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 Il melograno
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luisa camponesco
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Inserito - 29/12/2011 :  11:59:27  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Il melograno

Ricordavo bene il giorno in cui fu piantato, alto poco più di una spanna e non sapevo di che pianta si trattasse.
- Cos’è?
- Un melograno. – risposero i vicini
- Ma crescerà? – ero perplessa visto le dimensioni.
- Diventerà una piantona.
Li osservai lavorare di vanga e paletta “Durerà poco” pensai , “fra una settimana sarà secca”
Così giorno dopo giorno presi l’abitudine di sbirciare dalla finestra. Passarono i mesi e la piantina era sempre lì, tenace più che mai, amorevolmente accudita dai due coniugi vicini di casa ed amici.
Venne l’inverno, la neve la coprì completamente ed io me ne scordai.
Spesso accadono eventi che cambiano la vita o più d’una e allora ci si aggrappa a cose, ad oggetti che ricordano momenti più felici e così la pianta del melograno divenne testimone di queste vicende.
- Hai visto? Donna di poca fede.
Elena mi guardava spiando la mia espressione.
- Beh lo ammetto, non ci credevo, anzi se non lo vedessi con i miei occhi non crederei nemmeno ora. Farà anche i frutti?
- Per quelli dovrai aspettare ancora un po’, adesso deve solo fiorire.
E così anno dopo anno i rami raggiunsero le finestre del primo piano, fiori rossi come rubini spiccavano nel verde delle foglie, ma di frutti nemmeno l’ombra.
Elena andava spesso in giardino, la vedevo appoggiare la mano sul tronco dell’albero e rimanervi per parecchi minuti. Non osavo chiedere cosa la turbasse ma era evidente, qualcosa non andava.
A primavera inoltrata petali rossi sul terreno sembravano gocce uscite da ferite profonde.
- A cosa stai pensando? – chiesi.
Elena mi guardò con gli occhi velati.
- Pensavo a Carducci.
- È vero – risposi – “Pianto Antico” ma la poesia rappresenta il dolore di un padre per la morte del figlio, come mai questo pensiero?
- Niente è per sempre, diamo tutto per scontato ma non è così. Non è così – Più che una risposta il suo era un sussurro e io non osai indagare di più.
Non la vidi per parecchi giorni e nel frattempo nuovi fiori sbocciavano sul melograno.
L’estate iniziò in tutto il suo splendore, solo la sera portava refrigerio ed era anche il momento giusto per annaffiare fiori e piante.
- E’ tutto il giorno che non ti vedo. – Elena mi sorprese e mi sentii in colpa
- Oh, mi spiace, oggi abbiamo finito tardi con gli ultimi candidati e con questo caldo mi sono addormentata.
Gli esami di maturità erano agli sgoccioli ed io ero impegnata in commissione a Salò.
- Cosa ti succede Elena? Adesso devi dirmelo!
Gli occhi gli si inumidirono, sedette sul muricciolo ed io accanto a lei.
- Domani ho un esame clinico importante.
- Da quando non stai bene?
- Da circa un mese.
- I tuoi lo sanno?
- No, volevo chiederti se potevi accompagnarmi.
Lo avrei fatto volentieri ma come potevo assentarmi dalla commissione? Il calendario andava rispettato e il giorno successivo sarebbero iniziati gli scrutini.
- Tuo marito e tuo figlio devono sapere. Promettimi che lo dirai.
Elena chinò il capo delusa, ma parlarne in famiglia era la sola cosa da fare.
- A che ora domani?
- Alle 17 e 30.
- Non ti prometto nulla, se posso ci sarò.
Mi fece un sorriso, forse le bastava la speranza, uno spiraglio di luce per allontanare la paura.
Il lavoro in commissione si prolungò più del previsto ed era già sera inoltrata quando tornai a casa.
Bussai esitando alla sua porta.
- Oh è lei signorina! Venga! – Franco il marito mi accolse sorridendo e in me si fece strada la sensazione che non sapesse nulla. Elena uscì dalla cucina con uno strofinaccio fra le mani, le rivolsi uno sguardo interrogativo.
- Branzino cotto al vapore, ceni con noi?
- Grazie Elena ma oggi ho pasticciato e stasera solo camomilla.
La seguii in cucina.
- Scusami per oggi ma non ce l’ho fatta. Allora dimmi com’è andata.
Dopo aver controllato che Franco non fosse nei paraggi mi disse che le avrebbero comunicato l’esito in settimana.
- Franco non sa nulla vero?
- Perché preoccuparlo anzitempo.
- Elena non puoi portare questo peso tutto da sola, anche se sei una donna forte…..
- Ragazze! Avete finito di pettegolare, il sottoscritto ha fameeee!
Franco era apparso sulla porta e ci osservava con sospetto.
- Scusami adesso vado a casa.
- Guarda che non ti stavo cacciando, anzi ho messo un piatto in più a tavola.
- Rimani! – Era molto più che un invito, lo compresi guardando l’espressione del volto di Elena.
- Vi ringrazio, datemi il tempo di posare la borsa, e controllare i messaggi.
Non avevo appetito ed ero anche molto stanca ma date le circostanze non potevo rifiutare. La serata trascorse in una forzata allegria da parte di tutti e gli argomenti di conversazione scarseggiavano.
- Allora quando finiscono gli esami?
- Domani impacchettiamo e chiudiamo con la ceralacca.
- La ceralacca? – Elena sgranò gli occhi ed mi dilungai nella descrizione delle operazioni finali e così l’atmosfera parve rasserenarsi.
Ero già sulla porta di casa quando Franco mi raggiunse.
- Dovresti farmi un favore – disse sottovoce – Da qualche giorno Elena è diversa dal solito, prova ad indagare e poi fammi sapere.
Per un attimo ebbi la sensazione di annaspare nell’aria ma mi ripresi subito per rassicurare Franco.
Quella notte non riuscii a prender sonno pensando alla situazione nella quale mi stavo cacciando, il solo modo per uscirne era quello di convincere Elena a confidarsi col marito.
Impietosamente la sveglia suonò alle sette, mi consolai pensando che era l’ultimo giorno poi finalmente sarei partita per le vacanze, ma il problema di Elena mi riportò alla realtà facendo apparire i miei cosa da nulla.

