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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 La singolare vicenda del piccolo Sigfrido
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Renato Attolini
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Inserito - 16/03/2010 :  11:15:35  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
Il racconto.Primavera 1945. L’antefatto.
Il tenente Sigfried Mueller della Wehrmacht accarezzò il pancione della sua compagna Clara e con un gesto affettuoso vi pose il suo orecchio cercando di carpire qualche movimento della creatura che da lì a qualche mese avrebbe visto la luce.
“Senti come si muove!” sorrise.
La donna osservò la commovente scena e sospirò:
“Che ne sarà di tutti noi?” e intanto qualche lacrima cominciò a sgorgarle sulle guance.
“Ne abbiamo già parlato, tesoro. Per noi tedeschi si sta mettendo veramente molto male. Tu partirai immediatamente per la Germania e ti metterai al sicuro. Andrai a casa dei miei e là farai nascere nostro figlio.”.
“E se invece fosse nostra figlia?” Clara cercò di allentare il groppo che aveva in gola e prima che il suo uomo potesse risponderle lo abbracciò teneramente e gli disse:
“E di te cosa ne sarà? Cosa farai?”
“Ti raggiungerò appena possibile, stiamo già organizzando la ritirata. Vedrai che non passerà molto tempo prima di ritrovarci ancora insieme.”.
Clara non replicò. Appoggiò la testa sul suo petto e la sua mente andò a quegli anni addietro, quando conobbe Sigfried, ufficiale delle truppe di occupazione di stanza in Brianza e se ne innamorò perdutamente, totalmente ricambiata. L’amore fra i due giovani fu osteggiato da tutti ma loro, con l’incoscienza tipica dell’età e forti del sentimento che li univa, andarono avanti, almeno fino a quel momento. Adesso era il tempo di riflettere e di agire in fretta.
Qualche giorno dopo una colonna di mezzi militari tedeschi marciava spedita sulla Strada “Gardesana” diretta verso la Germania. La ritirata aveva avuto inizio e Siegfried seduto sul sedile posteriore di una camionetta era taciturno e assorto nei suoi pensieri.
Il suo amico Herbert accanto al lui tentò di rincuorarlo:
“Stai tranquillo amico, lei è già al riparo a casa dei tuoi. Non ti crucciare.”
“Lo so, lo so, però non posso fare a meno di preoccuparmi.”. Rispose scuotendo la testa. “Qui le cose stanno precipitando. Chissà forse stiamo pagando tutte le efferatezze che abbiamo commesso.”.
Il suo amico lo fulminò con lo sguardo. Era d’accordo con lui, ma quelle parole, se udite, potevano essere molto pericolose.
La loro conversazione fu interrotta da qualcosa d’insolito: la colonna aveva rallentato l’andatura e alcuni soldati stavano puntando il fucile contro degli alberi che fiancheggiavano la strada.
All’improvviso lanciarono un grido:
“ACHTUNG PARTISANEN!”.
Dopodiché si scatenò l’inferno: una grandinata di proiettili investì i militari i quali tentarono invano una disperata reazione. Per i partigiani ben mimetizzati i loro avversari erano un bersaglio fin troppo facile.
Siegfried avvertì un dolore lancinante al petto e si accasciò sul sedile. Guardò il suo amico Herbert che da un lato cercava di ripararsi e dall’altro tentava di rianimarlo. La vista gli si stava annebbiando e riuscì solo a balbettare le sue ultime parole:
“Va’ da lei…abbine cura.”
Passò un po’ di tempo e a guerra finita, Herbert fece ritorno a casa. Era riuscito a sopravvivere a quel agguato nel quale aveva perso la vita Siegfried, era stato rinchiuso in un campo di prigionia e adesso andava a mantenere la promessa fatta al suo amico in punto di morte.
Clara quando lo vide lo abbracciò singhiozzando. Non c’era stato bisogno di dire nulla, aveva già capito. Poi andò verso una culla dove un frugolino di qualche mese piangeva disperatamente. Con infinito amore lo prese in braccio, lo avvicinò al suo seno e il piccolo si acquietò succhiando avidamente i capezzoli della donna.
“Appena posso me ne ritorno in Italia” disse asciugandosi gli occhi.
“Potrebbe essere una cattiva idea, Clara. Ricordati che eri già stata marchiata come una collaborazionista”
“Ne sono consapevole, però il mio posto non è qui. Ce la farò, anzi…”proseguì guardando con dolcezza suo figlio “ce la faremo”
“Io vi aiuterò, però per intanto resta qui ancora un po’” disse Herbert e poi accennando con un sorriso al piccolo le chiese:
“Come lo hai chiamato?”
“Sigfrido, come suo padre. Lui ne sarebbe rimasto entusiasta”.

