riccardo resconi
Senatore
Italy
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Inserito - 03/09/2017 : 20:56:23
La Taverna di Donna Flora (una storia nella storia)-Si accomodino signori, si accomodino Qui buon cibo, buon vino e buone storie da ascoltare- Un ritornello continuo quello di Mastro Andrea Cercando di attirare cavalieri e carrozze che transitavano lunga la Via Francigena Sventolava in aria e sui musi dei cavalli un fazzoletto, riportante i colori dello Stemma della Taverna Una Donna con un abito rosso, avvinghiata da un serpente, che lei teneva ben saldo al collo -Abbiamo un buon novello rosso e carni, le più buone della Toscana Venghino signori, venghino!- La Taverna era molto frequentata, si mangiava e beveva davvero bene Ma era Donna Flora la protagonista Moglie di Mastro Andrea, era una cuoca sopraffina La sua Taverna era decorata con tende ricamate da fanciulle avviate all’arte E la pulizia regnava tra i banconi di rovere e le sedie impagliate Avevo fatto quel percorso migliaia di volte con la mia carrozza ed i miei fidati quadrupedi E appena avevo occasione, e i miei clienti volevano riposarsi dal viaggio, amavo sostarci Una volta entrato cercavo sempre lo stesso tavolo, e anche quella volta lo trovai La osservavo dalla mia postazione, quando la porta della cucina era semiaperta Era come una direttrice d’orchestra Spiumava oche in un battibaleno e spalmava oli e spezie come dipingesse tele di un quadro In grossi pentoloni di rame mescolava zuppe di cavoli neri, come una maga, per stregarti coi sapori, unendo gli ortaggi che curava Mastro Andrea Ma il mio piacere maggiore era nell’ascoltare tutte le storie fantastiche che raccontava E rimanevo sempre affascinato e sorpreso che una donna così minuta, che viveva e lavorava in una cucina tutto il giorno, potesse conoscere Una volta che aveva rifocillato tutti i commensali e ripulito le mani sotto la fresca fontana, si asciugava nel bianco grembiule ed entrava in sala Entrava con leggiadria, quasi non toccando terra: non si udivano i suoi zoccoli bianchi fare alcun rumore Salutava con cortesia tutti Non faceva distinzioni di classi sociali La sua semplicità la si leggeva sul viso Gote rosse, accaldate da camini che avevano cucinato selvaggina E la sua cuffia faceva trasparire un ciuffo nero dei suoi capelli, che lei lasciava forse per vezzo Occhi neri e grandi e un sorriso disarmante -Ordunque signori- Disse prendendo uno sgabello e sedendosi sopra, facendolo sparire nella lunga veste -La storia che racconterò a cotante orecchie in ascolto, farà in modo che le vostre anime si possano placare e nei vostri cuori trovar posto allegria- Il silenzio scese nella taverna gradualmente, e i più alticci per l’aver gustato oltremodo del buon vino rosso ricevettero delle grandi gomitate sui fianchi, dai vicini commensali ormai in ascolto -Questa storia narra di Saltarello. Codesto bimbo nacque nella vicina campagna di Siena, da Donna Agazia e padre sconosciuto Gli fu dato il nome Saltarello per puro caso La sorella di Agazia quando lo vide disse: - Guardalo! Balla, si dimena, si contorce, sembra un Saltarello- Quel nome piacque subito. -E così sia! - -L’arrivo di quel bimbo fu una manna, avendo bisogno di braccia per lavorare in cucina, ma anche la sua disgrazia Saltarello si rivelò ben presto uno spirito libero Bighellonando in strada, a volte improvvisando teatrini nelle piazzette del paesino- -Venghino signori, venghino! - -E quando un piccolo gruppo di spettatori si era riunito, partivano le affabulazioni e le storie E piroette con lanci di bastoni di ulivo o palle di pezza arrotolata Uno, due, tre E via in aria, pronte a ricadere con precisione tra le sue mani A volte faceva scherzi, appendendo topi morti a bracarelle (pantaloni) di ignari passanti, che in seguito accorgendosi scappavano a gambe levate Altre facendo volare un bel falcone, donatogli da un vecchio nobile ormai anziano, che aveva fatto ridere a crepapelle con uno dei sui tanti scherzi Lo faceva volteggiare nell’aria e con uno schiocco di dita, il rapace passava sul capo dei tranquilli passanti, rubando loro il copricapo Insomma tutte bischerate, che ad Agazia procurarono discussioni e dispendi di Agontani (monete d’argento) per far tacere il tutto e calmare animi Saltarello è il mio nome! E infilati dei rozzi trampoli, eccolo che camminava, osservando tutti dall’alto in basso E data la sua età, ora non più fanciullesca, osservava, con bagliori negli occhi, i seni delle spettatrici A volte enormi come meloni di stagione, a volte piccoli come pere di una tavola imbandita E ascoltate questa La volta che i suoi occhi si posarono su Donna Letizia, Saltarello diede il meglio di sé Intonando una serenata improvvisata con un liuto Gli occhi dell’uno bevevano quello dell’altro E quando il marito, sopraggiunto, si accorse dell’idillio, successe il finimondo Saltarello quello volta superò se stesso Messo a tracolla il liuto e raccattando i pochi averi che aveva, iniziò a saltare tra i banchi del mercato con una velocità tale, che nessuno aveva mai visto Mentre il marito sempre più affannato e appesantito dalla pancia notevole, cadde rovinosamente in un cesto di uova, facendo una enorme frittata Mentre i fragori delle risate si rincorrevano Quando tornò da sua madre Agazia, la corsa continuò in casa per poterlo castigare a dovere Ma alla fine madre e figlio, entrambi stremati, si diedero una tregua Nella sfortuna, il marito di Donna Letizia, era uomo assai potente E cosi Saltarello dovette partire in fretta e furia, senza meta alcuna Passarono i giorni, settimane ed i mesi E Donna Agazia non riceveva ancora alcuna notizia di Saltarello, aumentando le sue preoccupazioni Ma alcune settimane dopo, una lettera arrivò -Madre mia, non so se mi perdonerai, per tutte le tribolazioni ricevute, ma ho una notizia che spero possa riempire il cuore tuo Ero a Firenze e vagavo nelle strade, improvvisando canzoni e giocoleria, quando una carrozza stava per travolgermi Un cavallo impazzito stava trascinando contro un muro carrozza e conducente La mia follia di certo, ma con un salto sul cavallo, senza pensare alcuno, ha permesso di porre fine a quella dissennata corsa Beh vedi Madre mia, mai cosa più giusta fu fatta La carrozza apparteneva alla famiglia Bonecchi, nobili fiorentini E dentro c’era la primogenita, Donna Beatrice Quel gesto mi ha permesso di avere un tetto sulla testa e avere anche un pubblico che non urini a terra o mastichi tabacco Ho un vestito nuovo e nuovi strumenti musicali e di giochi, per far divertire Sono felice e ora tu puoi esser fiera di me Donna Agazia scoppiò in lacrime di gioia Il suo Saltarello in una casa di nobili Da non crederci Saltarello con gli anni, divenne sempre più conosciuto e affermato Le famiglie nobili lo volevano tutte almeno una volta nelle loro magioni Ma non lasciò mai i Bonecchi La leggenda dice che nacque l’amore tra lui e Donna Beatrice Ma questa è un’altra storia- Quando Donna Flora, riprese lo sgabello, sfilando da sotto la sua lunga gonna, gli avventori erano rimasti ammutoliti Feci il primo battimano E tutti piano piano cominciarono a seguirmi Anche quella volta, quella donna deliziosa aveva incantato tutti Ringraziando si diresse nuovamente verso la cucina, ma prima di vederla svanire la rincorsi E senza proferire parola alcuna, le baciai la mano, per ringraziarla Con un inchino e un sorriso che rapiva lei ricambiò Alla prossima storia disse Ci sarò (patapump )
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