Donnad
Viaggiatore
Italy
17 Inseriti
100 Gold
22 Punti Rep. |
Inserito - 25/06/2003 : 00:11:12
Text Elvis era solo un bambino di 8 anni, viveva a Napoli, era unico figlio, il padre era conducente dell'A.C.T.P. (azienda napoletana dei mezzi pubblici) e la madre una casalinga, frequentava la 3°G della scuola elementare "Oberdan". La sua fantasia era immensa, gli piacevano le storie di fantascienza e quando la maestra iniziava a parlare di pianeti e di stelle iniziava a fantasticare. La sera dietro ai vetri di una finestra le fissava e pensava come fossero buffe, chiedendosi che mistero ci fosse in loro. Fu proprio una di quelle sere che andando a letto si ritrovò in uno strano pianeta; sembrava un immenso tappeto di luce vetrato, vi era un'atmosfera di sogno, un forte odore di fiori; gli abitanti danzavano festosi come se non avessero mai conosciuto l'odio. Tutto rimbombava in questo immenso pianeta di vetro come il ritornello di una vecchia filastrocca imparata all'asilo, il pianeta terra era così lontano che ne rimaneva solo il ricordo. Infatti gli abitanti conservavano le sue fotografie, le affiggevano come souvenir nelle loro case di vetro. Elvis poteva fare tutto ciò che voleva, bastava che lo desiderasse e si avverava, trenini che correvano all'impazzata, aeroplanini, macchinine telecomandate, videogiochi. Elvis era felicissimo nel vedere questi giocattoli tutti in una volta, ma allo stesso momento era anche impaurito e confuso. Ad un tratto da un petalo di peonia spuntò una fanciulla dai boccoli color corvino, vestita con un bellissimo abito bianco luccicante, i suoi occhi lo stesso colore dei capelli erano radiosi, disse: "Elvis non aver paura, sono la principessa delle stelle mi chiamo Andromede, qui siamo sul pianeta delle stelle, puoi fare tutto ciò che desideri". Aveva un grande unicorno alato, Elvis salì su di esso ed insieme alla principessa girò per tutto il pianeta delle stelle con il sottofondo dei quelle filastrocche cantate dai nani e dai bambini: "giro, giro tondo, giro giro tondo, ambaraba ci ci co cò 3 civette sul comò, din don campana suona tutti i bimbi vanno a scuola...Ha ha ha ha ha ha ha ha!"; piano piano queste filastrocche erano sempre più lontane e facevano l'eco. Per Elvis volare sull'unicorno era come andare su di una giostra di un luna park, si sentiva libero, felice, la principessa: "reggiti forte Elvis!", era come un razzo che circumvolava il pianeta. Quando finì questo fantastico giro la principessa disse ad Elvis: "mi dispiace Elvis, non sono stata molto sincera con te, io non potrei stare qui con te, sono vittima di un incantesimo. Devi sapere che tempo fa mi innamorai di un terrestre, arrivò qui salendo le nuvole, mi voleva portare con sé, ma la mia matrigna tanto invidiosa fece in modo che lui stesse rinchiuso in un pozzo in pasto agli insetti, da allora non ho mai saputo dove si trovasse questo pozzo". Elvis rimase tanto male nel sentire quella storia che disse: "io ti aiuterò stai tranquilla!"; la principessa: "adesso ti faccio visitare il mio castello!". Il castello era come una cattedrale, era interamente di cristallo, la luce gli formava tanti riflessi colorati; nell'entrata c'era un'enorme fascio di luce che illuminava tutto il giardino intorno al castello. Elvis camminava in questo fascio di luce e gli sembrava di esserne attirato come una calamita, all'interno si sentiva il tintinnio di tutti i pendoli di cristallo, come una musica che metteva tanta pace, si sentiva l'odore del sandalo. Elvis entrò nella prima stanza, dove c'era un cane razza collie e un gatto soriano; il cane: "ciao! Elvis, io mi chiamo Thic, benvenuto nel castello della principessa delle stelle, come vedi questo castello è magico è legato ad antichi misteri. Be io sono solo un cane! I padroni sono loro, prima ti accarezzano, poi ti danno da mangiare e poi ti dicono di andar via", il gatto rispose: "fff! Miao! Miao! Ma che vuole questo cagnaccio! Ma perché non si sta zitto! Elvis non dar retta a Thic, sono solo io che qui a ragione, stai attento che in una di queste stanze vive la matrigna della principessa delle stelle, è una strega molto cattiva capace di poteri malefici, è invidiosa di chiunque sia bello perché lei un tempo fu vittima di un incidente che le sfigurò il suo bel viso". Elvis proseguì nelle altre stanze mentre il cane e il gatto continuavano a rintuzzarsi: "bau! Bau", "miao! Miao!"