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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Scusi… per il paradiso?
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riccardo resconi
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Italy
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Inserito - 20/08/2011 :  16:31:09  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a riccardo resconi
Scusi… per il paradiso?

Le rotative andavano a tutto gas e la luce che filtrava dai lucernari nei capannoni era lieve. Il frastuono enorme ed anche il caldo d’estate ed il freddo di inverno erano insopportabili.
Il Cav. Russo a braccia rivolte sul retro della schiena e con il capo chino,percorreva chilometri e chilometri di quelle corsie buie e strette ogni dannatissimo giorno.
Il suo sguardo si poneva spesso sull’attività degli operai della cartiera e puntualmente urla di rimprovero si alzavano al cielo, rifrangendosi tra le vecchie mura e raggiungendo anche l’ultimo di quegli uomini, che capiva assai bene che non c’era da scherzare.
Tutti erano terrorizzati da quel clima.
Il Cavaliere,uomo di vecchio stampo, non era permissivo e il pensiero unico che esisteva nella fabbrica era il suo!
Inutile dire che tutti lo odiavano e gli anatemi inviati erano molteplici.
Le donne in particolare erano oggetto di maggior accanimento,tranne se non erano giovani e carine,cosa che lui non disdegnava affatto.
Alle 22 della sera l’ultimo turno usciva per il rientro a casa.
E lì ancora lui puntuale,con un enorme mazzo di chiavi come San Pietro,chiudeva a più mandate le porte che dividevano l’inferno dal paradiso (la propria casa).
Il Cavaliere non aveva figli a cui lasciare il suo patrimonio,anche se si vociferava che una ragazza mandata via a malo modo dalla cartiera avesse potuto fargli dono di un bambino.
Ma lo scandalo sarebbe stato enorme,quindi diede un taglio netto alla cosa,sembra pagando un’enorme somma alla ragazza stessa.
Era di mercoledì che il signor Antonio ormai prossimo alla pensione,dopo ben 35 anni di onorato servizio presso il Cav.Russo, si presentò di fronte a quest’ultimo.
-Vede sig.Cavaliere, mi permetto di disturbarla. Mia figlia si sposa a breve ed io vorrei abbia il matrimonio tra i più belli che il paese possa ricordare. Sono qui per chiederle un piccolo prestito, per fare in modo che ciò accada -
Il Cavaliere non disse niente. Lo guardò dapprima con aria sconcertata, poi addusse mille scuse e che inoltre i soldi non avrebbe potuto darglieli.
Il sig. Antonio uscì frastornato da quel luogo,quasi piangendo e maledicendo quell’uomo dal cuore di pietra.
La notizia fece il giro della gente, come quando il vento bussa veloce alle finestre.
Il giorno dopo i pesanti sguardi degli operai fecero il resto.
Era un fine settimana qualunque, quando alla guida della sua Mercedes nera, il Cavaliere lasciò la vita terrena.
Poche persone al suo funerale e fiori ridotti all’osso come volevano le sue volontà. Anche li la sua tirchieria non venne smentita.
Dietro un albero appena visibile un’ombra. Quando questi si avvicinò alla fossa dove stavano per calare le spoglie,ebbe un sussulto.
Quell’uomo era lui. Il cavaliere stava assistendo al proprio funerale.
Si sfregò gli occhi come per incredulità e tentò di toccare con mano i pochi presenti,non riuscendoci.
Si inginocchiò su se stesso,voleva piangere ma nessuna lacrima cadeva dal sul suo volto. Gli era negata.
Sentì una mano appoggiarsi alla sua spalla.
Si girò di scatto. E dietro di lui, in abito bianco,un angelo lo guardò senza proferire parole.
-Tu chi sei? Cosa vuoi da me? Perché sono qua e nessuno ne mi vede ne mi sente! Non posso afferrare alcunché e non sento più gli odori!-
- Calma, calma sig. Cavaliere,quante domande in una volta sola.
