Imbacuccato quasi alla fine di maggio come fosse il principio dell'inverno, l'ombrello inutile sotto le sferzate del temporale, rimuginavo sulla battuta del secolo pronunciata da Dave Letterman al Late Show della Cbs :"fa così freddo che Al Gore non risponde più al telefono". E solo la scorsa settimana la rivista Nature ha emesso la sentenza scientifica che sposta l'inizio del surriscaldamento del pianeta avanti di dieci anni, a causa delle correnti di El Niño, fino al 2018 stiamo freschi allora. Eppure gli esseri umani hanno la capacità di cogliere i raggi di sole in mezzo alle tempeste e io l'avevo in tasca il mio raggio personale e per questo sorridevo, al contrario della lunga fila di persone alla fermata del tram nel tardo pomeriggio di oggi. Le fermate del tram quando piove sono il terreno di caccia degli automobilisti che provengono a tutta velocità e annaffiano gli astanti con i laghetti d'acqua che si formano ai lati dei marciapiedi. Ero l'unico a non lamentarsi per i miei pantaloni fradici per merito del passaggio successivo di un'Audi, di una Bmw, di un camioncino di consegne al supermercato, di un furgone delle poste, "io sono stato inzuppato da una Ferrari ultimo modello", si vantava una delle persone in attesa del mezzo pubblico, "e io solo da una Fiat Punto di dieci anni fa", riferiva un altro con un tono sommesso che evidenziava un crollo di autostima. "E io mi mangio uno Snickers", esclamai io.
Mi ero svegliato prima dell'alba, alle sei ero già in stazione centrale per prendere il treno diretto verso una cittadina della Liguria, dovevo andare a trovare un cliente. Pensavo di sbrigare presto il lavoro così da poter passare un'oretta sul lungomare, prima di prendere il treno del ritorno. Le nubi nere attesero che uscissi dall'ufficio del mio cliente per scaraventare sulla via una specie di nubifragio, inzuppando il mio sogno di mettermi seduto sulla scogliera ad annusare il profumo del mare. Meno male che avevo un'aspirina in tasca che mi permise di evitare il raffreddore, altrimenti non avrei potuto annusare nulla per la settimana successiva.
Ma neppure il maltempo avrebbe potuto spegnere il sole che mi aspettava a casa, custodito gelosamente in un sacchetto sulla scrivania. Ne era rimasto solo uno, di Snickers, la barretta di cioccolata ripiena di caramello e di noccioline americane, una delizia con la quale solo il gusto dell'adorato Mars poteva competere e non sono molti i prodotti la cui esistenza dal vivo è più appetittosa della loro figura disegnata sull'involucro di carta protettiva.
Mi sedetti e accarezzai la barretta, un profumo inebriante invase i miei sensi, mi apprestai a scartarla quando squillò il telefono. E poi dicono che il momento meno opportuno di telefonarci sia quando siamo sotto la doccia, no, quando si sta per scartare uno Snickers è un momento ancora meno opportuno. Chi mi chiamava voleva affidarmi un incarico che non potevo rifiutare e così infilai il giaccone con il cappuccio per proteggermi dal freddo di fine maggio, ci infilai in tasca un inutile ombrello portatile e lo Snickers e scesi alla fermata del tram che ho descritto all’inizio.
In attesa del tram le persone hanno tanti comportamenti diversi, il ragazzo ascolta musica con gli auricolari, l’anziano signore borbotta ad alta voce che ai suoi tempi i tram arrivavano in orario anche con la pioggia, la signora con un ombrello aperto grande come un’antenna parabolica si gira in continuazione mancando per pochi centimetri gli occhi degli astanti, l’uomo d’affari in gessato grigio, incurante del maltempo, con la giacca aperta e la cravatta svolazzante grida a qualcuno dall’altro capo del cellulare, di modo da farsi ben sentire da tutti, istruzioni su vendite o acquisti in Borsa, una donna è concentrata a sfogliare le pagine di una rivista, un signore nervoso estrae da un pacchetto una sigaretta dopo l’altra per poi gettarne i mozziconi per terra come lanciando una biglia, senza mai minimamente considerare i tre cestini pubblici appesi ai vicini pali della luce e io sorrido beato tirando fuori dalla tasca la mia barretta, scartandola e mordendo infine lo Snickers, il mio animo all’improvviso si eleva al di sopra delle tensioni del mondo.
