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 Venuta da lontano
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luisa camponesco
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Inserito - 28/09/2010 :  16:59:44  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Venuta da lontano

Come un seme portato dal vento

Mi chiamo Coline Mercier abito a Digne Les Bains una ridente cittadina nel sud della Francia. Ho una vita tranquilla, un uomo che mi ama anche se non vive con me, un negozio di abbigliamento che è la realizzazione di un sogno. Infatti, fin da bambina, pensavo ad un luogo dove ogni donna potesse entrare e poi uscirne completamente trasformata.
Quella mattina, mentre allestivo la vetrina per il cambio di stagione, la vidi, incollata al vetro, due occhi nerissimi, portava il tipico abito del suo paese, il velo sul capo lasciava intravedere una massa di capelli raccolti in traccia. I nostri sguardi si incontrarono, io le sorrisi. Lei si ritrasse portando istintivamente il velo sulla bocca e dopo essersi guardata attorno ricambiò il sorriso.
Sul marciapiede un gruppetto di uomini dai tratti asiatici discutevano ad alta voce, poi ad un cenno di uno di loro lei li seguì.
La giornata era appena iniziata e io mi dedicai al lavoro, ho una clientela esigente ed accontentarla mi gratifica moltissimo.
Stavo rientrando nel mio appartamento quando la vicina mi chiamò.
- Sa la novità! Sono arrivati nuovi inquilini ma sono stranieri, speriamo bene.
Certo, l’arrivo di nuove inquilini porta sempre un po’ di preoccupazione. Faranno rumore? È gente tranquilla? Si adegueranno? Come in tutte le cose ci vuole tempo e pazienza.
Alcune sere dopo mentre preparavo la cena, il campanello suonò ripetutamente. Strano, non aspettavo visite. Guardando dallo spioncino vidi il volto scuro di un uomo.
- Scusi signora cerco informazioni.
Non risposi e rimasi in attesa.
- Io appena venuto non conosco città.
Il suo francese era stentato ma comprensibile, poi visto che non rispondevo chiamò qualcuno, vidi apparire una donna e ricordai di averla già vista. Rassicurata aprii la porta.
L’uomo aveva fra le mani alcune chiavi.
- Siete voi i nuovi inquilini?
- Si, noi nuovi, ma quale chiave cantina?
- Seguitemi” – scesi con loro nello scantinato.
- Io sono Amed e lei mia moglie Adila veniamo da Pakistan, io lavoro fabbrica.
Spiegai ad Amed che ogni cantina era numerata e le chiavi corrispondevano al numero. L’uomo ringraziò con entusiasmo, Adila congiunse le mani e chinò leggermente il capo.
La cena era ormai fredda e mi accorsi di non avere più fame, poco male, una tisana calda e poi a letto.
Nei giorni seguenti non pensai più alla coppia di pakistani e mi dedicai alla collezione autunnale.

Solitamente dedico la domenica ai lavori domestici e a tutte quelle faccende impossibili a farsi durante la settimana.. Per puro caso udii il leggero bussare alla porta. Dallo spioncino vidi il volto di Adila fra le mani teneva un quaderno. Incuriosita la feci entrare.
Non parlava francese, nemmeno una parola, ma la sua conoscenza dell’inglese superava di gran lunga la mia.
Fece scivolare il velo sulle spalle e nei suoi grandi occhi neri intravidi curiosità ed intelligenza. Iniziammo a dialogare.
All’inizio fu quasi per gioco, le insegnai le prime parole francesi, Adila le scriveva sul suo quaderno poi le ripeteva fino a quando non le pronunciava bene.
Divennero una piacevole abitudine quei pomeriggi domenicali, Adila mostrava impegno e voglia di imparare e il suo francese migliorò a vista d’occhio.
Un giorno le chiesi cosa pensasse suo marito del fatto che frequentasse casa mia.
- Lui permette, ma solo con te. – rispose. – Dice che tu brava .
Ne ebbi conferma poco tempo dopo quando Amed entrò in negozio per portarmi un braccialetto artigianale proveniente dal suo paese. Un gesto che mi colpì e mi fece capire che doveva voler bene alla moglie.
Col passare dei mesi Adila si mostrò sempre più padrona della lingua e le nostre conversazioni si fecero più interessanti, scoprivo un mondo diverso, usi e consuetudini che cercavo di capire.
Con movenze aggraziate e munita di due bastoncini mi mostrò la stick dance e sulle dolci note di una musica orientale immaginai le feste nuziali del suo paese.

Un giorno Adila venne da me tutta agitata.
- Che succede?- chiesi.
- Sono arrivati i cognati, fratelli di mio marito. – lo disse torcendosi le mani.
- Staranno da voi e per quanto tempo?
- Tanto tempo!
Dall’espressione del suo volto traspariva preoccupazione. Non la vidi per una settimana così immaginai fosse impegnata in casa.
Quando tornò era ancora più agitata ed aveva gli occhi arrossati. La feci sedere e la costrinsi a parlare. Così mi disse del progetto del marito di acquistare una casetta da ristrutturare con un po’ di giardino, ma la proprietà sarebbe stata solo del marito e dei suoi fratelli, i cognati insistevano che così doveva esser, lei non era stata interpellata, in pratica la sua opinione non contava.
- Fammi capire, tuo marito acquista una casa e tu non appari come cointestataria?
Compresi i suoi timori.
- Qui siamo in Europa. - risposi - Le donne hanno gli stessi diritti degli uomini, soprattutto le mogli.
Lei mi guardò, strinse i pugni, drizzò le spalle
- Adesso vado a battagliare. – la vidi andarsene con fare sicuro e mi parve di vedere l’eroina di uno dei miei romanzi.
Non disse mai come andò veramente, ma dagli sguardi torvi che mi mandavano i cognati qualcosa doveva essere successo.

