Domenico De Ferraro
Emerito
Italy
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Inserito - 26/07/2018 : 21:59:02
DITIRAMBO D’UNA NOTTE D’ESTATESalve, mesta estate, che di forme e suoni il cuor appaga la mente di caste melodie .Salve beata stagione della vita, salve meretrice estate, evasione spirituale, sensuale nel caldo meriggio che porta seco sussurri , echi di lontane terre , voci diverse , nate da confusi idiomi che invadono all’unisono la mente ed il corpo. Salve vita , rassegnata che sboccia cianciosa dentro se stessa che affiora alla mente con un immagine lasciva, suonno strignuto tra le mani , scurrile, piccirillo ,grazziuso , stracco , scannato , pezzentello , scetavaiasse , ammocate questa percoca , alluccanne sotto alla luna non cognure , non tiene la vocca affatata che bella dice parole sincere . Storie d’altri tempi , che vedo affiorare sulla scia d’un elica d’un vecchio biplano che vola quieto nello cielo sereno , universo celeste infinto , rincorrendo , quest’ammore mi sono perduto dentro ad un vico ed un verso sincero. Melodia discorde , accordata con mille diversi strumenti accompagnano il mio faticoso viaggio , trascritto sui fogli di un taccuino , macchiato d’inchiostro . Lode all’infingarda ,gagliarda rima che esala nell’ ultima strofa all’interno del pentagramma , accompagnato da un contrabbasso , chitarra , volino elettrico signore dell’orchestra , suonando una breve melodia tra loro , puerile stornello , fatto di note allegre che tardano a morire , tremule nell’umile canto. Mi beo mi ciancio ,mi strullo , mi vedo chiù niro dello gravone , chiù niro , dello niro , chiù maldestro di un mauriunciello , chiù muorto, chiù bello, chi non risica , non rosica , chi rischia , chi nasce , chi cresce ,chi pasce che brutto pesce dentro questo piatto , fatto al forno con tante patanelle novelle attorno. Nù sciore che cresce , s’ammosce mi struggo d’ammore , un fiotto di sperma , una febbre una figura di ***** , levete a cammesella , bellella balbetta , ballatetta , bagnata di verde ,di giallo, di rosso. Ora vai mesto ammore per l’aere puro , nell’ eco delle voci mediterranee che risuonano lasse nel ricordo del duro inverno trascorso , momenti eterei , mostro poetico che divora chiano ,chiano la sua metrica. Isterica al sole di luglio la bella bagnante si stende ignuda tra le dune di sabbia ,bagnata tra l’onde rabbiose , schiumose , schiaffeggianti i scogli biancastri ove turisti appisolati ,ammirano l’orizzonte. Mentre disteso su un lettino seminudo , stanco il giovane in riva al mare insegue la voluttà del suo tempo ,il piacere di un attimo, travolto dal fato , solo , osserva estasiato i corpi abbronzati d’ alcune femmine toste distese al sole. Ascoltando musica rap , blues , jazz strimpellato per strada ed altre questione illogiche del caso clinico di derivazione anglosassone dialogiche rime , d’origine volgare, sermone politico , orazione funebre, piglia la mazza , vatte lo scemo , sciogli li cani , stregne lo deretano , mettiti in posa fammi una foto , passa poi pensa che stato tutto una finzione in funzione di una rivoluzione guidata da un gruppo di operai in lotta con tante rate da pagare ancora. Ma tu ardevi e non cessavi di stupire , ti bagnavi ignara nelle chete acque , andavi a largo ,nuotavi a paparella , sembravi una ranocchietta , nù purpetiello, rimuginando chi sa , quale vendetta , idee ribelli frutto di dilemmi e quant’altro si voglia scoprire dietro la comune morale . In città tutto tace in molti continuano ad attendere il segnale del semaforo con un libro in tasca , impauriti da cronache d’ordinaria follia , affogati in storie di angherie di crimini commessi , elencati in mistiche trasmissioni medianiche frutto d’una civica morale radiotelevisiva. Grammatica sequenza di frasi scurrili pronte per essere buttate nel forno ,in un istante la pizza fu subito pronta . Saporita , crocante ,sciuliarella , chiena d’olio e mozzarella, basilico e pummarulelle dello piennolo. Ti consolasti nel gustarla una volta giunto a casa. T’alzasti immemore dal tavolo , ubriaco incurante del conto e del torto di quel male antico portato addosso lungo i vicoli profumati d’ incenso , mentre un antico mostro tramava dietro ad un muro , dentro il tuo destino. Grande eri madre lussuria , umbra brama circense , fuoco