..., nelle altre stanze Elvis vedeva un'infinità di giochi, trenini che correvano, macchinine che si arrampicavano, videogiochi di ogni genere, televisioni che si accendevano e chiudevano, un'infinità di robot che ripetevano: "mi scusi Signore! Per favore! Per favore! Io sono al suo servizio!". Nel salire al piano superiore, Elvis sentiva delle urla molto malvagie: "le farò vedere io a quella lì! Non l'avrà vinta! Lei, la bellezza del pianeta delle stelle! Solo io sono la regina qui e la bellezza in persona! Ss, lei e quel ragazzo terrestre! Ma adesso preparerò una delle mie pozioni magiche, rispolvererò il manuale della nonna e vedremo!". Elvis impaurito non si avvicinò proprio a quella rampa di scale e disse fra sé e se: "ha fatto bene Andromede a non venire in questo castello, aveva ragione"; tentò di uscire, ma era proprio impossibile perché le stanze erano come un labirinto vetrato e le immagini si confondevano tra loro, non c'era che andare avanti dove arrivò in uno strano giardino. C'era una moltitudine di canarini e cardellini che cantavano in coro con la musica di un flauto, gli alberi, i fiori e gli ortaggi ballavano a suon di musica, disse il pomodoro: "vieni anche tu Elvis!" e lui chiese ad un cardellino: "ma perché cantate tutto il giorno?", il cardellino: "ciao Elvis! E' bello cantare, ci dà energiaaaaaa...." e ripeteva insieme agli ortaggi la sua canzoncina: "noi siamo! Noi siamo! I re dei giardini e cantiamo, cantiamo, voliamo, voliamo, giriamo, giriamo, di ramo in ramo, di fiore in fiore. Elvis chiese alla melanzana: "come si fa ad uscire da qui?", e lei: "caro Elvis, sei in un castello magico, se non stai attento potresti rimanere intrappolato come accadde allo sfortunato fidanzato terrestre della principessa delle stelle, qui è tutto un incantesimo, quindi stai attento potresti essere ingannato". Elvis voleva a tutti i costi trovare quel pozzo e tentava di cercarlo in quel castello, ma vagava senza speranza finché pensò proprio di uscire, ma non sapeva come! Voleva cercare di seguire la strada da cui era entrato, ma voltandosi indietro vedeva che era proprio impossibile: Un topolino trovandosi di passaggio: "tu devi essere proprio Elvis! Se vuoi uscire di qui devi riuscire a prendere la chiave che su quella mensola, come vedi io non sono mai riuscito a prenderla". La matrigna malvagia venne all'improvviso come d'incanto: "volevi prendere la chiave?! Adesso non più! Ha! Ha! Ha!", e con i suoi poteri magici trasformò Elvis piccolo, piccolo, Elvis: "ho mamma mia! E adesso come faccio a prendere la chiave?!"; Elvis era in piena disperazione, vedeva tutto così grande che un chiodo gli sembrava addirittura una trave, il topolino cercava di aiutarlo: "dai Elvis! Sali su di me", purtroppo Elvis come metteva il piede per salire scivolava di botto, perché era troppo piccolo. Così rimase in fondo a quella scalinata di legno chiedendosi a cosa potesse servire quella chiave e lo chiese al topolino: "vedi Elvis, quella chiave è magica, con essa potrai uscire di qui", ma Elvis non doveva disperarsi perché arrivò una farfallina bianca che lo aiutò, salì sulle sue ali e finalmente arrivò alla chiave; gli sembrava di volare su di un aereo, Elvis: "ti prego farfallina non correre!". Purtroppo la chiave era troppo grossa e pesante per loro; il topolino era furioso, voleva poter fare qualcosa per poter contraddire quella brutta arpia, "Elvis! Mi è venuta una bellissima idea! Vado a chiamare i rinforzi!..", andò nella sua piccola casetta nel muro e chiamò tutti i suoi fratellini, sorelline, zii, chi più poté