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 Natale in Perù
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Renato Attolini
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Inserito - 19/01/2014 :  17:27:12  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
Dopo mesi di preparativi, di voli cancellati e riprotezioni varie, finalmente arriviamo in Perù. In tutta la mia lunga vita mai avevo passato il Natale all’estero e men che meno in un paese dove a Dicembre comincia l’estate.
E’ una sensazione stranissima vedere gli addobbi natalizi stando in t-shirt e calzoncini: no, decisamente l’atmosfera di questa festa non riesco proprio ad avvertirla. Il presepe sulla spiaggia di Mancora mi sembra un controsenso.
In televisione dopotutto le novelle e i cartoni animati ispirati al Natale sono ambientati in paesaggi nevosi. Qui d’altronde ci sono abituati e ad ogni modo non è che l’hanno stabilito loro che ci sia questo clima.
In una cosa c’è molta analogia con l’Europa: la frenesia degli acquisti. Anche qui ci sono i supermercati ma ancora di più ci sono i ‘quartieri mercato’, intere zone adibite esclusivamente allo shopping.
Ci rechiamo in uno di questi chiamato la ‘Mesa Redonda’ cioè la Tavola Rotonda non so se per omaggio a Re Artù o a chissà cosa.
La prima impressione appena scesi dal taxi è quella di essere capitati in una bolgia dantesca. Per strada venditori di tutti i generi reclamizzano a gran voce le loro mercanzie mentre i proprietari dei numerosi negozi invitano, sempre urlando, la gente a entrare e a dare un’occhiata ‘sin compromiso’ senza nessun obbligo. Qui è soprattutto l’abbigliamento a farla da padrone ma non mancano ovviamente ristoranti più o meno grandi che propongono ‘pollo alla brasa’ o ‘cheviche’ piatto a base di pesce crudo.
Ho cercato sempre di evitare i nostri Centri Commerciali nel periodo delle feste ma al confronto di questi, appaiono come una vendita su appuntamento da Tiffany.
Ci scostiamo dalla strada ed entriamo in un androne dal quale si dirama un dedalo di corridoi contrassegnati da numeri e da sgabuzzini adibiti a negozietti, uno di fianco all’altro.
Qui la sostanza non cambia e la confusione regna sovrana. I prezzi, paragonati a quelli in Italia, sono decisamente abbordabili ma ormai ci siamo adeguati alla mentalità peruviana e contrattiamo a più non posso anche per pochi soles (moneta locale) di differenza. Per cronaca 1 sole equivale a 0,26 centesimi di euro circa.
Cambiamo ‘quartiere mercato’ e andiamo a “Gamarra” specializzato in scarpe ed abbigliamento prevalentemente femminile. Il caos è identico ma ci si sta facendo il callo. E’ l’ora di pranzo che viene intesa in modo piuttosto ampio, da poco prima di mezzogiorno a pomeriggio inoltrato. Il cibo per i peruviani è sacro ed è anche il tema di conversazione più diffuso per cui anche se questi negozi fanno orario lungo e continuato, gli addetti non rinunciano a mangiare. In contenitori di plastica portati da casa o molto più spesso reperiti dai ristorantini vicino o anche da venditori ambulanti continuano a lavorare. Si fa per dire perché ho imparato che è meglio non disturbarli quando con appetito e golosità ingurgitano le loro pietanze. Rispondono a monosillabi, visibilmente seccati perché lì si sta importunando in un momento solenne.
Non riesco a trasmettere questa mia convinzione al resto della famiglia che indugia davanti a un negozietto che vende scarpe che in Italia costerebbero il triplo. Nonostante la proprietaria mostri con cortesia i prodotti, gli aiutanti, poco più che ragazzotti, mangiano e scherzano fra loro (gioco di mano, gioco di…), facendo cadere dall’alto delle scatole, una delle quali cade in testa a uno di loro. Non faccio in tempo a ridere della buffa scena alla quale sto assistendo che la stessa scatola (o un’altra forse) piomba su un piatto facendo schizzare la salsina che condisce il cibo. Dove? Che domanda! Centrando in pieno il sottoscritto e di striscio l’occhio di mia figlia maggiore. Questa salsina è molto saporita ma male si accompagna su vestiti e parti del corpo.
