Tunisia, Algeria, Egitto, ma anche nei giorni scorsi Mauritania e poi Giordania e Yemen, dimostrazioni di piazza contro i regimi e i governi, inusuale vento di cambiamento per dei paesi nei quali il capo del governo è inamovibile dall'entrata in carica. Persone che si cospargono di benzina nelle vie, altro inusuale atto di popoli che di solito non ricorrono a misure così estreme. La povertà e la mancanza di libertà non è infatti nuova, la domanda è : perchè adesso? E le rivolte sono spontanee? Sono spinte dall'evoluzione della conoscenza grazie ai nuovi media? Sono soggette all'inserimento di agenti diversi?Se non si trattasse del mondo arabo, non ci sarebbero preoccupazioni di sorta, la spallata della popolazione allo stremo sia di pane che di libera espressione sarebbe accolta con sollievo.
In Tunisia dall'indipendenza ci sono stati solo due presidenti, Bourghiba e poi Bel Ali, autore nel 1987 di un colpo di stato soft che ha deposto il vecchio leone dell'indipendenza dalla Francia.
In Algeria il governo autoritario ha ripreso il potere dopo le aperture che nel 1990 portarono ad elezioni libere nelle quali vinse il fronte islamico e subito i militari intervennero e annullarono il voto.
In Egitto Mubarak è al potere dal 1981, erede di Sadat, assassinato dai fondamentalisti islamici dopo l'accordo di pace con Israele.
E' questo il problema del mondo arabo, l'oscillazione tra due tirannie, quella autoritaria e dei militari che sbarra il passo a quella degli integralisti islamici, una lotta che specialmente in Algeria ha provocato centinaia di migliaia di vittime, tra attentati e massacri degli integralisti e repressione del governo. In Egitto la repressione è pure totale, alle ultime "elezioni" i partiti di opposizione islamica non sono stati ammessi, altrimenti probabilmente avrebbero vinto. Gli integralisti sanno sfruttare abilmente le sofferenze della popolazione e sanno proporsi come alternativa ai regimi.
La vittoria degli integralisti e il loro accesso al potere sono l'incubo delle cancellerie occidentali, la ripetizione di quanto accaduto in Iran non permette di fare sogni tranquilli, la rivoluzione di Teheran contro lo Sha ebbe come conseguenza la successiva liquidazione degli elementi liberali da parte dei mullah integralisti, pur avendo iniziato la rivolta fianco a fianco.
Accadrà anche in Tunisia? E poi in Algeria? E in Egitto?
La paralisi del mondo occidentale spaventato dall'alternativa integralista, ha schiacciato gli elementi liberali di questi paesi, incarcerati dai regimi e non sostenuti dai paesi liberi.
La Tunisia è stata meno esposta all'integralismo, la sua classe commerciale e borghese è sviluppata, ma la corruzione sempre più profonda del regime e dei famigliari del presidente deposto soffocavano poco a poco qualsiasi tentativo di sviluppo della libertà di espressione e di libera iniziativa. A prima vista non appare che la rivolta sia stata cavalcata dai partiti fondamentalisti e dunque la speranza è che l'esempio tunisino sfoci in una situazione di democrazia. Eppure fanno pensare gli episodi delle persone che si cospargono di benzina, torna alla mente il condizionamento mentale da parte dei mullah integralisti.
I militari algerini hanno evitato, con il totale accordo del mondo, che il paese si trasformasse in un nuovo Iran, ma il prezzo rimane quello della mancanza di libertà politica.
Che accadrebbe se l'Egitto cadesse dal ferreo assolutismo attuale al controllo da parte degli integralisti? è una sceneggiatura da fantascienza catastrofista.
Certamente i partiti integralisti islamici appoggiano le rivolte, certamente la loro convenienza è che esse abbattano i regimi e li sostituiscano, certamente il loro disegno è, una volta ripristinata la libertà politica, di condizionarle fino a controllarle.