scoppiettante, travolgenti mugolio di piacere , infedele nascondevi le tue parti intime, dea del focolare. L ‘ora giungeva incredula, impura , bramando amplessi virtuali , genuflessi sistemi elencanti mente elette a grande imprese , incredula , voltavi pagina , approfondendo altre tematiche sociali e sessuali. Menando a quel paese l’autore di questo strambo ditirambo . Cosi la mente s’elevava verso altre congiunture ed altre filosofie elencate nelle imposte statali , identiche nella logica dello scrivere e del leggere dell’ essere sapiente o ignorante , sequenza di versi nati dalla mente di uno stressato , sfortunato scrittore , frutto di un suo sogno in bilico su d’un filo teso tra due steli. E sulla sabbia disegnavi calligrammi , immagini surreali , piegavi in quattro , piccoli fogli di carta per farne varchetelle per poi navigare incolume, padrone sul grande mare tenebrarum. Meditando il nome tuo , l’aspetto di te padre dolente , semitica essenza , flebile ricordo riflesso in un subconscio alienato, prigioniero dentro questa vile esistenza. Sconvolto in questa musica ancestrale , punk dalla cresta colorata , depresso per fine dentro al cesso. Espressione ipocondriaca frutto del dialogo metropolitano ,in preda ad un delirio medico ,figlio dell’ accidia e della scopereccia cinciallegra amica , d’una battona orba e zoppa emigrata da Milazzo in continente per vie traverse . Ed il vento portava via l’odore del mare inquinato , donando nuove sensazioni ,migranti per una altra vacanza dalle mille speranze , accompagnato dalla chitarra d’un hippy ,ippocratico cantore dell’abisso, pesci e sirene , ossi di seppia arrostiti in riva al mare. Ragionando meco del male e del bene , mi duole l’animo ed il ricordo tenero dei giorni passati oltre quello squallido muro di convenzioni ,fiume ideologico di corrotte correnti politiche. Demenziali dialoghi , lacrime scivolanti sul pallido viso , verso un buco profondo fino al centro della terra , ove vivono demoni e dannati. Andare, urlare , riportare indietro te amore per placare in me , questo dolore. Tu funesta beltà , seduta solo l’ombrellone circondata da tanti corpi abbronzati , erettili e circonflessi presagi , onniveggenti dal vago aspetto ,carnale , mitica eterna Ermione . Dea della torrida estate romana. Oh Ardente stagione bruci l’esistenza inversa. Presagi funesti , infelice speme, discorsi confusi , modi e altri indumenti. E lunghe spiagge affollate ove ella si bagna nell’acqua chiara ,il suo corpo sodo, rotondo , perfetto ,provato dal lungo freddo inverno . Rimembra fisiche congiunzioni , breve pennichelle fatte nel romantico meriggio , ascoltando un concerto di cicale e di grilli canterini. Ma tutto ciò poco s’accorda allo scrivere improvvisando ,ogni cosa ruota risentita sotto il peso degli anni , sballati , solfeggi rime e ritmi , villanelle e ritornelli digrignando il muso ,offeso nel sole estivo fugge ignuda la gente , mentre muore la mitica decenza . Ella venne così dopo l’eletta. Venne dopo il dolore dell’inverno, dopo le cupe etiche riflessioni personali. Immensa in cerca di se stessa . Sola lunga una spiaggia che congiunge coste diverse, ove l’onda ritorna a riva meditando il mal subito ,travolgendo i bagnanti con mille rifiuti d’ogni tipo che chiacchierano tra loro con arrabbiati bagnini. Relitti concetti lasciati andare alla deriva verso il breve vivere di questa eterna estate. Giorni diversi votati ad altre imprese , riscoprendo per un attimo il gusto di narrare novelle nella fresca sera sotto le stelle , socchiudendo gli occhi , lasciarsi andare , ascoltare le voci del mare , della terra del cielo , ascoltare il canto degli eroi degli dei , partiti per le vacanza come il resto del genere umano. Pagando il pedaggio , la discesa al lido, l’affitto dell’ ombrellone mangiando sulla spiaggia , angurie e panini senza mai distogliere lo sguardo dai pargoli che corrono sul bagnasciuga che giocano con palettine e secchielli. Laudata sii dolce estate. Laudata sia il canto dei tuoi figli dispersi in questo mondo ed oltre ,il mare , i monti, la natura intera. Laudata sia questa immensa forza , questo piccolo amore terreno. Laudata sia la fonte di questo bene profondo , nell’ intenso mio verseggiare in questa breve notte d’estate. [ DOMENICO DE FERRARO
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