Sospirando soddisfatto, mi avvicino al cestino attaccato al palo e vi lascio cadere la carta che avvolgeva la barretta di cioccolata. Un soffio di vento improvviso ne devia la traiettoria e l’involucro si muove a zig zag attirato dalla forza di gravità verso il marciapiede dove si ripone come leggera foglia d’autunno. Alcuni sguardi degli astanti si levano perplessi, io stropiccio il naso in segno di sorpresa, mi chino a raccogliere la carta, un soffio di vento mi precede di un centesimo di secondo e la allontana, a toccare le rotaie del tram. Senza pensarci troppo la raggiungo e mi chino di nuovo ma un ulteriore colpo di vento è più veloce e la sposta in mezzo alla via ferrata, non posso pensare di abbandonare l’impresa, proprio io che faccio l’offeso quando i miei concittadini buttano per terra un qualsiasi rifiuto. Ma il dispetto del vento non si placa e la carta adesso mi osserva beffarda tra le due rotaie, mi guardo a destra e a sinistra per verificare che non ci siano tram in avvicinamento e la raggiungo, le scarpe affondano nella fanghiglia tra i binari resa viscida dalla pioggia, un altro colpo di vento e la carta svolazza oltre il binario del senso opposto, cala lentamente verso terra, come a sfidarmi. Il signore anziano mi grida con fare paterno di lasciar perdere, sta arrivando il tram, è pericoloso, mi assicura di aver visto che ho fatto assai più del necessario, torno indietro tra le altre persone. Ma non mi sento in pace con me stesso, mentre un nuovo colpo di vento porta il pezzo di carta verso la carreggiata stradale opposta mi lancio nuovamente all’inseguimento, la carta svolazza, la sfioro, mi sfugge dalle dita come se fosse guidata da una forza astuta, vola come farfalla da fiore in fiore fino a cadere in mezzo alla carreggiata, mi guardo indietro preoccupato, verso le luci di posizione del mezzo pubblico ormai a venti metri, il ragazzo con l’auricolare sghignazza, comprendo che sta dalla parte del vento dispettoso, ma non c’è più tempo per le sensazioni, devo riportarmi al sicuro, mi abbasso pochi istanti prima che la signora con l’ombrello a forma di antenna parabolica mi infili una delle asticine di metallo nelle pupille, con il fiatone seguo le altre persone e salgo sul tram, l’amaro in bocca per il fallimento dei miei sforzi sostituisce il dolce gusto della cioccolata, la sconfitta cancella l’euforia, allora è vero che ogni gioia ha un prezzo salato da pagare, mi sovviene di riflettere.
Dal finestrino osservo la carta volare spinta dalle auto, è una danza dei sette veli. Prima di finire sotto le ruote, si scosta, percorsa dalla vita propria che le infonde il soffio del vento di una primavera autunnale. I compagni di attesa alla fermata, seduti sulle panche in legno del mezzo pubblico, mi osservano con incredulità, l’uomo d’affari in gessato grigio tiene il cellulare a mezz’aria, sbigottito, la signora dell’ombrello riesce persino a dimenticarsi di tenerlo aperto sul tram, il ragazzo con gli auricolari è pallido, l’anziano signore si frega le mani al pensiero di che faccia faranno i suoi amici al circolo del bridge quando racconterà loro la vicenda, il fumatore aggrotta le ciglia chiedendosi se le sigarette contengono qualche strana nuova miscela che provoca visioni inverosimili e si domanda se non sia finalmente il caso di smettere il vizio, la donna con la rivista fa finta di niente, ma non si accorge di tenere le pagine alla rovescia e così mi sento in dovere di rassicurarli tutti :”vedrete che sarà il vento a provvedere a riporre la carta dello Snickers nel cestino”, affermo con convinzione.
E se davvero fu infine così, se fu il vento stesso dispettoso a rimediare, se quel pezzetto di carta colorata che conteneva una delle delizie dell’umanità sta riposando infine in un cestino anziché in mezzo ad una strada, significa che una nuova brezza va aggiunta alla rosa che soffia da tutti i punti cardinali : tra la tramontana e il libeccio, il vento di maestrale e lo scirocco, il grecale e il vento di levante, la meteorologia si arricchisce di una nuova definizione :”il vento di snickers”.
“Ieri tirava un vento di snickers”, diverrà locuzione diffusa nei gelidi giorni delle primavere insolitamente autunnali. La rivista Nature gli dedicherà la copertina, mandando in soffitta le responsabilità di El Niño e il nostro amico Dave Letterman esordirà al Late Show della Cbs :”tira un tale vento di snickers che Al Gore ha dovuto smettere di far finta di sudare dal caldo anche al polo nord”.
Roberto Mahlab