Renato Attolini
Senatore
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Inserito - 16/08/2008 : 21:58:42
L’afa era opprimente in quella serata estiva, sudavano anche i muri della metropoli newyorkese e l’aria nelle strade era irrespirabile. Jack Crown camminava tergendosi la fronte col fazzoletto, cercando contemporaneamente di staccare la camicia bianca incollatasi al corpo per il troppo calore e di scacciare i nugoli di zanzare che gli ronzavano intorno. Pensò che avrebbe avuto bisogno di tre mani almeno per fare tutte queste cose insieme, ma le sue riflessioni furono interrotte da un dolore improvviso che lo colpì in basso alla schiena, acuto e sottile come quello dell’ago acuminato di una siringa. “Maledetta zanzara” disse fra sé imprecando e si portò istintivamente la mano nel punto in cui aveva avvertito il male. La ritrasse e si sorprese vedendola inondata del suo sangue. Aveva sempre avuto un certo senso dell’umorismo e anche in quell’occasione non gli venne meno. “Ma che diavolo di pungiglione aveva quella disgraziata?” esclamò dopodiché le gambe gli si piegarono e la vista cominciò ad annebbiarsi. Fece appena in tempo ad intravedere un uomo che fuggiva brandendo ancora un coltello dalla lama insanguinata prima di cadere in uno stato di semi incoscienza. Si dice che quando si sta per morire si rivive in pochi attimi tutto il film della propria vita, ma a Jack si presentarono visivamente solo le immagini dell’ultimo anno vissuto, quando era cominciata quella storia, quella dannata vicenda che l’aveva portato fino a quel punto, a ritrovarsi riverso ed agonizzante su un marciapiede in una torrida notte d’estate. Jack Crown era un brillante consulente finanziario di una banca statunitense leader nel settore investimenti alla clientela cosiddetta “private”, coloro cioè che possedevano una disponibilità economica di un certo livello. A dirla proprio tutta, il termine “brillante” non era tanto riferito ai risultati conseguiti sul lavoro, alle analisi sui titoli azionari e all’interpretazione dei grafici, con i quali aveva poca dimestichezza quanto ai rapporti che riusciva ad instaurare con i clienti, specialmente quelli di sesso femminile. Non più tanto giovane ma sicuramente piacente, single dichiarato e convinto, sportivo quanto basta, esercitava un certo fascino sulle signore che affollavano il suo ufficio, suscitando la non sempre benevola invidia dei colleghi che spesso gli chiedevano, usando espressioni degne di Oxford, il conto “delle pollastre fiocinate”. Lui abbozzava un sorriso e si limitava ad una strizzatina d’occhi. Non gli piaceva vantarsi, soprattutto in quel campo, lo riteneva una cafonaggine. La sua vera vita comunque cominciava alle cinque della sera, quando abbandonate giacca e cravatta s’infilava una tuta e si cimentava nella sua passione, il tennis oppure facendo jogging. Alla sera spesso cenava in casa quasi mai da solo, facendo gustare alla vittima di turno i manicaretti che preparava con discreta abilità. Non trascurava neanche il lato culturale e non disdegnava una buona lettura o un buon film e adorava la musica, specialmente quella jazz. Appuntamento fisso era ogni lunedì sera ad ascoltare Woody Allen che si esibiva suonando il clarinetto in due spettacoli al Michael' s Pub di Manhattan sulla 55 Strada. Per stessa ammissione dell’artista le sue performance non erano poi così eccezionali, ma a Jack poco importava: il poter ascoltare la musica che preferiva e vedere uno dei suoi registi preferiti era un connubio irresistibile. Le sue uniche preoccupazioni riguardavano la scelta dei luoghi per le vacanze e gli abiti da indossare. Non era proprio come il protagonista del film “The family man” che guarda caso si chiamava Jack come lui, ma aveva certamente molti punti in comune. Tutto gli filava per il verso giusto e poteva davvero ritenersi soddisfatto. Almeno fino a quella stramaledetta mattina, quella che avrebbe cambiato per sempre il corso della sua vita. Si trovava all’interno del suo ufficio, guardando distrattamente il monitor che riportava le quotazioni dei titoli e l’andamento di Wall Street quando sentì bussare alla porta. Al suo invito ad entrare fece la sua comparsa un’avvenente figura femminile, non tanto alta ma assai formosa, capelli lunghi neri, occhi grandi dello