Anche per quell’anno gli esami finirono con candidati soddisfatti, altri delusi, un saluto veloce ai colleghi commissari e un arrivederci ben sapendo che non sarebbe mai accaduto, poi ognuno prese la strada di casa..
Guardavo senza convinzione i borsoni appoggiati sul letto pieni di indumenti assolutamente inutili quando Elena bussò alla porta.
- Sto andando a prendere i risultati dell’analisi mi accompagneresti?
Impossibile dirle di no, lei avrebbe fatto la stessa cosa per me.
Non parlammo durante il tragitto ed io rispettai il suo silenzio dettato dall’ansia di sapere.
Ed eccola la busta bianca sigillata stretta fra le sue mani.
Elena me la pose senza esitare.
- Aprila e leggi!
- Mah … . cercai di protestare.
- Apri e leggi!
Mi tremò la mano quando estrassi il foglio e mi prese l’ansia quando iniziai a leggerlo.
- Elena. Non è nulla di quello che pensi, è tutta un’altra cosa, curabilissima.
- Dici sul serio? – mi strappò letteralmente il foglio dalle mani e si mise a leggere.
Man mano proseguiva la lettura, il viso di Elena prendeva colore per finire poi in una risata liberatoria.
- Signore ti ringrazio! – esclamò stringendo il foglio al petto. – C’è un bar qui vicino andiamo a berci qualcosa ce lo meritiamo.
Così, davanti ad un aperitivo ci mettemmo a parlare di cose banali, prive di importanze ma in quel momento tutto sembrava diverso.
- Lo dirai a Franco?
- Non ci penso proprio tu piuttosto hai deciso quando partire?
- Domani mattina presto, con il fresco si viaggia meglio.
- Allora stasera cena a casa mia.
Una serata in allegria, Franco mi guardava sottecchi e poi mi sussurrò in un orecchio: “Qualunque cosa tu abbia fatto, grazie.”
Mi sentii in colpa sentendomi attribuire un merito che non avevo, un giorno, forse, lo avrebbe saputo.
Quella notte feci un brutto sogno, un sogno che avevo già fatto in passato prima di eventi dolorosi, solo l’ansia di partire, caricare la macchina, chiudere gas ed acqua mi distolse da cupi pensieri. Volevo solo cambiare aria, staccare la spina. Avevo già salutato Elena e Franco, mi sarebbero mancati ed io a loro, ma in fondo l’estate è così breve passa in fretta e poi si torna alla vita di sempre.

