riccardo resconi
Senatore
Italy
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Inserito - 19/11/2017 : 18:37:21
AshaIl vento soffiava caldo tra le strade, facendo mancare il fiato Una casa fatta di mattoni impastati e tetti cigolanti Cucina con forti odori di spezie Un giaciglio dove si dormiva in sette figli Cani che latravano per i morsi della fame E scarichi delle macchine che entravano nella casa, arrossendoci gli occhi Qui era dove vivevo Ma ero felice La mia bambola sempre con me Guai a chi la toccasse Era compagna, confidente, amica Gli sguardi in casa erano fatti di occhi tristi e circondati da aloni neri La fame avrebbe poi portato a scelte che non avrei mai potuto capire Avrei potuto sospettare, quando quella grande macchina nera si fermò davanti la nostra casa L’ospite fu fatto accomodare e versato lui una bevanda fresca, per calmare l’arsura della stagione Il suo sguardo si posò su di me Uno sguardo che pensai tenero, come quello di un adulto nei confronti di una bambina Quando partì via con la macchina, mi rivolse di nuovo lo sguardo, alzando anche la mano in segno di saluto Rientrando vidi dei volti complici e silenziosi Non avrebbero mai potuto trovare parole con un senso per quella scelta Vidi delle rupie sul tavolo Non avevo mai visto così tanti soldi Scelsero loro il mio abito nuziale Era davvero bello Coloratissimo E mi sentivo come una principessa, ma in un gioco fatto da adulti Non avevo però capito cosa ci fosse dietro di grande Ubbidii ciecamente a tutto quello che mi fu detto Quando le feste iniziarono, mi ritrovai cinta con un girocollo raffigurante Shiva Ed un anello al posto della mia bambola I miei capelli nella scriminatura, una striscia di polvere rossa Lo avevo visto altre volte Simbolizzava una donna sposata Si spensero le ultime luci E quando fui condotta nella stanza nuziale, fu la mia prima e vera separazione da ciò che ero La avvertii lungo la schiena Quando entrammo nel letto, non sapevo, non immaginavo I suoi sospiri, gemiti I gesti inconsulti Il bruciore fu misto al dolore, di un marito poco accorto Spossata, caddi nel sonno più profondo E quando mi svegliai, la mano si pose subito dove fui fatta donna Come per proteggerla, lenirla Per dirmi che non sarebbe dovuto più accadere Lo specchio sembrava avesse deformato la mia immagine Non sapevo chi fosse quella riflessa Sapevo solo che lo sguardo di chi mi aveva resa donna, era cambiato Uno sguardo di possesso e distacco Come se il giocattolo desiderato fosse stato preso, e ora solo cercato quando avrebbe deciso lui La mattina dopo riuscii a lasciare la casa senza farmi vedere Percorsi le strade affollate di Patna e arrivai al fiume sacro Mi sedetti a cavalcioni, dondolando le gambe, proprio come la bambina che era in me Passai diverse ore a guardarlo, come dovessi spiegargli prima qualcosa Scesi lentamente, con la paura che mi attanagliava le gambe Immersi un piede poi l’altro Fino al ginocchio e poi fino al busto Mi lasciai andare completamente Le correnti mi portarono via, fino a sparire alla vista della città Quando sentì l’acqua fredda che stava ormai impossessandosi di me, non ebbi paura Lei era sincera e sapeva cosa avrebbe compiuto Quell’uomo invece non lo aveva capito E con lui tutti quelli che ci fanno chiamare “spose bambine” (patapump )
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