stesso colore. Jack la squadrò attentamente dall’alto in basso: non era certo il tipo di cliente col quale aveva normalmente a che fare. L’aveva capito da due cose: l’abito che fasciava il suo corpo sinuoso seppure dignitoso era di basso costo, comprato chissà in quale supermercato e lo sguardo, beh non era di quelli cui era abituato. Generalmente le signore, quelle almeno giovani o abbastanza tali, che lo venivano a trovare lo stuzzicavano con gli occhi come una piccola sfida pronte ad iniziare un gioco intrigante che al di là del modo in cui poteva concludersi era comunque divertente per lui e per loro. Questa invece aveva uno sguardo dolce, quasi supplichevole come se volesse scusarsi dell’intrusione o addirittura del fatto di esistere. Non era americana di sicuro, lo si intuiva dalla carnagione scura, mulatta e dalle fattezze del viso. “Si accomodi prego, signora” la invitò cortesemente Jack, non senza averla spogliata con gli occhi “Cosa posso fare per lei?” “Mi han detto di rivolgermi a lei perché sarei interessata ad investire una parte dei miei risparmi in qualcosa che possa rendermi bene…..”disse la donna “E a quanto ammonterebbero i suoi risparmi?” indagò Jack senza smettere di toglierle gli occhi di dosso. “Beh….” La voce di lei era piuttosto incerta “diciamo a quasi quattromila dollari” Jack rimase un po’ perplesso, il suo lato professionale in quel momento ebbe il sopravvento per cui replicò immediatamente. “Temo che abbiano sbagliato ad indirizzarla a me. Vede signora normalmente io accetto incarichi dai 50.000 dollari in su per cui non so…” “Oh, mi scusi tanto, come non detto!” la donna si alzò di scatto visibilmente imbarazzata “Mi scusi ancora per il disturbo…”e fece l’atto di andarsene “No aspetti, non abbia così fretta!” Jack si alzò pure lui, bloccandola “Ho detto normalmente, ma non sta scritto da nessuna parte che non possa fare un’eccezione per lei….una gradita eccezione.” e vedendola indecisa, sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e con voce suadente le disse: “La prego, torni a sedersi”. La donna, ancora un po’ intimorita, tornò ad occupare la sedia, non senza aver guardato Jack di sottecchi. “Allora, mi dica, signora, aveva già qualche idea al riguardo. Innanzitutto mi permetta di presentarmi, visto che non l’ho ancora fatto. Mi chiamo Jack Crown” le disse tendendole la mano. “Natalia Sanchez, piacere” ricambiò la stretta di Jack che l’accentuò per qualche attimo in più fissandola diritto negli occhi e costringendo la donna a ritrarsi imbarazzata. “Sbaglio o lei non è americana, vero?” cercò prontamente di metterla a suo agio. “No, non sbaglia, sono di Portorico” “Ah, la terra di Richy Martin, di Jennifer Lopez, scommetto che le piace ballare la musica latinoamericana, no?” “Oh, sì l’adoro” rispose Natalia d’impulso “Specialmente la salsa portoricana, vede…”s’interruppe di colpo “Mi scusi non vorrei annoiarla” “Al contrario, anzi, me ne parli che m’interessa!” Intanto che si contorceva per il dolore, Jack rivisse tutto quel che successe quel mattino come se fosse accaduto un istante prima, ma non solo. Rivide poi il seguito. In quel momento, nel mentre aveva cominciato la sua opera di seduzione nei confronti della donna, Jack si stava scavando con le mani la fossa nella quale volontariamente si sarebbe gettato da lì a non molto. Gli ci vollero pochi minuti per illustrare a Natalia un piccolo piano d’investimenti col quale voleva salvaguardare più che altro un capitale da mettere a disposizione un domani di sua figlia ancora piccola. Jack appurò che la donna era separata da suo marito il quale abitava lontano e ogni tanto veniva a trovare la bambina, ma tutto questo non gli interessava minimamente….non gli era d’intralcio. Approfittando della scarsa per non dire nulla esperienza in materia finanziaria, Jack le fece credere che fosse indispensabile venire a verificare l’andamento dell’investimento almeno un paio di volte al mese se non più (quando invece sarebbero bastate due volte l’anno, visto il bassissimo profilo di rischio). Le visite di Natalia, si fecero così più assidue. Fu una cosa abbastanza normale che dopo un po’ uscissero a bere un caffè insieme. Jack operava con calma non voleva rovinare tutto con la fretta e d’altronde non era l’unica donna che frequentava