Rientravo da una passeggiata proprio il giorno di ferragosto quando trovai il messaggio sul cellulare. “Chiamami è urgente, Elena”
Chiamai ma nessuno rispose, provai per l’intero pomeriggio senza risultato, che fare?
Un’ora di macchina e sarei stata in città, meglio sapere che stare nell’incertezza. Erano le 10 di sera quando arrivai a casa, la trovai buia e silenziosa, di Elena e Franco nessuna traccia. Mi lasciai cadere sul divano, tutto mi pareva estraneo come se l’appartamento fosse di qualcun altro.
Forse mi addormentai o forse no, ma un leggero bussare alla porta mi fece balzare in piedi. Il figlio di Elena e Franco era sul pianerottolo.
- Ho visto la tua macchina sapevo che saresti venuta.
- Santo cielo ma cos’è successo?
- Si tratta di papà, purtroppo. – rispose addolorato.

Franco se ne andò lasciandoci sbigottiti ed increduli, non ci sono parole che possano consolare, solo la fede può aiutare, la fede, dono prezioso che sa infondere coraggio e speranza ed Elena ne fu un esempio.
Non la vidi mai piangere si inventò mille cose da fare e giorno dopo giorno andò avanti.

La vita toglie e la vita da, infatti l’estate successiva sotto l’albero di melograno Elena raccontava al nipotino neonato la storia di un seme che gettato nella terra era germogliato in una splendida pianta perché era stata curata dall’amore del nonno e della nonna.
Il piccolo sgranava gli occhi e agitava le manine, quando li raggiunsi Elena mi diede il bimbo in braccio, si mise a frugare fra i rami bassi e raccolse il primo frutto.
- Visto! Donna di poca fede, i frutti arrivano basta saperli aspettare.

Sono trascorsi anni da quanto narrato, i miei capelli sono diventati grigi, Elena vive in una casa di riposo e non sempre mi riconosce quando la vado a trovare, ma il melograno è sempre lì ad allietare lo sguardo di chi passa.
- Ciao zia, che stai facendo? Aspetti che maturino?
Il ragazzo mi raggiunse in giardino, aveva lo sguardo di Elena e i lineamenti di Franco.
- Uomo di poca fede, i frutti arrivano basta saperli aspettare.
Mise un braccio attorno alle mie spalle e io mi sentii al sicuro
- La sai la storia di quel seme che gettato nella terra……
- La conosco da quando sono nato ma mi piace sempre ascoltarla.
- Chissà un giorno potresti raccontarla ai tuoi figli.
- Contaci zietta, ma adesso parlando di cose serie, che fine ha fatto la torta di mele che mi hai promesso?
La torta di mele! Me n’ero completamente dimenticata ed era ancora nel forno.
I rami del melograno mossi dal vento produssero un suono simile ad una risata, allora compresi che non ero sola e che non lo sarei mai stata.




Luisa Camponesco

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Inserito - 30/12/2011 :  16:58:26  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Admin Invia un Messaggio Privato a Admin
Bellissimo questo racconto.
Il mio commento è fuori luogo e normalmente non permesso in concertodisogni.. ma stiamo verificando le funzionalità e quindi mi son permesso di aggiungere questo mio personale scarabocchio da capodanno allo splendido racconto della Prof!


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