riccardo resconi
Senatore
Italy
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Inserito - 26/01/2020 : 20:49:02
Lettera ad una bambola (27 Gennaio)Vedete bambini, anche alla mia età, si può ancora pensare alla propria bambola Stasera ero un po' triste, e così mi sono seduta al tavolo della cucina Ho preso una matita ed ho iniziato a fare cerchi sulla carta Sembravano dall’alto dei grandi covi di fieno Come per ricordare tutte le stagioni trascorse e tutto ciò che i miei occhi avevano visto Guardando poi la poltrona vuota, mi è venuta in mente come dicevo, la mia bambola Non ho avuto mai il coraggio di ricomprarne una nuova Troppo tristi erano i ricordi a lei legata Ma con la saggezza o la serenità dell’adulto, stasera ne avevo voglia di parlare E tutti quei covi disegnati erano dove fossi stata e di quante cose avessi visto Ero davvero piccola, dieci anni Abitavo in una casa di Vienna molto umile Mia madre era una maestra e mio padre il rabbino del quartiere Ero l’unica figlia, e cosi a volte ne approfittavo anche della loro pazienza Insomma, una famiglia felice Nel giorno del mio nono compleanno, ebbi un regalo Una bambola Quando la vidi, con quel visino bianco di fine ceramica, domandai se fosse malata Ma mi rassicurarono, raccontandomi che il volto bianco e così delicato era dovuto al suo rango Era una principessa della Carinzia Non feci altre domande ed iniziai a chiedermi che nome avessi potuto dargli Stetti una notte intera a pensarci, e solo nel pomeriggio del giorno dopo, ebbi il motivo di chiamarla Jana Passavamo giornate intere a raccontarci E la sera, prima di coricarsi, quando la mia mamma pettinava i miei capelli, io pettinavo i capelli di Jana Fu una mattina che accadde Enormi camion, carichi di soldati, iniziarono a far salire intere famiglie Nessuno sapeva cosa volessero ne dove ci portassero Ne tantomeno una bambina come me Quando fermarono i camion era ormai notte fonda Eravamo tutti ad una piccola stazione, dove il freddo si univa alle luci dei proiettori che illuminavano quella notte Per metterci in fila, dei cani che latravano come impazziti, mostravano i loro denti aguzzi E nessuno era in grado di poterli sfidare Anche qui ci fecero salire su enormi convogli merce, che puzzavano a tal punto da bruciarti il naso e lacrimare gli occhi Viaggiammo per due lune, tutti uno attaccati all’altro, per farci coraggio e darci calore Stringendo la mia Jana, con tutta la forza che possedessi, rincuorandola e di non aver paura Ricordo che mi affacciai la mattina dalla grata, perché volevo vedere fuori, e mio papà mi sollevò con le poche forze che gli erano rimaste E vidi la neve nei campi, gli alberi spogli delle loro foglie, e nessuna presenza di uomo Una brusca frenata del treno, come se stesse per deragliare, fece sobbalzare tutti Quello fu il segnale che fece rizzare tutti in piedi Dove le labili speranze stavano cedendo il passo alla paura Di quelle dove non sai cosa succederà Le grida dei soldati e dei loro superiori spaventarono a morte l’interno treno Scendemmo in questo enorme campo, vedevo del filo spinato e tante baracche Mi aggrappai alla gonna di mia mamma E tentai di trattenere per la giacca mio padre, che invece portarono in una fila di soli uomini Quei soldati parlavano una lingua dura e incomprensibile per me Ma facevano ben capire cosa volessero da noi Dopo essere entrati in queste baracche ci fecero spogliare dei nostri vestiti e ci fecero indossare divise a righe Avevo nascosto ben bene Jana, per evitare me la portassero via Ma quella mia prova di coraggio fu punita pochi giorni dopo Il giorno che ci tagliarono i capelli, si accorsero dei lungi capelli biondi e a treccia di Jana che spuntavano dalla branda Piansi tutta notte Un pianto di rabbia mista a paura e dispersa nell’aria La portarono dentro una baracca, dove avevano messo tanti altri oggetti di tutte quelle anime di quel campo Ogni momento pensavo a lei Se avesse freddo, se avesse mangiato, di come la trattassero E quando con gli altri bambini del campo, a volte eravamo fuori dalle baracche, gettavo sempre uno sguardo verso la mia Jana Sono certo che lei sapesse fossi lì fuori E che aspettava solo che la andassi a prendere per giocare un po' Ma questo non accadde per molto molto tempo Un giorno, che oggi chiamiamo “il giorno della memoria”, dei soldati ci liberarono All’inizio avevamo paura anche di loro, ma quando aprirono tutte le porte, capimmo che era finita O in fondo qualcosa stava per iniziare Corsi lentamente verso la baracca dove era la mia Jana, ormai senza forze Ma la trovai completamente vuota Pensai la avessero rubata, forse per darla a qualche bambino dagli occhi azzurri, che avevo visto al di là del recinto Ma la mano debole di mia madre sulla spalla, mi portò subito alla realtà dei miei tredici anni Diedi un ultimo sguardo a quel campo dove la mia bambola mi aveva tenuto compagnia, anche se a poche baracche da me, senza poterla vedere neanche mai una volta Mi aveva dato la forza di poter sostenere tutto quello che avevo visto e sentito Era stata la mia piccola fiammella accesa Quando la notte nella branda, in silenzio, gli raccontavo quello che avevo fatto il giorno, sentivo di non essere mai stata sola In tutta questa piccola storia, ho potuto farvi capire solo una parte del dramma avvenuto E anche, di come, tutti quegli uomini vestiti di nero, avessero avuto paura anche solo di una bambola Al punto di gettarla lontana da me Ma non dal mio cuore MI chiamavano 147896 Il mio nome è Katrin e la mia bambola Jana (patapump )
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