Occhiverdi
Cittadino
Italy
46 Inseriti
100 Gold
51 Punti Rep. |
Inserito - 31/03/2003 : 13:43:50
"A volte capita quando si è immersi in una particolare confusione, quasi per istinto di auto conservazione , di staccare per pochi attimi l’audio. Così ci si ritrova a camminare in un artificioso silenzio provvisorio, che aiuta a rimetter in ordine gli “scaffali” dei pensieri. Risulta più facile così un gioco della mente e rimbalza sui volti e gli sguardi della gente che, indaffarata sta attorno, leggere le espressioni di quei volti come in un film muto e abbinare mentalmente la musica che, più si addice alle varie situazioni e scenari del momento. Questo gioco pazzo, che può esser definito meramente in “momento di distrazione dalla realtà” o “l’avvento dell’imminente Halzaimer” mi è capitato anche qualche settimana fa, mentre passeggiavo assieme al mio amore per un affollatissimo mercato del sabato in quel di Pordenone. Ci tenevamo per mano e mentre lui osservava attento le offerte del momento, io ero “decollata” appunto in uno di questi brevi momenti di stand-by con la mongolfiera dei sogni, e da una fragile bolla di sapone insonorizzata vagavo tra i volti delle persone attorno. Volti indaffarati, espressioni di esasperata angoscia scandita dall’ansia di un orologio della vita che batte sempre più veloce, troppo veloce. Visi giovani e vecchi, salati e insipidi, per tutti i gusti. Molte belle signore che sembrano preparate per una serata galante più che per una breve e semplice visita al mercato al sabato mattina, ma già si sa, la legge della moda qui come dappertutto è spesso di rigore per entrambi i sessi. La mia sensibilità di osservatrice mi faceva anche notare che, comunque, altre “mongolfiere” si aggiravano qua e là trasportate dalla corrente del flusso umano o trascinate anch’esse da un solido ancoraggio. Già, la mia ancora, quella che sa darmi sicurezza e mi tiene attaccato alla fiducia della vita, il riferimento preciso con il quale posso esser sicura di non esser trascinata da nessuna tempesta della vita. Proprio lui mi chiama, infrangendo dolcemente quella stasi durata interminabili secondi, e mi dice: “Hai visto la ballerina?….” Così noto che un po’ più avanti, tra banchi di vestiario affollatissimi di signore che fanno volare capi d’abbigliamento, con maestria da giocolieri nella disperata ricerca di colori e taglie, vi è un inusuale e simpatico quadro colorato. Un gruppo di suonatori ambulanti, riempiva l’aria con una dolce e semplice musica e tra di loro danzava una ragazza su dei trampoli. I suonatori, sembravano usciti da una favola, non ci si poteva dare un età precisa: barba lunga incolta capelli lunghi, vestiti molto semplicemente ricordavano molto un movimento passato che sapeva di fiori e amore. La loro musica riempiva l’aria come una carezza di primavera, una nenia cantata che sembrava dialetto sardo o qualcosa che assomigliava, ma quello che mi ha rapito l’attenzione è stata la ragazza. Un volto dolce e assente, reso forse più incantato da un trucco di fondo bianco quasi alla Pierrot, danzava su dei trampoli con un vestito lungo che li copriva e ondeggiava con le braccia in un movimento che la faceva sembrare un fiore dallo stelo lungo accarezzato dal vento deciso di marzo. Si muoveva lentamente come investita dalla magia della musica, nell’espressione del volto mille emozioni silenziose vestite di malinconica rassegnazione.Come una prateria di posidonia, cullata dalle onde del mare, ritornava sui suoi movimenti con dolcezza mentre sembrava che dalle mani distribuisse sogni. La solita custodia aperta, invitava all’offerta a ricambio di questo sorriso regalato. Però, fuori della breve aura di questo sogno, la vita continuava a correre indifferente come si compete al treno del nord-est scevro di sogni e pause. In più, all’indifferenza, si aggiungeva qualche occhiataccia della solita critica gratuita del tipo: “ma che si lavino??…” “Da dove saltano fuori… che andassero a lavorare… ecc.” Già andare a lavorare, costruire, produrre… Questa riflessione è dovuta proprio in questi giorni, in queste ore dove la prepotenza del potere economico sta dando il peggiore di sé. Un rullo compressore di egoismo e cattiveria che spiana in strada grigio asfalto le effimere certezze di tutti i sogni , le speranze e i colori della vita che, dalla costruzione del vitello d’oro ad oggi, si è riempita di angoscianti e devastanti stazioni di servizio al potere del denaro. Così mi è venuta in mente una bella e breve poesia di Gianni Rodari di cui non trovo più il testo, ma dice più o meno così: Chiedo scusa alla favola antica se non mi piace l’avara formica, amo di più la generosa cicala che il suo bel canto non vende : regala….. " Miky
|