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 I fiori
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Gabriella Cuscinà
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Italy
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Inserito - 28/05/2012 :  17:03:56  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà


Cristina amava immensamente i fiori e nella sua grande villa fuori città ne coltivava di ogni tipo: gerani, margherite, ciclamini, dalie, gardenie, garofani, giacinti. Era una signora simpatica, anche se non proprio bella. Aveva gambe e piedi sottili che formavano un contrasto marcato con il resto del corpo florido. Aveva il seno prosperoso e le braccia erano vigorose come quelle di un bracciante agricolo. Si truccava con poca abilità: la bocca piccola e a forma di cuore, era color vermiglio acceso, ma il rossetto era spesso sbavato. Gli occhi, sempre ombreggiati d’azzurro, venivano dipinti all’ingiù e le conferivano un’espressione d’ingenuità. Le ciglia erano naturalmente lunghissime. Stava quasi sempre all’aria aperta e portava un foulard di chiffon che le proteggeva i biondi capelli dalla polvere e dal sole.
La sua villa era meravigliosa, sembrava un vivaio dove passeggiare circondati da piante e infiorescenze stupende. Gli odori e i profumi erano soavi e deliziosi. Cristina curava personalmente le sue adorate piante e se si accorgeva che qualche fiore non era sbocciato nella giusta stagione, si preoccupava e prendeva provvedimenti. Infatti, aveva studiato e continuava a studiare tutto ciò che riguardava la botanica.
Quando gli uccelli al mattino cantavano, lei supponeva che si trovassero tra i fiori di pesco, oppure sugli alberi di magnolie. In primavera le numerose piante di gardenia esalavano un odore delizioso e talmente penetrante da far girare la testa. Tutti quei fiori e tutte quelle piante facevano parte integrante della sua vita. Spesso si era ritrovata a conversare con le piantine di geranio e le era parso che esse rispondessero. Per esempio, aveva raccomandato loro di far buona guardia contro le zanzare e i fiori di geranio rosa, rossi, fucsia, bianchi, avevano piegato in avanti la corolla in segno di assenso, ma forse spinti dal vento, oppure no, Cristina non avrebbe saputo dirlo.
C’era una grande aiuola nella sua villa, dove si trovavano due enormi pini mediterranei. In mezzo a tali alberi facevano bella mostra di sé due cespugli gemelli di lantana camara. Questa pianta è originaria delle zone tropicali dell’America e presenta foglie ellittiche di colore verde scuro. Il colore dei fiori tende a scurirsi col passare dei giorni passando dal bianco al giallo al rosso mattone.
Un giorno Cristina si accorse che uno dei due cespugli era pieno di parassiti e i fiori ne erano tutti infestati. Pensò di potarlo al massimo per evitare che fosse infestato anche l’altro cespuglio. Appena prese le cesoie e cominciò a recidere alcuni fusti, vide con la coda dell’occhio, che la pianta gemella s’era come accartocciata, vibrava. Credette d’aver visto male e sgranò gli occhi, ma l’altro cespuglio tremava come scosso dal vento.
I fiori s’erano richiusi, mentre poco prima erano tutti aperti e bellissimi. Cristina capì che la pianta temeva di subire la medesima sorte di quella infestata. Lei continuò la sua opera di potatura senza più far caso a nulla, imperterrita. Dopo alcuni mesi, a primavera, vide germogliare e rifiorire la lantana che aveva potato e di nuovo le due piante gemelle erano rigogliose e belle.
Una notte, mentre fuori raffiche impetuose di vento fischiavano e facevano scuotere gli alberi, fu assalita da incubi e sognò che si trovava in cucina, una stanza molto grande e piena di pentole. Eppure non era la propria cucina, anzi non l’aveva mai vista. Nel sogno, una donna stava impastando il pane e chiacchierava con lei affabilmente. Cristina non riusciva a vederla in viso. Ad un tratto suonarono alla porta e la donna andò ad aprire.
Quando tornò, recava in mano un fascio di fiori. Disse che li aveva mandati il padre di Cristina. Era un mazzo di tuberose circondato da capelvenere.
- Non è possibile!- esclamo Cristina – Mio padre è morto. Non può averli mandati!-
A questo punto, la donna l’aveva guardata con dolcezza, aveva sorriso e aveva detto: - Ma perché? Forse che non sono morta anch’io?-
Cristina s’era svegliata di soprassalto e aveva ripensato al padre, morto quando lei aveva appena tredici anni. Era stato il suo idolo, il suo amico, il compagno di giochi, e perderlo era stato un trauma, un dolore terribile e inconsolabile.
Il giorno successivo, passeggiando tra le siepi e le aiuole fiorite, Cristina ebbe la sorpresa di trovare dei fiori di tuberose che lei non ricordava di aver piantato. Come se non bastasse, quel giorno era il suo anniversario di matrimonio e il marito le inviò un fascio enorme di tuberose profumatissime tutto circondato da abbondante capelvenere.


Gabriella Cuscinà

   
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