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 Nascita di un supereroe : Strudelman
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Roberto Mahlab
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Inserito - 19/08/2021 :  11:09:52  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

Io ero una persona comune e, proseguendo per una strada senza infamia e senza lode, avevo anche trovato un lavoro comune : svuotavo i cestini e spolveravo la scrivania dell'ufficio della mia azienda gestita dalla mia segretaria. Una sicurezza alzarsi al mattino e essere consapevoli che non succederà nulla e che al massimo mi potrebbe essere chiesto di pulire i vetri delle finestre e di annaffiare le piante sul terrazzino. Eppure a volte il senso di protezione che avvertivo veniva scalfito dalla visione della vita degli altri, quando andavo in giro per la città, di solito al buio della sera, affinché nessuno potesse notare che io ero solo una persona comune, senza doti. Mi piaceva sbirciare dalle vetrate esterne dei locali, così tante persone allegre, sedute attorno ai tavoli e che ridevano e scherzavano, tutte persone che mostravano tante qualità, sicure di sé, quante volte attraversavo chilometri di vie illuminate e attorno tanta gente e io ci scivolavo in mezzo, senza che neppure mi notassero. A volte al cinema mi immedesimavo nei supereroi, solo quei film andavo a vedere, per non abbattermi alla visione dei film intellettuali o romantici. Il grido che smorzavo in gola quando Peter Parker, uno studente comune dalla vita comune, si accorge di essere Spiderman e poi i mutanti della serie di X-Men, tutte persone che si accontentavano di vite comuni e all'improvviso trovavano la nemesi nella scoperta di poteri straordinari. Quando uscivo dal cinema mi fissavo le mani, in attesa che ne venisse fuori una tela di ragno oppure delle lame metalliche al posto delle unghie, come Wolverine. Ma nulla di tutto questo succedeva e tornavo a casa a testa bassa, non rivolgendo apposta gli occhi verso le luci, le voci. E poi il mattino dopo accettavo volentieri la mia sorte, quello che ero capace di fare, mi faceva sentire sicuro.

Poi ho visto qualcosa, sui banconi del supermercato, in cui passavo i pomeriggi dopo il lavoro in realtà solo per far passare il tempo , una confezione di pasta sfoglia con sopra il disegno di un dolce, la memoria all'improvviso mi portò via, a quel raro giorno di sole che avrei sempre ricordato come qualcosa di speciale anziché di normale, un profumo avvolgente, il coraggio improvviso di entrare in un locale, la timorosa richiesta ad una cameriera e poi ecco, di fronte a me, uno strudel alle mele. Quel giorno ringraziai di essere vivo e lo portai sempre con me. Anche io avevo avuto qualcosa.

La testa che si scuoteva, il ritorno alla realtà, il bancone del supermercato, nella mia mano la confezione di pasta sfoglia. E successe qualcosa, persi il controllo di me stesso, una sicurezza mai avvertita, di bancone in bancone le mie mani si muovevano da sole, tanti tipi di frutta, nocciole, pinoli, pistacchi, uvetta e poi cannella, zucchero di canna, zucchero a velo, miele. E quando mi avvicinai alla cassa gli altri acquirenti si fecero da parte e la cassiera mi osservò con sguardo di ammirazione e io mi sentivo forte, completo, parte del mondo. E i miei vestiti, erano scomparsi e avevano lasciato il posto ad una specie di tuta, del colore della pasta sfoglia ripiena e ricoperta di zucchero a velo con una grande "S" al centro del petto.

E nella cucinetta dell'ufficio l'essere che si era impadronito di me, ovvero il mio io che si era palesato, preparò otto strudel. Uno alle mele, uno alle pere e cioccolato, uno alle fragole, uno ai fichi, uno ai meravigliosi datteri israeliani, uno alle prugne, uno alle amarene, uno alle arance. Ed eccoli, uno accanto all'altro e mi chiesi se fosse tutto finito così. Non li assaggiai neppure. Sarebbero rimasti lì, per sempre o meglio fino a quando fosse venuta l'ora di gettarli via.

Il mattino dopo la mia segretaria li vide e me ne chiese un pezzetto, un pezzetto di ogni strudel e dopo averli gustati come fossero stati ambrosia celestiale, levò lo sguardo verso di me ignorando il telefono che squillava per un affare di importanza planetaria e mi sussurrò :"buonissimi". E non mi chiese di svuotare i cestini.

Suonò il campanello della porta di ingresso, era il nostro tecnico del computer, non si sedette neppure, mi chiese di assaggiare gli strudel, tutti e otto e poi chiese altre otto fette.
Arrivò mia sorella e gli otto strudel si ridussero ormai a otto mezzi strudel.
E poi venne un vicino, doveva parlarmi del garage, ma si fermò a mangiare gli strudel e poi ne chiese un poco per la sua famiglia. E la famiglia mi scrisse poco dopo per dirmi che erano deliziosi.
E così continuò e in poche ore gli otto strudel non c'erano più.

Certo voi che leggete avrete riconosciuto l'inizio della trama del film della Marvel, "La leggenda degli otto strudel", che narrava la mia vita, da persona comune a supereroe di tante avventure, da escluso, a invitato d'onore dappertutto.

Perché io sono Strudelman.

Roberto Mahlab -I racconti dell'ufficio


   
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