ed insieme sollevarono quella chiave scintillante e quando la diedero ad Elvis, d'incanto si aprì la porta per uscire ed Elvis ritornò alla sua statura normale. Non sapeva come ringraziare i topolini per quello che avevano fatto, ma i topolini in coro: "non preoccuparti Elvis! Vai". Elvis proseguì per quel giardino luccicante dove fuori incontrò la principessa del pianeta delle stelle e le spiegò cosa gli era accaduto in quel castello, la principessa gli disse: "da queste parti i terrestri nessuno li può vedere neanche mio padre, il re di questo pianeta, e se qualcuno sapesse che sei terrestre... per questo motivo hanno preso il mio Silvio! Qui nessuno conosce l'odio, invece i terrestri sì, io e Silvio ci amiamo è diverso!". Il pianeta brillava di luce propria, non vi era dì e non vi era notte, ma aveva due movimenti di rotazione e rivoluzione che accadevano intorno ai 3 satelliti: Geranio, Serena e Andromede; era il pianeta più grande della galassia del Geranio ed era posto nell'universo come un grosso sovrano da cui il nome. Elvis si sentiva deluso perché nel castello non c'erano tracce di quel pozzo, ma ad un tratto nel mentre camminava insieme ad Andromede c'era una maga che con la sua bancarella leggeva i tarocchi: "fatevi leggere i tarocchi! Vi dirò tutto il vostro futuro solo 100 stelle! (moneta locale) Dai principessa ti leggerò le carte!" e la principessa acconsentì. Donna di spade capovolta, re di spade capovolto, dieci di spade capovolte, 5 di coppe, fante di coppe, il mondo, la ruota della fortuna; "principessa, devi stare monto attenta! C'è una donna malvagia che ti ostacolerà, c'è un antico mistero legato ad un castello di luce, tu erediterai questo mistero che è custodito in qualcosa che viene dal futuro tu soltanto potrai capire come trovarlo e dopo spezzerai l'antico incantesimo che preparò la tua bisnonna, regina delle stelle, voleva che tu ereditassi il suo nome e disse prima di morire: la mia vita non è finita qui, ci sarà un'altra regina delle stelle tra 100 anni, figlia dell'ennesimo Leone. Purtroppo la madre di Andromede era morta e il padre: "Leone 8°" si era risposato con Deborah, ma a causa del terribile incidente che le aveva sfigurato il viso e delle sue turbe psichiche vivevano separati durante questo matrimonio erano nati Clarissa e Ottavio che vivevano con il re padre; Andromede dopo la scomparsa del suo Silvio decise di non tornare più a casa dal padre, aveva trovato un rifugio nel bosco dove regnavano la pace e la tranquillità. Elvis e la principessa andarono al rifugio dove c'era per modo di dire "parcheggiato" l'unicorno alato; Andromede non si dava pace, pensava e ripensava a ciò che le aveva predetto la maga, "Elvis chi sa se è vero!", ed Elvis: "e noi lo scopriremo!", ribadì l'unicorno: "non ci pensate! Vedrete che un giorno ogni cosa andrà a suo posto! Su, Andromede dov'è finito il tuo entusiasmo? Vi porto subito a fare un giro, su !Salite su di me". E così volarono via in giro fra i boschi, nuvole e luce, tanta luce. Clarissa e Ottavio non erano per niente d'accordo con la madre (che ormai si era bevuta completamente il cervello ed usava i suoi poteri magici in senso negativo e solo per colpire i terrestri), anzi volevano aiutare la principessa, avevano deciso di aiutarla e conoscevano il rifugio nel bosco, ma ella adesso era occupata con ben altro a volare tra case di vetro e città giostre. L'unicorno alato atterrò in questa città dove tutto era una giostra, piccole riproduzioni terrestri viste da fotografie scattate dai satelliti artificiali, castelli incantati, la principessa ed Elvisa si divertirono un mondo e passarono lì una diecina di ore; purtroppo si doveva pur tornare alla realtà e specialmente Elvis avrebbe voluto abitare proprio a Giostrilandia. L'unicorno alato portò loro al rifugio dove incontrarono Clarissa e Ottavio. Ad un tratto nel cielo appariva e compariva improvvisamente un castello molto antico di stile terrestre, Clarissa : "Andromede! Guarda! Che