La cronaca. Maggio 1952.
Erano passati poco più di due mesi da quando Clara aveva fatto ritorno nel piccolo paese della Brianza dove aveva sempre vissuto fino a quando aveva dovuto trovare rifugio in Germania. Non era stato esattamente un periodo molto felice. La stragrande maggioranza della gente non aveva dimenticato la sua relazione con l’ufficiale tedesco e l’aveva bollata come una traditrice o una “collaborazionista” e se c’era chi glielo rinfacciava apertamente anche con insulti quando l’incontrava per strada c’era anche chi la evitava come un’appestata. L’approvvigionamento dei mezzi di sussistenza, già difficile per tutti per lei lo era ancora di più. Decise di trasferirsi in un altro luogo dove nessuno la conoscesse e partì quindi col piccolo Sigfrido per un paesino del varesotto.
Qui iniziò una nuova vita, più serena, incontrò un uomo col quale si sposò e che diede il proprio cognome a suo figlio.

Primavera 2009. L’epilogo.
Clara non nascose mai la verità a suo figlio il quale per tutti questi anni non smise mai di rintracciare i parenti di suo padre né di scoprire dove egli fosse sepolto, alla continua ricerca delle sue origini. Nel frattempo anche in Germania c’era chi si adoperava incessantemente per avere sue notizie, ma le ricerche erano senza successo da una parte e dell’altra. Un giorno però della primavera del 2009 una sorella di suo padre conobbe una signora di Cagliari alla quale raccontò tutta la storia. Costei tornata in Italia scrisse una lettera al parroco del paese natio di Clara che però pensò bene di non aprirla e di custodirla nel cassetto della sua scrivania. Così non fece il suo successore che otto mesi dopo la ritrovò, la lesse e si diede da fare immediatamente per trovare la sorella di Clara rimasta da quelle parti. Rintracciatala fu poi abbastanza facile stabilire i contatti con la signora di Cagliari.
All’inizio del 2010 Sigfrido si è recato in Germania dove ha trovato quasi venti persone che lo aspettavano per conoscerlo e abbracciarlo dopo più di sessant’anni.

Note dell’autore.
Questa vicenda mi è stata raccontata in prima persona dal protagonista in una delle tante conversazioni che ho il piacere d’intrattenere con lui. La parte iniziale riguardante il racconto è stata da me liberamente ispirata alla storia, come pure i nomi sono di fantasia. Di certo il padre di Sigfrido trovò la morte sulla Strada Gardesana, mentre ripiegava verso la Germania e non si sa, ma facilmente si presume, che fu durante un conflitto a fuoco. Non è dato di sapere, ma mi piace pensare che si dissociasse almeno moralmente dall’orrore di quei tempi.
Il resto è tutto vero ed è stato riportato in un lungo articolo su un giornale locale della Brianza.
Grazie all’interessamento del consolato di Germania, Sigfrido ha saputo che suo padre riposa nel cimitero di guerra tedesco di Costermano in provincia di Verona, non molto distante dal luogo dove trovò la morte in quel lontano giorno della primavera 1945.

   
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