Sollecitato dagli interventi relativi al mio precedente post sui Samurai e sui campionati mondiali di Kendo, spero di farvi cosa gradita con questo piccolo scritto che dedico soprattutto a coloro che non conoscono l'origine del termine "kami kaze", oggi tristemente in auge, ma di nobile origine.Kami Kaze, letteralmente, dal giapponese: vento divino (kami = divino, kaze = vento).
Un nome creato in un particolare momento della storia nipponica, sinonimo di abnegazione e devozione per la propria patria, sfruttato in epoca nazionalista (1), da Tsushima alle battaglie aereo-navali della seconda guerra, ed oggi tristemente abusato a sottolineare atti di puro terrorismo.
Che tristezza questo declino ... , ma veniamo alla storia, nel cui ambito, nasce il termine Kami Kaze.
Siamo nel Giappone del XIII° secolo, epoca Kamakura.
Il potere nominale è della famiglia imperiale a Kyoto, ma il potere reale sul paese è esercitato dallo Shogun, una specie di governatore militare con potere assoluto, residente, all'epoca, a Kamakura, sulla costa del Pacifico.
Il paese è diviso in province, ciascuna appannaggio di un feudatario (Daimio) che deve obbedienza e fedeltà allo Shogun.
Il popolo giapponese è a sua volta diviso in caste estremamente rigide. Al vertice ci sono i nobili Daimio (dai = grande; mio = nome) e la classe dei Bushi (bu = guerriero; shi = uomo) quelli che noi occidentali soprattutto chiamiamo samurai, al di sotto i contadini, poi gli artigiani seguiti dai commercianti ed infine gli eta, gli intoccabili, i reietti, becchini, macellai, conciatori di pellami, ovvero tutti coloro che per mestiere si occupavano degli esseri, animali o umani, dopo la loro morte.
I Daimio erano a capo di clan di bushi ed erano spesso in lotta tra loro, ma le loro scarse risorse economiche, aggravate dal sistema tributario shogunale, non consentivano la costituzione di grossi eserciti, spesso formati solo da poche centinaia di armati. Il quadro è militarmente molto simile a quello dell'Italia dei Comuni, dove le città limitrofe sono spesso in lotta tra loro e ciascuna ha i propri armati.
Dalla vicina Cina le orde mongole al comando di Kublai Khan (nipote di Gengis Khan) si sono spinte fino in Polonia, nel bacino del Danubio, in Palestina, conquistando l'impero persiano ed i territori del sud est asiatico. Non resta loro che attaccare ed annettere il Giappone da cui solo il mare le separa.
Il primo tentativo viene fatto nel 1274, con 25.000 mongoli affiancati da alcune migliaia di coreani. Una mareggiata disperde però la flotta e solo poche navi approdano sulla costa del Kyushu. I miseri resti dell'esercito mongolo, pur nella sconfitta, impartiscono una dura lezione ai bushi che li affrontano.
I samurai erano infatti addestrati allo scontro singolo, uomo contro uomo, non sanno manovrare contro nemici avvezzi a mischie furibonde.
Molti nobili cadono trafitti dalle frecce mongole mentre declamano la loro ascendenza lanciando la sfida, isolati davanti alle compatte fila avversarie.
Nel 1281 Kublai rinnova il tentativo lanciando un poderoso esercito contro il Giappone. Questa volta si parla di circa 100.000 uomini.
Le poche migliaia di samurai accorsi a fronteggiare lo sbarco, osservavano sgomenti, dalle colline sovrastanti la spiaggia, le migliaia e migliaia di soldati nemici che sbarcavano in continuazione.
Contemporaneamente la corte imperiale si raccoglieva al tempio di Ise per pregare la Dea Madre Amaterasu no Kami (la Dea del Sole) per la salvezza del Giappone.
La preghiera fu evidentemente udita dalla Dea ... così, mentre le poche migliaia di samurai si lanciavano in un'ultima disperata carica, pressoché suicida, un improvviso violentissimo tifone si abbatté sulla costa spazzando letteralmente via l'intera flotta d'invasione.
Le truppe mongole già sbarcate, pur numerose, si trovarono improvvisamente private delle linee di comando (gli ufficiali erano per lo più ancora tutti a bordo dei vascelli), dei rifornimenti e dei rincalzi nonché preda dello sgomento per il fallimento ormai evidente della missione.
La battaglia si concluse con la loro totale eliminazione, ma altissimo fu il tributo di sangue versato dai coraggiosi samurai che si erano lanciati in quell'ultimo disperato tentativo.
Vento Divino (Kami Kaze) fu il nome che venne dato al provvidenziale tifone inviato da Amaterasu no Kami, ma nella tradizione militare nipponica, col termine vento si indicavano anche le truppe a cavallo (2) per cui quell'ultima carica divenne parte integrante del Kami Kaze.
(1) la propaganda militarista dei primi del '900, in Giappone, fece molto leva sulle masse reintroducendo la figura epica del samurai che si sacrifica eroicamente per la patria e riproponendo una lettura molto fuorviante e distorta dell'Agakure, il codice dei samurai, scritto ai primi del 1600 da Yamamoto Tsunetomo, finalizzata ad incentivare quel fanatismo cieco che fu tragicamente fatto proprio da molti settori dell'esercito.
(2) nel film Kagemusha di Kurosawa, vento è proprio la cavalleria del clan Takeda che viene annientata dai fucilieri di Oda Nobunaga nella battaglia di Nagashino nel 1575.
Restando a vostra disposizione per ogni altra curiosità, magari suscitata, vi invio i miei più cordiali saluti
Vento