cosa strana nel cielo!", e lei: "ma dove?! Io non vedo niente!", Clarissa: "sì, Adesso lo vedo di nuovo", Elvis: "è vero! Adesso lo vedo anch'io!". Di botto lampi e tuoni rimbombavano nel cielo e per magia si trovarono tutti in una strana scalinata, aveva una curva a sinistra e le pareti erano cubiforme di piperno, come del resto tutto il castello. Andromede ed Elvis, Ottavio e Clarissa scesero la scalinata dove c'era una moltitudine di persone, Ottavio: "ma quelli sono terrestri! Vestiti di stile moderno!" esclamò. Uno di loro aveva un piccolo foglio bagnato tra le mani, Andromede vedeva una figura terrestre disegnata sopra: "fatemi vedere, io vi posso dire chi è", ribadì il tale: "viene dalle forze del male!", Andromede: "no, viene dalle forze del bene, viene dal passato, io conosco i caratteri di questo volto, il taglio di capelli, a quell'epoca così li portavano, poi questo castello è antico risale intorno al 1200", il tale: "ma lei come lo sa?", Andromede: "mi piace di studiare la storia e la storia dell'arte dei terrestri". Andromede capì che costui era morto e aveva paura che il suo fantasma comparisse all'improvviso e fra se e se diceva: "ma allora è morto!". Accanto a questo atrio c'era un'enorme porta a 2 ante, la principessa entrò, ma all'interno c'era solo una grossa stanza buia e chiusa, stava per andarsene, ma all'improvviso le piombò un ragazzo altro circa 1,80, grosso con 2 grandi bicipiti, sulla testa portava un elmetto di ferro con sopra 2 corna, i capelli era biondi tagliati come un caschetto un po' sfilzato, gli occhi coloro nocciola, era vestito di stracci. Andromede ebbe paura a vederselo davanti: "e tu chi sei?", e lui: "sì, io sono l'uomo del ritratto, il mio nome è Ricky Vicky sono morto nel 1234 durante una battaglia sul pianeta Terra, adesso la mia anima vaga nello spazio e nel tempo, mi ci è voluto diverso tempo prima di arrivare su questo pianeta perché non conoscevo la vostra lingua, appartenevo alla popolazione di barbari Longobardi, ero un soldato e le mie uniche lingue che conoscevo erano il longobardo ed il latino". La principessa non credeva ai suoi occhi, quel castello era fantastico, ed insieme ad Elvis, Clarissa e Ottavio, osservava quei muri cubiforme di cui non aveva per niente idea; ma all'improvviso la morte prese il sopravvento su Ricky Vicky ed il tutto scomparì, e tutti si ritrovarono di nuovo al rifugio. Elvis alzando gli occhi al cielo vide qualcosa come una stella che correva più in alto nel cielo; la principessa disse: "credo che se lo raccontiamo a qualcuno non ci crederà!". Ma all'improvviso Elvis si ricordò di una cosa di cui si era dimenticato: "mi sono proprio dimenticato stando qui! Ma io devo ritornare sul pianeta Terra! Se mia madre non mi troverà nel letto cosa dirà?", la principessa: "non preoccuparti, è ancora presto, ci sarà il tempo per ritornare, goditi questa favola fino in fondo, altrimenti cosa racconterai domani a scuola?". Vicino a quel rifugio vi erano tante delizie del bosco, piante di more, fragole, fiori, funghi. Elvis provò a staccare un funghetto rosso a pois bianchi, ma una vocina: "hei! Ma chi è che vuole portarsi via la mia casa?", Elvis vide un piccolo omino con un cappellino rosso, aveva una lunga barba grigia e se la stava pettinando, lo specchio affisso ad una parete del funghetto. Elvis incuriosito disse: "e tu chi sei?", e lui: "io sono gnomo birichino, ah, ma tu mi stavi portando via la casa! Io abito qui insieme alla mia famiglia...Lo gnomo parlava, parlava, parlava, ma la voce che ascoltava Elvis era sempre più forte: "Elvis! Ma stamattina non ti vuoi proprio svegliare? E' tardi! Devi andare a scuola!". Elvis piano piano si sentì come ritornato nel suo corpo e aprì gli occhi, vide la madre: "mamma! Ma dove mi trovo, dove sta la principessa?", la madre: "dai Elvis!". Elvis rimane deluso e capì che quello era solo un fantastico sogno: "mamma non potrai mai immaginare cosa ho sognato!", la madre: "me lo racconti dopo". Donnad
|