LE VISIONI DELL’ORCO VEGETALERacconto Fantascientifico di : Dino Ferraro
Riccardo era cresciuto nell’immaginare altri mondi ed altre dimensioni possibili , un tipo segaligno dalla poca barba sul viso segnato da tante piccole rughe allineate all’incontrario nel senso di una vita spesa a fare il commerciante di galline bioniche , il portapacchi di cervelli informatici , il fattorino underground . Aveva anche lavorato in una birreria di alieni ortodossi , facendo l’ operaio per mille euro al mese. Era un disgraziato o forse la disgrazia gli era sempre stato attaccata alle calcagna , qualcuno diceva che con una costola in meno avrebbe potuto essere un fenomeno da baraccone. Ma Riccardo era caparbio come un bolide solcava l’universo , correva , andava dove gli pareva e mai si curava di chi lo inseguiva. Quando dopo una giornata di lavoro rientrava a casa riassaporava il segreto delle cose casalinghe, la sua comoda poltrona, la sua magica televisione , dove poter viaggiare con la fantasia verso dimensioni surreali . Avventure virtuali dove si manifestavano tutta l’ indisciplinata chiaroveggenza di una realtà fenomenica . Se il mondo era stato distrutto, per poi rinascere dopo una guerra nucleare già per ben tre volte questo non conduceva Riccardo a trarre conclusioni affrettate di cosa fosse capace la logica umana abbinata ad una logica aliena.
Il suo attuale lavoro all’istituto di commercio era ben pagato ed il viaggio di ritorno , verso casa era piacevole come il vento che passa e ti porta verso altre dimensioni surreale. Riccardo era un duro, un uomo tutto di un pezzo e forse qualche rotella gli mancava , ma questo faceva parte del gioco del dare e dell’avere. Riccardo , rammentava come era un tempo, quando giocava con le galline elettriche nella fattoria dello zio Piero , le inseguiva mentre queste correva a più non posso cosi le galline mettevano la marcia , pigolando, arrivavano dove tramonta il sole , nella luce di un odissea di forme che divenivano concentriche , psichedeliche, forme estreme della vita generanti altra vita ed altre storie. Una psiche instabile quella di Riccardo retta dal caso insolito dal giudizio interiore. La fredda luce del mattino lo colpì mentre entrava in casa e posò la sua borsa contenente tutti i documenti occorrenti per intentare causa ad una società di robot sabotati dalla critica televisiva avversaria . La prima cosa che fece fu dirigersi lesto fuori al balcone ad annaffiare i suoi amati fiori , innesti alieni provenienti dal pianeta Kronos dove regna perpetuo il caos e le persone non sono persone normali , come speri di trovarli al supermercato , sotto casa o andando all’edicola a comprare il giornale. La vita su Kronos è una illusione metafisica , una visione distorta della realtà e quei fiori erano il frutto di quella terra , lontana milioni di anni luce dalla terra . I fiori dai teneri petali si aprivano all’incanto del sole, sbocciavano, eliotropi , con i loro teneri germogli al tiepido sole della terra. L’intensa luce solare li eccitava ed i fiori divenivano dopo un po’ al sole festosi ,incominciavano a saltare dal vaso , facevano l’inchino a loro padrone ed altre strane cose iperboliche.
Non esiste soddisfazione cosi grande come quella del creare del vivere dell’assaporare il giusto senso dello scorrere degli attimi psichici che uniscono la forma dell’esistenza alla primordiale ellittica conclusione di un ciclo caotico di forme e contenuti , generanti un simulacro pietistico di sentimenti umani. Una lunga serie di fatti irreali e decadenti nell’intendimento generico su generis creante una simbiotica forma esistenziale. L’atto creativo emerge nell’attimo in cui noi deduciamo il tempo trascorso nell’idea della vita in se legata allo scorrere di un tempo mnemonico ove non ci sono avvisi, soste ove tutto scorre nell’immaginare nel creare una volontà che ti conduce verso il divino. Sul lavoro Riccardo era un metodico , anche se per tutta la sua vita passata , ne aveva passate di cotte e di crude , brutte e belle , intrise di nefasti introiti di inghippi tragici e congiunti a quella sequenza ordinaria di cose su dette. Poiché Riccardo era un visionario un tipo fuori dal normale e le sue prime visione li ebbe in età pediatrica quando già bimbo in braccio alla madre vide trasformare un vaso di fiori in un serpente . E quell’allucinazione poi del padre che divenne un orso mentre lo prendeva in braccio lo fece cosi impaurire che pianse cosi tanto da sgolarsi.
