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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Davanti alle ninfee (una favola d'amore)
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Mariùs
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Inserito - 18/03/2003 :  13:41:36  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Mariùs
Davanti alle ninfee

Quel giorno a Venezia, alla mostra dei dipinti di Claude Monet, non c’era l’abituale affluenza delle domeniche precedenti.
Un caldo sole primaverile aveva spinto altrove molti potenziali visitatori e le sale non presentavano la consueta ressa che, da tempo, caratterizzava l’esposizione, dando in questo modo a Musetta la possibilità di soffermarsi più a lungo su ogni quadro.
Quando giunse davanti alle “Ninfee” si arrestò.
Quel dipinto la stava turbando a tal punto da percepire i battiti del cuore aumentare progressivamente, come se la tela volesse rivelarle qualcosa di particolare e lei vi fosse arrivata a contatto senza accorgersene, proprio al termine dell’itinerario.
Si trovava a circa due metri dal dipinto e i suoi occhi cominciarono a penetrare meravigliati nell’intimo dell’opera del grande maestro francese, cogliendo, una per una, le colorate sfumature che nelle mille gradazioni di blu rappresentavano il piccolo stagno dove i fiori fluttuavano come farfalle su un prato.

L’uomo giunse alle sue spalle, silenzioso, non c’era stato alcun preavviso intorno ma lei percepiva distintamente la sua presenza.
Era fermo, immobile anch’egli, a pochi centimetri soltanto.
Musetta colse distintamente un delicato profumo di lavanda, lo stesso, annusato qualche giorno prima, nel solito negozio di profumeria e che le era rimasto attaccato alle narici per giorni e che l’aveva fatta sognare.
Ora capiva che non era un’allucinazione.
Lui avanzò di un passo al suo fianco, concentrato ad osservare il quadro.
Senza farsi accorgere, Musetta volse il viso nella sua direzione e ne intravide la sagoma.
Portava i capelli piuttosto lunghi e indossava una giacca di pelle nera sopra ad un paio di jeans del medesimo colore.
Ad un tratto l’uomo fece un passo verso il quadro, si tolse gli occhiali per meglio rilevarne i particolari, poi emise un sospiro e si voltò.
“E’ incantevole”, sussurrò indirizzandosi a Musetta, “ogni volta è come se mi soggiogasse e resto stregato ad osservarlo per ore.”
Adesso l’uomo era proprio davanti a lei e poteva osservarlo con maggior precisione.
Era tale e quale se l’era immaginato tante volte, troppe volte forse, nelle mille e più occasioni che l’aveva pensato.
Aveva il volto abbronzato e dagli occhi scuri e profondi pareva osservarla con un’intensità incredibile, tale da incuterle timore.
Musetta, intimidita, abbassò per un istante lo sguardo.
Un leggero sorriso gli era apparso sulle labbra ed un’inusitata dolcezza scaturiva dall’espressione trasognata, come se la bellezza del dipinto si fosse spostata dal quadro al volto della donna.
I loro occhi s’incrociarono per non più di un istante, ma in quel brevissimo attimo il tempo si fermò e sulle loro pupille apparve simultaneamente una miriade d’immagini identiche in un’interminabile sequela..
Poi, una nebbiolina impalpabile cominciò a velare ogni cosa e fu allora che l’uomo si chinò e raccolse da terra una piccola, elegante agendina dalla copertina nera..
“Signora, forse le è caduta questa,” disse porgendogliela.
Musetta era sconcertata e senza accorgersene, allungò la mano per prendere il piccolo oggetto.
“Grazie”, sussurrò, intanto che le forze parevano abbandonarla.
Le loro mani, per una frazione di secondo, si sfiorarono mentre uno strano calore sembrava avvolgerla, diffondendosi tutt’attorno.
La sala era scomparsa, come trasportata in un luogo magico, dove le pareti parevano dissolte, lasciando al loro posto alberi e fiori, piccoli sentieri che conducevano ad un minuscolo stagno profumato sul quale le ninfee s’aprivano spandendo odorosi richiami.
Musetta s’incamminò verso l’acqua, poi prese un sentiero laterale e con una breve salita giunse in cima al ponticello di legno che univa le due rive.
L’acqua sotto di lei era immobile e rifletteva l’immagine di una donna diversa, la stessa identica creatura che da anni non era più riuscita a scorgere, dopo averla osservata, mentre contemplava in lacrime l’ultimo tramonto sulla laguna.
Sentì una lacrima sul punto di nascere e socchiuse gli occhi per evitarla.
Istintivamente aprì la borsetta che portava a tracolla per cercare il fazzoletto.
Quando riaprì le palpebre ancora umide, il grande quadro delle ninfee era ancora lì, dinnanzi a lei.
L’uomo se n’era andato e Musetta era rimasta sola con se stessa ed un’inusitata felicità.
Fu allora che si accorse dell’agendina che l’uomo aveva raccolto da terra, la osservò, rigirandola tra le mani.
Non era sua, quell’uomo si era sbagliato.
O forse no.
Una sorta di velata curiosità la spinse ad aprirla alla prima pagina, su cui una scrittura sottile e leggermente inclinata aveva vergato una frase “Mi spaventa perdere il prodigio dei tuoi occhi di statua ed il profumo che di notte mi pone sulla guancia la solitaria rosa del tuo sospiro”
Poi schiuse le altre pagine, tutte scritte fittamente con la medesima calligrafia e lesse, parola dopo parola, la storia della più breve e struggente favola d’amore che mai avrebbe immaginato di vivere.

...vorrei non conoscerti per amarti sempre di più.

   
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