Domenico De Ferraro
Emerito
Italy
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Inserito - 08/07/2014 : 21:44:12
DITIRAMBO D’UNA NOTTE D’ESTATESalve, serena estate, che di forme e di suoni il cuor s’appaga di piccole emozioni .Salve primavera della vita, salve a voi tutti che adorate questa estetica estate, evasione spirituale, muta nel caldo meriggio portando seco sussurri , suoni di lontane terre , voci diverse nate da confusi idiomi che invadono all’unisono la mente . Melodia discorde , accordata a mille diversi strumenti che accompagnano il proprio viaggio trascritto sui fogli di un taccuino , macchiato d’inchiostro . Guarda mentre l’infingarda ,gagliarda rima esala l’ ultima strofa all’interno del pentagramma , il contrabbasso , la chitarra , il volino elettrico abbandonano l’orchestra , suonando una breve melodia , puerile stornello , fatto di note allegre che tardano a morire , tremule nell’umile canto. Per l’aere puro , l’ eco delle voci mediterranee risuonano ricordo di un duro inverno , momenti eterei , mostro poetico che divora la sua metrica. Isterica al sole ti stendi ignuda tra le dune di sabbia , tra l’onde rabbiose , schiumose , schiaffeggiando i scogli assolati ove bagnanti appisolati ,ammirano l’orizzonte. Disteso su un lettino solo e stanco il giovane in riva al mare insegue la voluttà ,il piacere di una immagine, sconvolto ,osserva estasiato i corpi abbronzati d’ alcune formose, distese al sole. Ascoltando musica rap , blues , jazz suonato per strada ed altre questione illogiche del caso claudicante derivazione di desinenza dialogiche , d’origine volgare, sermone semitico per essere ascoltato un po’ da tutti , insieme ad un gruppo di operai in lotta con tante rate da pagare ancora. Ma tu ardevi e non cessavi di sorridere , ti bagnavi ignara nell’acqua felice , andavi a largo ,nuotavi , cheta, nera rimuginando chi sa , quale vendetta , idee ribelli frutto di sacrifici e quant’altro si voglia scoprire dietro la comune morale . Fermo al semaforo con un libro in tasca , impaurito da cronache d’ordinaria follia ,storie di angherie di crimini commessi , varie estrapolazione organolettiche d’una grammatica sequenza di frasi scurrili pronte per essere buttate nel forno ,cotta , la pizza fu subito pronta e mangiata una volta giunto a casa. T’alzasti immemore, incurante del conto e del torto di quel male antico portato in mostra per calli e viottoli nel profumo del mosto, mentre il mostro tramava dietro la vigna. Grandi eri lussuria , umbra brama circense , scoppiettante in mugolio di piacere , nascondevi le tue parti intime dea del focolare. L ‘ora giungeva incredula, impura bramando orge e genuflessioni varie voltavi pagina approfondendo altre tematiche sociali e sessuali. Menando a quel paese l’autore di questo strambo ditirambo . La mente s’elevava verso altre congiunture ed altre filosofie perseguibili , identiche nella logica dello scrivere e del leggere dell’ essere sapiente o ignorante , stressato autore , ingrato sogno in bilico su d’un filo teso tra due steli. E sulla sabbia disegnavi calligrammi , immagini surreali , piegavi in quattro , piccoli fogli di carta per farne barchette per navigare infine sul grande mare tenebrarum. Meditando il nome tuo l’aspetto di te padre dolente , semitica esistenza , flebile ricordo riflesso in un subconscio alienato, prigioniero dentro questa vile esistenza. Musica orchestrale , punk dalla cresta colorata , depresso per fine dentro al cesso. Espressione ipocondriaca frutto del dialogo urbano ,in preda ad un delirio ,figlio dell’ accidia e della scopereccia cinciallegra amica d’una battona orba e zoppa. Ed il vento porta via l’odore dei pini , donando nuove arie per una altra vacanza senza speranza , accompagnato dalla chitarra d’un ipocrita hippy ,ippocratico cantore dell’abisso pesci e meduse, ossi di seppia trovati in riva al mare. Ragionando del male e del bene , duole l’animo ed il ricordo tenero dei giorni addietro oltre quello squallido muro di convenzioni , fiume ideologico di false correnti politiche. Demenziali lacrime, scivolanti sul pallido viso , verso un buco profondo fino al centro della terra , li spingere in giù demoni e dannati. Andare, urlare , riportare indietro te amore per placare in me , questo dolore. Tu perduta beltà , seduta sotto l’ombrellone circondata da corpi abbronzati , erettili e circonflessi presagi , oscuri moniti dal vago nome simile ad Ermione Dea della torrida estate romana. Ardente estate che brucia l’esistenza inversa. Simulacri borghesi, costumi e altri indumenti. Pose, aspetti cruciali , circuite emozioni matrimoniali. Lunghe spiagge affollate ove ella si bagna nell’acqua chiara, corpo rotondo , perfetto ,provato dal lungo freddo inverno . Fisiche congiunzioni , breve pennichelle fatte nel romantico meriggio , ascoltando un concerto di cicale e di grilli canterini. Ma tutto ciò poco s’accorda allo scrivere ogni cosa ruota risentita sotto il peso degli anni , sballati , solfeggi rime e ritmi , villanelle e ritornelli digrignando il muso l’aspetto offeso nel sole di giugno funge la speme, mentre muore la mitica semenza itala. Ella venne dopo l’eletta. Ella venne dopo il dolore dell’inverno, dopo i cupi etici pensieri. Ella ignuda in cerca di se stessa . Una lunga spiaggia ,congiunte coste diverse, ove l’onda ritorna a riva irascibile ,schiumando con mille bollicine , chiacchierando con i gamberi bagnanti . Relitti concetti lasciati andare alla deriva verso il breve vivere di questa nuova estate. Giorni diversi votati ad altre imprese , riscoprendo il gusto di narrare novelle nella fresca sera sotto le stelle , strabuzzando gli occhi , lasciarsi andare , ascoltare le voci del mare , della terra del cielo , ascoltare il canto degli eroi degli dei , partiti per le vacanza come il resto del genere umano pagando il parcheggio, la discesa al lido, l’affitto dell’ ombrellone mangiando sulla spiaggia , angurie e panini senza mai distogliere lo sguardo sui pargoli che corrono sul bagnasciuga , giocando con palettine e secchielli. Laudata sii dolce estate. Laudata sia il canto dei tuoi figli ,il mare , i monti, la natura intera. Laudata sia questa forza , questo piccolo amore terreno. Laudata sia la fonte di questo bene profondo , nell’ intenso mio lasciarmi andare in questa notte d’estate.
TextDOMENICO DE FERRARO
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