Povero piccino vieni dalla mamma
Forse il piccolo ha fame
Gli dò un po’ di latte
Eccolo vizialo
Ma dai caro e latte mio materno gli fa bene
La società va avanti, progredisce e tu gli dai ancora il tuo latte.
Credo tu adesso stia esagerando
Non esagero ieri un professore diceva che il latte materno contiene tracce di un vissuto psichico materno che potrebbe influire sulla crescita del neonato
Stupidaggini per millenni noi mamme abbiamo allattato i nostri piccoli
Ma ti sto dicendo la verità
Non voglio sentire queste baggianate
Li vuoi chiamare fesserie , ma restano assiomi scientifici
Faccio finta di non aver capito
Si però non inchinare troppo la testa al piccolo potrebbe affogarsi.
E’ un ingordo
Uguale alla madre
Ti sbagli è identico a te.
Sarà, ma io non sono una fotocopiatrice
Riccardo aveva sempre avuto paura di essere un replicante incallito forse in verità aveva paura d’immaginare un altra vita possibile. E quei fiori che annaffiava con tanta cura , crescevano a dismisura erano fiori magici , incantati. Capaci di divenire strane forme, oggetti, irreali, una lunga scia di fiori la quale creavano una strada fiorita che conduceva verso il cielo. Quell’ammasso di vegetali, aveva preso forma di un razzo , di un areo , di un mostro dalle tante bocche, pronto ad aprire le fauci ed ingoiare tutta la realtà circostante , un fiore , un vegetale vivente pensante , capace d’ intuire cosa stessi facendo , come lo stessi facendo . Quell’essere tutto verde era capace d’ avvertire il male circostante , crescere a dismisura . In quella piccola serra , dove veniva annaffiato ogni giorno, l’essere mostruoso prendeva aspetto di ogni cosa possibile ed era incredibile vederlo trasformarsi in cosa sarebbe potuto divenire . E quando disse le prime parole . Riccardo rimase meravigliato immobili con l’annaffiatoio in mano avrebbe voluto fuggire ma non ebbe la forza di farlo.
Salve come ti chiami disse l’essere vegetale muovendosi come fosse un lungo serpente verde
Riccardo dondolò la testa strinse l’annaffiatoi e disse :
Mi chiamo Riccardo sono colui che ti annaffio
Bene facciamo amicizia ?
Come no l’amicizia è una cosa seria
Lo dici a me , non sai da quando ti curo, ti annaffio ti ho portato pure a spasso quando eri un piantina.
Che bello rammento quelle passeggiate ecologica quasi biblica
Sei il risultato di tante guerre nucleari.
La guerra che brutta cosa sul nostro pianeta non ci sono guerre , si fa l’amore tutti i giorni .
Anche qui se per questo, un giorno si , un giorno no.
Forse è stato il troppo amore a condurci alla rovina
Sei bello
Tu più bella di me
Sei simpatico , sono un maschio
Piacere Caterina
Non sapevo ti chiamassi Caterina
E il nome di mia nonna
Io Riccardo come mio padre
Hai un padre ?