Quel venerdì di fine mese ero disperata, la mia sarta si era trasferita in un’altra città e io mi trovavo con diversi abiti da accorciare per il giorno successivo.
- Dai a me – disse Adila prendendo uno degli abiti. Rimasi stupita nel vedere la sua dimestichezza con ago e filo.
Ebbe inizio una felice collaborazione, ma rifiutò sempre un qualsiasi compenso in denaro. Lasciava la macchina da cucire solo per le preghiere quotidiane ed io per questo l’ammiravo, la sua fede fu per me motivo di riflessione, così tornai a frequentare la chiesa parrocchiale e ad assistere alla messa domenicale.

I cognati avevano lasciato il suo appartamento ma all’orizzonte si prospettava un problema molto più grosso. Esitava a parlarmene, ma si sa tra donne ci si capisce.
- Non arriva bambino, cosa fare?
- Ti accompagno da un medico, non preoccuparti. - risposi
- Ma deve essere dottore donna. – replicò Adila
Il desiderio d’essere madre è insito in ogni donna, ma per Adila era ancora più importante. I figli rafforzano la coesione familiare e la stabilità di un matrimonio. Percepii in quel momento tutta la sua sofferenza.

La dottoressa chiese subito se capisse il francese e, a parte alcuni termini scientifici, la situazione poteva essere risolta solo con un intervento chirurgico.
Quella sera dopo aver preparato la cena al marito con una scusa venne da me.
- Possiamo sempre chiedere il parere ad una altro medico.
- No, no. – scuoteva la testa – facciamo intervento, facciamo intervento.
Adila era inconsolabile
- Lo dirai a tuo marito?
- Si, lui deve sapere.

Quella notte tardai a prendere sonno come se i problemi di Adila fossero anche i miei, ma Adila era una donna forte e risoluta lo aveva dimostrato in più occasioni.

Il Natale si avvicinava, il negozio era in piena attività e il mio appartamento pareva una vera sartoria. Adila non si staccava dalla macchina da cucire nemmeno per la pausa pranzo.
- Cosa dirà tuo marito?
Adila mi fece segno di aspettare e di li a poco si presentò Amed con un vassoio colmo di cibo.
- Cucina pakistana e turca. – disse posandolo sul tavolo. – Se ti piace te ne porto ancora.
Adila sorrise coprendosi la bocca con la mano.
- C’è qualcosa che devo sapere? – chiesi incuriosita .
- Presto, presto saprai – rispose.
Fra marito e moglie c’era serenità, i cognati venivano in continuazione ma non si fermavano per molto, anzi quanto mi incontravano mi salutavano calorosamente e la cosa mi stupiva, forse avevano accettato la situazione e pertanto si erano adeguati..

La vigilia di Natale, Adila e Amed si presentarono alla mia porta con un pacco ben confezionato.
- Auguri di buon Natale – disse Amed, rimasi piacevolmente sorpresa, un mese prima io avevo augurato loro buon Ramadan e adesso ricambiavano.
Aprii il pacco con la stessa ansia di un bimbo davanti ad un regalo. Si trattava di un abito tradizionale pakistano fatto sulla mia misura.
- Stupendo Adila e io cosa posso fare te?
- Basta che tu preghi.
- Ma, io sono cristiana ….. – obiettai.
- Dio è sempre uno solo. – e compresi ciò che intendeva dire.
Trascorsero la vigilia con me e con una cena tutta francese.

La notizia mi colse di sorpresa, Adila tornava in Pakistan.
- Due mesi poi vengo, Amed viene con me ma torna un po’ prima.
- Mi sembreranno due secoli. - risposi
- Faccio pellegrinaggio, pregherò tanto, così bambino arriverà.
Mi sarebbe mancata, la sua presenza era rassicurante ma rispettavo le sue convinzioni.

I giorni parevano più lunghi fortunatamente il lavoro non mancava, assunsi una commessa che sapeva anche cucire e questo mi sollevò non poco.

Una timida primavera portò giornate più limpide e le prime margherite occhieggiavano fra il verde delle aiuole del parco. Adila fece ritorno.
Era come ci fossimo salutate solo il giorno prima. Era radiosa e felice.
- Allora, è andato tutto bene?
- Molto, molto bene. – mise le mani sul grembo – Bambino è in arrivo.
Condivisi la sua gioia senza farle domande, ma nella mia mente se ne affacciavano molte.
L’arrivo di un bambino si sa porta sempre dei cambiamenti e per Adila e Amed era giunto il momento di cambiare abitazione. Non andarono troppo lontano e continuammo a tenerci in contatto.
Vedo spesso Adila nel parco a giocare con i suoi figli, perché di figli ne ha avuti più di uno.
Un saluto con la mano e non posso fare a meno di pensare a quanto siano fortunati quei bambini con due genitori che li amano sopra ogni cosa.

La vita riserva sempre sorprese, nulla si può dare per scontato, ogni giorno un piccolo passo in avanti, perché è importante capirsi, è accaduto me quando ebbi l’opportunità di apprezzare una cultura diversa ma non per questo meno affascinante perché che le cose che uniscono sono molte di più di quanto ci si immagina.



Luisa Camponesco

   
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