Con camicia e pantaloni diventati a pois gialli ce ne andiamo fra i “mil desculpes, señor” della proprietaria.
Arriva finalmente Natale, che qui poi si festeggia, come prevalentemente anche nel sud del nostro paese, la Vigilia. A mezzanotte è un tripudio di voci e scoppi di petardi nelle vie. Il giorno dopo un nostro vicino viene a chiederci come mai non siamo scesi in strada a fare gli auguri a tutti. E chi lo sapeva di questa tradizione? Mi scuso e prometto che alla fine dell’anno non mancherò.
Da noi c’è l’abitudine d’indossare qualcosa di rosso, quasi esclusivamente biancheria intima, per l’arrivo dell’anno nuovo. In Perù invece è l’apoteosi del giallo. Non solo nell’intimo ma ovunque. Nell’abbigliamento in generale, nelle bancarelle dei mercati, nelle ghirlande e collane di carta, nei cappellini fatti in tutte le maniere, anche a forma di boccali di birra (costo medio tre soles).
L’eccitazione è palpabile nell’aria per cui mi sorprendo che arrivato il momento di cenare e iniziare i festeggiamenti, l’atmosfera, perlomeno a casa nostra e negli immediati dintorni è tutto sommato abbastanza tranquilla. Sì qualche botto ma francamente mi aspettavo di più.
Giunge però il momento fatidico: scocca la mezzanotte e sembra che un Russel Crowe, versione peruviana del ‘Gladiatore’ abbia pronunciato la famosa frase. Ovverossia: “al mio segnale scatenate l’inferno!”.
Per un attimo ho un transfer di personalità: credo di essere un inviato di un giornale che sta rivivendo in una sorta di flash back gli attimi dell’attacco aereo americano all’inizio della Guerra del Golfo. Ma è solo un attimo: mi ritrovo non so come per strada abbracciando e facendo gli auguri a persone in maggioranza assolutamente sconosciute mentre tutto intorno è un susseguirsi di scoppi e fuochi d’artificio. Anche in casa l’atmosfera che prima era abbastanza quieta è stravolta dalle salse, merengues, bachate e cumbias che ‘Radio Panamericana’ FM 101,10 trasmette a un volume assordante. Non tento neanche di proporre l’ascolto di ‘Radio Magica’ FM 88,30 una stazione favolosa che propone ininterrottamente musica in inglese degni anni ’60 e ’70 con pochissimi intermezzi pubblicitari. Non solo non verrei ascoltato ma sarei anche vilipeso da questo gruppo di gente che sta ballando in allegria mentre i vuoti delle bottiglie di birra non si contano più.
La mia età e la mia scarsa resistenza fisica m’impongono di alzare Bandiera Bianca verso le 4 del mattino, ma i rumori e i suoni accompagnano il mio dormiveglia almeno fino alle 8.
Dopodiché tutto tace: finalmente la stanchezza ha avuto il sopravvento e la pace regna sovrana.
E’ il giorno di Capodanno! Mi sono perso l’abituale appuntamento con la trasmissione del Concerto da Vienna a mezzogiorno ma sinceramente non me ne sono ricordato e non mi è passato neanche per l’anticamera del cervello. L’avranno poi comunque trasmesso qui alla TV peruviana? Chi lo sa e comunque chi ci pensa? La giornata passa in uno stato semi-comatoso nonostante non abbia ecceduto in libagioni ma come dicevo prima, l’anagrafe è impietosa.
Forse raccontato così, ho dato l’impressione che questa festa sia stato un incubo. Assolutamente: rifarei tutto anche subito. L’allegria di questa gente è contagiosa e soprattutto genuina.


   
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