L'organizzazione della fratellanza islamica, che controlla i più agguerriti movimenti islamici anche in Europa, ha nelle figure di Qaradawi e di Ramadan i suoi aspetti apparentemente più aperti verso l'integrazione, ma in realtà si tratta di volute apparenze, il loro obiettivo è unicamente politico.
Esiste la possibilità che anche questi movimenti non riescano poi a cavalcare del tutto il cambiamento e che i giovani soprattutto, grazie alla conoscenza e alle informazione per la prima volta diffuse attraverso i nuovi media, internet, facebook, twitter, non cadano nella trappola della concessione di spazi troppo larghi ai movimenti integralisti?
E' la scommessa dei liberali e dei democratici, in paesi, ricordiamo, dove si stampano assai pochi libri e dove l'informazione principale o è di regime o è degli integralisti. Le nazioni libere hanno il dovere, secondo me, di cercare, di appoggiare e di sostenere i partiti liberali e democratici oggi sottoposti a vessazioni in questi paesi, nel passato neppure troppo lontano l'occidente protestava con molta timidezza verso i regimi illiberali, convinto che a seguito della loro eventuale caduta, essi sarebbero stati sostituiti da regimi ancora più pericolosi, era la cosiddetta "realpolitik".
Il mondo arabo è su una polveriera, è un passaggio storico, a seconda di come sarà gestito e dei risultati a cui arriverà, il mondo libero sarà coinvolto in scenari opposti.
Quanto avviene è direttamente collegato a quanto avviene in Europa, appoggiare i liberali musulmani, le donne musulmane martoriate in Europa, significa trovarsi degli interlocutori che sapranno riproporre il vento di libertà anche nei paesi arabi, se in uno scenario in veloce movimento come l'attuale non cogliamo al balzo questa occasione, rischiamo di scoraggiare i liberali e i democratici nel mondo arabo e rischiamo di vedere un mondo arabo che passa da una tirannia all'altra.
In questi giorni l'arco della crisi non si limita al nordafrica, in Libano il governo Hariri è stato abbattuto dagli hezbollah che stanno tentando di comporre un esecutivo marionetta. La situazione è precipitata dopo il deposito da parte del tribunale internazionale delle prove sui colpevoli dell'assassinio del padre di Hariri, i documenti non sono stati ancora resi noti, ma non è un mistero che i prinicipali sospettati siano gli hezbollah con gli appoggi di Iran e Siria.
Lontana geograficamente, ma simile nelle proporzioni, è la crisi pakistana, gli integralisti, appoggiati da parti dei servizi segreti pakistani, gli stessi che portarono al potere i talebani nel vicino Afganistan, hanno approfittato dell'abbattimento del regime dispotico del generale Musharraf e dell'avvento di un governo nato dalle elezioni per diffondersi e rafforzarsi, il governo è debole e corrotto e la relativa stabilità è mantenuta dagli aiuti occidentali nel conflitto interno e contro l'esercito integralista che sconfina dall'Afganistan e occupa diverse aree tribali del Pakistan stesso. Con il tempo i movimenti integralisti islamici si sono inseriti anche nelle organizzazioni che erano scese in piazza sotto la bandiera liberale contro il regime dispostico. Nei giorni scorsi il governatore del Punjab, avversario della famigerata legge sulla blasfemia, utilizzata per condannare a morte cristiani e appartenenti ad altre fedi, è stato assassinato da un integralista islamico. L'assassino è stato accolto come un eroe dalle organizzazioni degli avvocati pakistani, una notizia che fa riflettere come, nel tempo, l'integralismo sappia sfruttare gli spazi che si aprono dopo la caduta dei regimi dispostici.
Questa è la vera partita in gioco, per questo l'occidente trema e non esulta quando i regimi dispotici cadono, per il terrore che l'alternativa sia peggiore.
Roberto Mahlab