Andiamo per ordine. Ebbene la prima notizia e che lei è morto,defunto,trapassato.-
-Io? E’ impossibile! A me non può capitare. Io sono il Cavaliere Russo,discendente di una famiglia di industriali da oltre 150 anni-
-Capisco il suo stato d’animo,ma apra gli occhi,anche a quelli come lei accadano queste cose -
- No! A me no! Io vivrò perché ho uno scopo nella vita,a dispetto di te che giri con quel ridicolo abito bianco e quelle due ali piumate,e che cerchi di convincermi che io sia morto. Spiegami cosa vuoi da me -
-Ebbene io sono stato assegnato a lei-
- A me? E per farmi cosa,io mi sento benone,certo un po’ confuso ma benone-
-Vedo che continua a non capire. Io sono qua per accompagnarla nel viaggio-
-Allora insiste! Io non devo andare proprio da nessuna parte,anzi mi sembra tutto uno scherzo questo, architettato da qualche buontempone. Io domani devo lavorare-
-Temo la cosa non sarà possibile,se ne faccia una ragione-
- Mai! Vai via lasciami solo! Angelo o demone che tu sia -
-Lei è davvero ostinato. Come vuole! Se le dovessi servire schiocchi le dita due volte ed io comparirò. Fino ad allora lei rifletta-
-Ma vada via,che io so benissimo cosa fare-
Una folata di vento freddo arrivò inaspettata, ed il Cavaliere rimase completamente solo.
La notte era arrivata e una dimora ancora mancava per poter dormire.
Egli percorse il vialetto ormai solitario dove il vento spazzava le foglie autunnali.
Il crepuscolo di una candela attirò la sua attenzione ed avvicinandosi, scorse la sagoma di un anziano signore.
E con fare ancora arrogante disse a questi: Ah finalmente c’e’ qualcuno in tutto questo mortorio. Era come dicevo io. Non sono morto,vedo la gente. Fece per avvicinare la mano alla spalla dell’uomo e questa oltrepassò il corpo.
Ebbe un sobbalzo. Questa volta si era reso conto che qualcosa non funziona.
-Salve,disse il signor accovacciato. Anche lei qui in cerca di risposte vedo –
Il Cavaliere lo guardò di nuovo ma stavolta non aprì bocca.
-Le auguro di poter trovare la luce disse il signore chino su una tomba. Questo ero io. Vede la foto? Qui ero ancora felice e non avevo messo in difficoltà la mia famiglia –
-Cosa le e’ successo? disse il Cavaliere –
-Ho rubato e per la vergogna mi sono ucciso. Adesso vago in attesa che possa essere accettato lassù-
-Lassù? -
-Si proprio la dove la luce brilla.
Adesso le auguro una buona serata e vada pure in giro. Troverà altre cose e persone qui dentro che riusciranno a farle capire che nella vita gli errori poi si pagano,ed e’ meglio essere più vicini alla gente,compiendo gesti di attenzione e benevolenza-
Il Cavaliere rimase scosso da quell’incontro ma proseguì la strada.
Più avanti una donna sistemava fiori.
La notte passò insonne e i primi raggi di sole fecero avanzare il cavaliere lungo la strada,verso il fiume,oltre la strada ferrata.
Si trovò quasi per caso in quel quartiere.
Quartiere dove viveva la maggior parte dei suoi ex operai.
Nascondendosi come pensando che potesse ancora visto,scivolò lungo le stradine strette e con velocità lanciava sguardi nelle finestrelle piccole per vedere chi potesse esserci.
Al loro interno le dimore erano essenziali e la luce lieve a stento permetteva di non urtarsi tra di loro.
In una di queste vide anche un manichino con appeso un abito bianco da matrimonio,certo non sfavillante ma decoroso ed una donna che si apprestava a dare gli ultimi ritocchi.
Da una stanzina uscì il signor Antonio. Era casa sua.
E questo fece indietreggiare con la testa il cavaliere,quasi provando vergogna del gesto fatto in precedenza,e accorgendosi che la vita comunque andava avanti e che quel matrimonio si sarebbe fatto.