L’avevo ora non so che fine ha fatto
La vita gioca brutti scherzi
Lo puoi ben dire
Che bello conoscerti come sei grassoccio
Anche tu sei grassoccia e che denti aguzzi che hai
Vedere una pianta prende forma di un essere umano mette un po’ di timore, una certa intolleranza di cosa si possa divenire nella sostanza delle cose , mostri, creature fantastiche che si muovono nell’oscurità dello spazio siderale . Esseri insoliti provenienti da lontanissime galassie dopo aver viaggiato nella dura scorza di asteroide ,aver solcato universi sconosciuti , attraversato notti interminabili , stagioni dopo stagioni tramutandosi in esseri pluricellulari contribuendo cosi a creare una nuova civiltà , una nuova storia sul pianeta terra.
La forza primordiale che animava lo spirito della creatura sempre verde era impressionante , poiché ella era capace di tramutarsi in mille forme , prendere le sembianze di chiunque gli fosse accanto. Una creatura simile pensò Riccardo ti può far diventare tanto ricco che non avrò più bisogno di nessuno. Il mondo mi acclamerà come salvatore ed inventore , glorificandomi , mi osannerà come colui che stato capace di creare un legame terreno con le creature proveniente dallo spazio. E la logica della creazione , cambia ogni momento conduce verso una nuova ragione ed un nuovo concetto dello spazio e del tempo.
Quella creatura fantastica era capace di cambiare il corso degli eventi di generare nuove dimensioni vegetali di rendere le cupe strade della citta in luoghi sempre verdi, dove poter andare a passeggiare. Un mare di verde , tante piante ,antropomorfe che s’arrampicano , crescono , verso l’alto, vanno verso il cielo , sopra i palazzi , attraverso i cunicoli stradali , entrano nelle case, nei pubblici uffici , creando cosi un mondo diverso una dimensione parallela dove i vegetali reagiscono alla realtà imperante, soggiogando la dimensione onirica .
Riccardo era miope , tanto miope che non riusciva a vedere con limpidezza il mondo circostante , quella sua miopia lo costringeva a guardare l’universo dal suo punto di vista . Quel giorno dopo lavoro Riccardo non ritornò subito a lavoro con la sua navicella spaziale sorvolò l’intera metropoli , si posò su un grattacielo e si mise ad ammirare lo sconfinato scenario biblico della metropoli , infestata da strani alieni , esseri pluricellulari , strani animali pensanti che tramutavano ogni cosa che toccavano . Riccardo era un visionario, era capace di vedere e attraversare dimensioni surreali , capace di parlare con esseri e creature , frutto della sua fantasia. Riccardo era un veggente e poteva viaggiare nel tempo .
Potrei essere in ogni luogo, potrei vivere mille avventura ma la realtà effettuale mi frena , mi costringe a scendere da questa navicella a solcare l’indefinito , l’attimo successivo di una morale senza domani . Io m’abbandono alla sorte e viaggio con la mia fantasia, mentre i tanti mostri della mia coscienza prendono vita si trasformano in mostri orrendi frutto della paura e rassegnazione. La citta mi si stringe intorno, mi rende partecipe di una dimensione fisica ove quello che io credevo possibile diviene un algoritmo informatico trascendente la mia azione . La mia vita è un nulla , un tutto che prende forma dall’immagine in simbiosi con questo mostro vegetale proveniente da chi sa quale lontanissima galassia. Io mi rigenero nell’auto creazione, nell’azione irreversibile dell’atto puro racchiudente in se ogni sapere. Ogni principio ed ogni fine , ogni bene ed ogni amore vive in una dimensione psichica che frutto di una creazione onirica subconscia di una scienza inesatta di una filosofia decadente , una storia intollerante ove un mare di parole si muovono nel dormiveglia , nella tremula ora nell’alba chiara illuminante la mia mente in preda a mille visioni surreali. E proseguo il mio viaggio nell’onirico in questo spazio ove nasce e cresce ogni cosa impensabile e la bellezza anima il mio vivere le mie parole taglienti appuntite come matite che si trasformano in semafori allucinanti in strade pericolosi percorse da comitive di alieni ubriachi travestiti da orchi vegetali.
DOMENICO DE FERRARO