in quel periodo. Dopo un po’ le propose di fare insieme la pausa pranzo e quando, passato qualche mese, ritenne di dover schiacciare l’acceleratore, la invitò a cena. Natalia rimase un po’ scioccata, fu molto titubante, accampò la scusa di non sapere a chi lasciare la bambina e Jack, con maestria, si mostrò comprensivo, così comprensivo che mentre stava ritirando la proposta, Natalia con slancio fece immediatamente retromarcia e si “ricordò” che poteva contare sull’aiuto di una vicina. Si recarono in un ristorantino cinese dove Jack la fece divertire insegnandole a mangiare con le bacchette. Passarono una serata bellissima ed al momento del commiato si salutarono sfiorandosi le guance con un bacio lievissimo. L’operazione “Portorico” come l’aveva soprannominata lui, procedeva bene, secondo i piani. Uscirono ancora un paio di volte fuori, prima che Jack sferrasse l’attacco decisivo. Le aveva parlato delle sue discrete doti culinarie e le chiese se si sentiva di mettere alla prova la sua abilità. Natalia quella volta abbassò il capo senza dire nulla e Jack temette di aver affrettato troppo i tempi, ma si ricredette, quando un attimo dopo la donna acconsentì. La sera stabilita preparò delle tartine al salmone, e confidando nel potere afrodisiaco dei crostacei si sbizzarrì con i gamberi, in salsa cocktail, insieme a delle fettuccine e capesante e “all’orientale” e per finire un dolce al cucchiaio, alla crema pasticciera. Per quanto ovvio, nel secchiello faceva bella mostra di sé una bottiglia di champagne ghiacciato. Per creare l’atmosfera musiche di Sade e Louis Amstrong in sottofondo. Natalia si presentò un po’ in ritardo, ma bellissima e sfolgorante. Jack quella volta non fece caso alla fattura del suo abito tanto fu preso dal suo aspetto. La serata cominciò in sordina e Natalia sembrava non essere molto a suo agio. Jack pensò fosse timidezza o imbarazzo o tutte e due le cose insieme ma poi ebbe la folgorazione. “Ti piace questa musica?” le chiese con fare apparentemente indifferente. “Si, si certamente….”ma chiunque avrebbe capito che era una risposta di cortesia. Non avendo lasciato nulla al caso, Jack si era procurato dei CD di musica latino americana e quando ne mise uno nello stereo l’espressione di Natalia cambiò radicalmente. “Oh, questa però mi piace molto di più” esclamò felice. L’atmosfera mutò decisamente e complice lo champagne l’allegria la fece da padrona. Intanto che salsa e meregue impazzavano Natalia s’alzò, si tolse le scarpe e prendendo Jack per una mano gli disse. “Vieni, balliamo”. “Ma veramente..non sono capace” stavolta era lui ad essere imbarazzato. “Non essere sciocco, tu seguimi e basta” gli sussurrò all’orecchio. Da essere avvinghiati in un ballo frenetico a cadere per terra abbracciati fu questione di pochissimo tempo. Si amarono alla follia per tutta la notte e Jack si presentò in ufficio il giorno dopo con due borse sotto gli occhi che sembravano dei trolley, suscitando ancora una volta le invidie e i commenti dei colleghi. “Ce l’ho fatta!” si congratulò con se stesso “Missione compiuta!”. Non immaginava che da quel preciso momento le cose avrebbero preso una piega diversa da quello che s’aspettava. Gli incontri con Natalia s’intensificarono e Jack cominciò a rendersi conto pian piano di non poter più fare a meno di lei. La sua vista stava lentamente ma inesorabilmente cambiando. Ogni cosa non aveva più lo stesso sapore se non c’era lei al suo fianco e sebbene frequentasse altre donne era sempre la sua immagine che si sostituiva all’altra. Lei quando non lo andava a trovare, gli telefonava spessissimo ed era arrivato al punto di piantare in asso dei clienti per mettersi a parlare con lei o addirittura di uscire d’improvviso per vederla. Il rendimento sul lavoro cominciò a risentirne sensibilmente, ma non se ne preoccupò più di tanto. Un sera che erano abbracciati sul divano di casa sua, Jack le disse: “Natalia, devo dirti una cosa importante: credo di essermi perdutamente innamorato di te!” “Oh tesoro!” gli rispose lei stringendosi ancora di più “Anch’io ti amo terribilmente!” “Natalia, voglio vivere con te. Non mi basta più averti ogni tanto” fece lui. A quel punto la donna si sciolse dall’abbraccio, si alzò e s’avvicinò alla finestra e senza guardarlo gli rispose. “Questo non è