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 LA SFIDA DEL PHOACE
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zanin roberto
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Inserito - 08/08/2003 :  00:24:24  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto

Il mare quella sera d'estate,era calmo e una brezza appena sfiorante muoveva lentamente le foglie di ginestra ma non era il grande Mediterraneo, non era il suo oceano dove s'erano infrante le sue utopie.
Era seduto sulla roccia, avvolto da un bianco mantello dai bordi dorati, pochi capelli bianchi, sulle sponde del Mar Nero, lontano dalla sua Chartago, dove l'odore del salso si mescolava all'aria secca del deserto, mitigata dall'impercettibile profumo di spezie,lì l'aria portava il tono delle alte montagne lontane, delle sconfinate pianure sarmatiche.
La Bitinia non era la sua adorata Cartagine, oh quanto gli mancava quella terra, che lui aveva popolato di olivo e vite, quanto gli mancava la folla del porto, dove ancoravano le navi cariche dei metalli ispanici, o di ambra delle isole britanne, o del vino italico, quanto gli mancava il suo formidabile esercito, assemblato con abilità forte dei guerrieri mauri e libici, degli indomiti ispanici, della cavalleria numida, degli alleati liguri e galli, delle tante genti che lo avevano seguito nel suo piano contro Roma.
Si è vero, il cielo stellato era lo stesso ma lui si sentiva prigioniero d'un destino crudele che lo faceva partecipe dell'espansionismo del nemico di sempre.
La coppa di bronzo, colma di rosso vino, dissetò il vecchio generale, l'unico occhio lacrimava infiammato e le ferite da anni cicatrizzate gli dolevano più del solito.
Sarebbe piovuto con grande ira degli dei.
Si mosse ancora lesto e seguito da due guardie armate come scorta salì la scalinata di pietra intagliata fino all'ingresso del suo palazzo, illuminato da infinite torce.
Gli si fece incontro il suo fedele luogotenente Magone, che oltre al nome era simile d'aspetto al fratello morto per mano romano in Liguria, preoccupato e determinato: " generale, ho informazioni fresche...della massima urgenza!"-
così dicendo la mano stringeva forte l'elsa della daga, con spasmodica risolutezza.
-" Mio generoso Magone, calma, quante situazioni abbiamo affrontato insieme, t'ho portato con me ch'eri ancora un giovinetto e ora sei un uomo possente e forte, ma non hai ancora imparato l'arte della pazienza!"-
Si appoggiava alle spalle del suo amico e insieme si sedettero nel grande studio di Annibale, dove un'enorme pelle disegnata a mappa faceva da sfondo alla parete, il centro era Cartagine con il bacino del mar Mediterraneo e con Roma scritta in color rosso sangue, papiri d'ogni grandezza ovunque, armi agli angoli, una strana fiasca di vino era posizionata in maniera molto vistosa con una dedica incisa su una targhetta metallica, "Capua la trappola", poi una statua di Baal e un'amuleto del dio Bes che accompagnava sempre le sue preghiere.
Lo sguardo s'era fermato sulla carta geografica, alzò la torcia per meglio illuminarla, sorrise, guardò Magone dicendo: " Dunque...ci siamo...quei furbi romani mi hanno scovato?!"
-" Si, mio generale, un paio d'ore fa è sbarcata una centuria al comando del generale Tito Quinzio Flaminio, chiedendo l'ubicazione della vostra residenza!"
-" Si,capisco, anche il re Prusia non può più difendermi, lo giustifico, sai sono stanco, è una vita che lotto per un risultato impossibile, cosa avranno deciso gli dei ?
Ho avuto l'onore di attraversare la strada a grandi uomini, ho combattuto un mondo, una cultura che non era dei figli di Didone ma del suo amante Enea, cosa posso più se non aspettare il volere di Malquart!"
Un trambusto di rumori metallici e di grida d'allerta risuonavano fuori,il palazzo costruito ai margini di Libissa, di solito non era rotto che dal rumore degli aironi e delle rondini felici di volare libere, irruppe il capitano delle guardie, portandosi all'orecchio di Magone spiegò la situazione poi scattò sull'attenti e aspettò gli sviluppi.
- " Annibale, il palazzo sta per essere circondato, fuggi attraverso il cunicolo che porta alla baia segreta e imbarcati per il Ponto, tratteniamo noi i romani il tempo necessario, presto non bisogna perder tempo!"
- " Di tempo ormai nella mia clessidra ne è rimasto poco!"