Con schiena curva si allontanò da quel posto.
I primi dubbi iniziarono ad insinuarsi nella sua testa.
Arrivò in un parco dove mamme con i loro bambini passavano lieti, alcuni momenti insieme.
Pochi erano i giochi che si potevano vedere,ma una giostrina attrasse la sua attenzione. Gli sembrò di scorgere un volto conosciuto. Si,era Sandrina,la sua dipendente cacciata dalla sua vita, con la buonuscita di quattro spiccioli.
Si avvicinò ancora di più e accanto alla donna,un bambino di circa tre anni. Un brivido gli percorse la schiena. Certo, non poteva che essere suo figlio. Quel figlio non voluto,per paura e vigliaccheria.
Entrambi i volti di madre e figlio erano raggianti,perché l’amore che c’era tra di loro e palpabile.
Questa cosa scosse fortemente l’uomo che sembrò quasi volesse tendere la mano per toccarli.
L’imbrunire stava di nuovo arrivando ed un’altra notte, nel buio, quell’uomo l’avrebbe passata da solo con i suoi rimorsi.
Fu una notte davvero lunga e quei due incontri avuti nella giornata avevano forse scalfito quel cuore di pietra.
Mille ombre giravano intorno a lui e non certo rassicuranti.
Erano anime inquiete,che cercavano pace,rifugio,forse quella luce che l’angelo gli aveva promesso.
Ma questo ancora non bastava.
Il cavaliere ancora non riusciva a capire il perché della sua dipartita ed accettarne la cosa. Quel giorno scoprì che aprendo le braccia poteva volteggiare sopra le anime,si diede una spinta ed iniziò a librare.
Il paesaggio visto dall’alto era molto diverso,quasi una esperienza ultraterrena.
E pur dal cuore duro,i suoi occhi non potevano fare a meno di notare che il paesaggio era si diverso, ma cosi armonico,che per un attimo ebbe un senso di gioia che lo fece sorridere.
Il quartiere ricco con il povero,la macchina sportiva con la vecchia utilitaria,le persone che camminavano,erano in quel movimento del tutto uguali. Nessuna differenza se non quella imposta dall’uomo stesso,li sulla terra,dove si poteva amare ma anche far soffrire. E lui era stato uno di quelli che aveva fatto soffrire.Questa cosa si stava lentamente insinuando in lui.
Quando passò sulla fabbrica ormai chiusa,provò un forte senso di vuoto. Capii che non era stato capace di dare continuità.
Che quello che lui stesso aveva creato era nel contempo stato capace di distruggerlo.
Smise di volare e planando in una piccola radura,si mise ai piedi di una vecchia guercia. Qui altre ombre scorrevano davanti a lui ma senza porgli alcuno sguardo. Fu lui che un indice alzato rivolto a costoro porse la domanda – Mi scusi? Ma per il paradiso? -
Nessuno si girò,come se parole non le avesse neanche pronunciate.
Si mise le mani sul capo,provando sconforto a quel suo essere “invisibile”.
Gli venne in mente quel ridicolo uomo che si era presentato come un angelo,ed alle sue parole.
-Se vorrà vedermi, schiocchi le dita due volte- E così fece.
L’angelo si parò davanti a lui,ma questa volta con fare dubbioso.
Per come era stato trattato la scorsa volta,era meglio andarci cauto con quest’uomo.
La loro chiacchierata durò a lungo.
Ma quello che convinse l’angelo,furono gli occhi dell’uomo.
E’ proprio vero che guardando gli occhi di una persona, leggi la sua anima.
IL cavaliere era pronto.
Gli tese la mano e scomparvero insieme, mentre le foglie della quercia si mossero allegre come per manifestare l’accaduto.
Quel giorno la sposa fu bellissima, e quel bambino nel parco volse lo sguardo al cielo,come per dare un ultimo saluto.


(patapump )

   
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