possibile, ho una figlia.” “Beh, presentamela. Se ti assomiglia almeno un pochino non mi sarà difficile volerle bene.” “E suo padre? Dove lo metti?” lo apostrofò. “Scusa, non mi hai detto che siete separati? Che problema c’è?” Aspettò qualche secondo prima di replicare. “Ti ho mentito o almeno in parte, Siamo separati, ma nel senso che lui vive lontano ma in realtà è sempre mio marito, anche se ormai fra noi non c’è più niente.” Avrebbe voluto gridarle che era una bugiarda, che doveva dirglielo prima ma poi si rese conto che anche lui all’inizio non aveva giocato pulito. La sua intenzione era quella di avere un’avventura, nulla di più, solo che scherzando col fuoco si era ustionato. “Tutto ciò può essere un problema, ma se tu mi ami come ti amo io, possiamo superarlo. Se dici che fra di voi non c’è più nulla non sarà difficile separarti.” “Questo lo credi tu. Non conosci gli uomini del mio paese, non sono come voi. Sono <macistes> maschilisti m’intendi? Per loro una donna è proprietà privata, anche se si separano. E’ loro per sempre, non la lasceranno mai andare con un altro uomo, tanto meno se c’è di mezzo una figlia.” “Va bene, ci parlerò io allora…” disse lui in tono conciliante. “No tu non capisci proprio!” gridò “E un animale, sempre ubriaco, violento, non hai idea di quante volte mi ha picc…” non fece in tempo a finire la frase che proruppe in singhiozzi. “Su su non fare così. A tutto si trova una soluzione.” La prese fra le sue braccia accarezzandola mentre un’ira sorda gli stava montando dentro, contro quella bestia di uomo che purtroppo però era suo marito. “Grazie al mio lavoro ho dei buoni rapporti con qualche avvocato. Vedrai che ce la faremo.” Lei non disse nulla, limitandosi a scuotere la testa. Passò qualche giorno senza che si vedessero. Nel frattempo Jack aveva già stabilito dei contatti con un avvocato suo cliente. Una sera stava rientrando a casa quando vide davanti al portone tre uomini che sembravano in attesa di qualcuno. Si avvicinò e vide che erano stranieri, centro o sudamericani si sarebbe detto. Uno di loro lo affrontò e gli chiese: “El señor Crown?” “Si, sono io” rispose lui un po’ perplesso “Che cosa desid….” Non fece in tempo a finire la frase che gli altri due lo immobilizzarono mentre quello che gli aveva parlato gli sferrò un violentissimo pugno nello stomaco. Jack barcollò e si piegò in avanti e fu raggiunto da due altri pugni in faccia altrettanto forti che lo fecero crollare per terra. A quel punto, non contento di quello che aveva fatto, l’altro gli piazzò dei calci nel costato. Intanto che stava sputando sangue udì una frase: “Deja en paz la mujer de los demas, hijo de puta!” Non aveva bisogno di un traduttore simultaneo per capire quello che gli aveva detto, né di una sfera di cristallo per sapere chi era quello che l’aveva picchiato. Raggiunse con molta fatica il suo appartamento, cercò di medicarsi alla meglio e poi si buttò sul letto. Il giorno dopo telefonò in ufficio, avvisando che sarebbe stato assente per un periodo di malattia. Non uscì di casa né rispose al telefono per qualche giorno. Una mattina sentì bussare insistentemente alla porta. Si alzò e dallo spioncino vide Natalia. Quando aprì lei gettò un grido vedendo ancora i lividi e le ecchimosi sul suo volto. “Oh tesoro, è tutta colpa mia” lo abbracciò piangendo. Lui non rispose, ricambiando, però l’abbraccio che gli procurò delle fitte di dolore. “Ma adesso basta! Non ne posso più! Ho deciso: lo lascio per sempre e vengo a vivere con te insieme a mia figlia.” Abbozzò un sorriso e riuscì a borbottare: “D’accordo amore mio…lasciami rimettere in sesto che poi sistemiamo tutto.” Si rimise completamente dopo circa una settimana. Nel frattempo Natalia doveva essersi mossa, anche se non aveva avuto più sue notizie. Una sera decise di uscire per andare a fare un po’ di provviste. Era una serata molto calda e le zanzare imperversavano…… Il film dei ricordi s’interruppe. Jack ormai vedeva solo ombre e sentiva a malapena ciò che si diceva intorno a lui. Udì il suono di un’ambulanza che si avvicinava sempre di più e poi una voce che gli diceva: “Signore, signore, mi sente….” Era una serata particolarmente calda, ma Jack riuscì solo a dire: “Sento freddo….molto freddo…”
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