- " Non dire queste cose...che gli dei ti concedano ancora giornate serene...ultimo dei cartaginesi!"
Annibale si armò della corta spada e sparì tra i corridoi, intrecciati a labirinto, progettati da lui stesso con la funzione difensiva, mentre Magone e il capitano uscivano per organizzare la resistenza.
Fuori s'era acceso uno scontro furioso, i pochi fedelissimi s'immolavano nell'ultima difesa vana e gloriosa, Flaminio però arrestò la carneficina e furono fatti tutti prigionieri.
Il generale romano avvolto nella sua lucente armatura scese da cavallo, si tolse l'elmo piumato, asciugò il sudore che gli colava dalla fronte, scrutò l'ingresso, portò le mani ai fianchi, fece cenno ai suoi di non seguirlo, un centurione piazzò sentinelle agli ingressi e sparì con il grosso del contingente.
Flaminio era un romano ligio al dovere, aveva il compito di riportare prigioniero Annibale a Roma, per dimostrare la potenza della repubblica latina.
-" Annibale...Annibale Barca...generale, sono Tito Quinzio Flaminio...arrendetevi...devo portarvi a Roma per ordine del senato!"
Mentre parlava, guardava nello studio del punico, con curiosità, vide la mappa, gli idoli, i tanti papiri, le innumerevoli armi collezionate
sapeva di essere nella casa dell'uomo geniale che aveva messo in ginocchio la sua patria, con astuzia e intelligenza, certo lo odiava per quanto ancora in patria il suo nome incuteva terrore ma era impaziente di conoscerlo, di capire cosa lo muoveva.
Sentì netto un rumore di cardini d'una porta pesante, scattò veloce, discese un corridoio dai marmi neri con molte anfore ai lati, dipinte
a pavoni colorati, a elefanti africani, a leoni con le immancabili palme da dattero sul fondo, attraversò un salone dove si praticava ginnastica e esercizio d'armi con molti stendardi alle pareti, appartenuti a reparti romani e messi in bella mostra, poi discese una scala stretta fino ad un cunicolo che lo portò su un terrazzo a strapiombo sul mare.
Le fiaccole li posizionate di recente lo fecero sicuro, sapeva che il vecchio cartaginese era vicino.
La luna si specchiava sul mare piatto, sguainò la spada, scrutò ogni angolo poi fulmineo portò un fendente alla gola d'un uomo, si fermò a pochi millimetri dalla pelle,trionfante ma quell'immagine tremolava stranamente, assaggiò la consistenza del corpo ma l'arma scivolò su una parete liscia, quello era un riflesso su uno specchio, per Marte dio della guerra,ebbe un attimo di panico, poi il suo fianco fu pressato dalla punta d'una daga.
Il vecchio Annibale aveva sconfitto ancora una volta l'avversario con quei suoi trucchi da pirata, ma come gli aveva detto anni prima Maarbale "tu sai vincere le battaglie ma non le guerre", così si andava consumando l'ennesima effimera vittoria.
Lo fece girare e gli disse - " Romano, fatti guardare...tu sei figlio del console Flaminio caduto al Trasimeno?"
-" Ave generale, io sono il nipote!...che sciocco sono stato a sottovalutarvi, siete all'altezza della vostra fama, l'età non vi ha rammolito!...ma...ormai non scamperete alla vendetta di Roma!"
- " Non ne dubito...ma vedete io ormai non la temo più, se mai l'avessi temuta...io temo solo gli effetti dell'aver innescato una macchina da guerra così potente da dominare su tutto il Mediterraneo!"
La daga fu gettata lontano, la mano sinistra che portava un grosso anello di giada, raggiunse la sua bocca, con uno scatto del collo ingoiò una polvere che lasciò nell'aria un forte odore di aglio, sorrise mentre Flaminio rinfoderava la sua, si sedette sul cornicione di viva pietra dicendo: " Così vi sottraete all'umiliazione delle catene ma anche alla vostra fama di indomito!"
-" Deledda, deledda Chartago, gridavate al senato mentre il mio sogno d'una nazione federata panellenistica mi sfuggiva come la più dolce delle chimere...!"
La voce s'era indebolita, la nebbia avvolgeva colui che l'aveva sempre diradata, un ultimo gesto prima che la tossina togliesse l'arma micidiale della sua lucidità: " Romano di al tuo senato che hanno vinto Annibale non la sua idea!...il tempo!...il tempo!"
Flaminio si girò, il corpo del vecchio nemico era a terra esangue,alzò gli occhi al cielo vide una meteora brillare un attimo e sparire, lasciò che i ricordi svanissero mentre la storia giaceva li davanti a lui senza poter parlare!


di Zanin Roberto

   
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