievitata) in Salemi e in molte localitá della Sicilia, sono chiamati anche cavadduzzi e non sono piú grandi di due o tre centimetri. Stessa ritualitá, con poche varianti la troviamo in Puglie, in Sardegna, in genere in quasi tutto il mondo cattolico che riconosce a San Biagio le particolari qualitá di Santo taumaturgo della gola. La ricetta di che vogliamo ricordare oggi, é quella delle rosquillas santas che, da molti secoli le monache di molti conventi spagnoli, preparano per l’occasione. Ingredienti: 750 gr, di farina 100 gr. di burro 100 gr, di olio di oliva 50 gr.di zucchero 6 uova (intere) 2 cucchiaio di liquore di anice per la glassa: 4 chiare d’uova 400 gr. di zucchero a velo un pó di liquore di anice preparazione: su un tavolo di marmo si forma un “monte” con la farina e nel centro si mettono le uova, precedentemente rotte in un piatto, il burro, lo zucchero, l’anice e si impasta il tutto con le mani unte di olio, aggiungendo di tanto in tanto altro olio, fino ad ottenere una massa compatta e morbida. Si lascia riposare per qualche ora e quindi si cominciano a formare le rosquillas (rosca=ciambella), prendendo un pó di pasta e la si stende arrotolandola in modo da formare un cilindretto sottile e lungo 8-10 centimetri, per poi piegarlo a forma di ciambellina, appunto. Si infornano a 160º per circa 20’ (fino a quando saranno dorate). Una volta raffreddate, si procede a glassarle. preparazione della glassa: sbattere le chiare d’uovo con un frullatore elettrico incorporando lo zucchero (qualche goccia di limone e qualche grano di sale grosso per facilitare l’operazione) fino ad ottenere una glassa spessa, con cui bagnare le rosquillas da un lato e lasciare asciugare. cuocoligure
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