Da ragazza l’alba era troppo cruda e la primavera mi stordiva.
Non ricordo da quando preferisco l’alba al tramonto e la primavera all’autunno.
Mi sentivo a mio agio nella dolcezza del tramonto e con i colori dell’autunno. Ora so aspettare la primavera e cullare il nuovo giorno.
Nel passaggio fra il sonno e il risveglio anche stamane mi sono soffermata a raccogliere le immagini della notte.
E’ un momento irrinunciabile, prezioso.
Il nuovo giorno mi attrae veloce con pensieri coscienti e la percezione dei sensi, pieno di luci come una primavera che stordisce. Devo lasciarlo fluire lentamente, accoglierlo piano, tesserlo insieme ai fili della notte, dei sogni che l’ hanno abitata.
Mi sveglio molto presto, ma il mio giorno deve nascere piano.
Non posso lasciare che i bagliori del giorno, le emozioni che l’accompagnano interrompano i fili del sogno.
Una nascita, seppure di un giorno nuovo, non può strapparmi da me stessa.
In questo ponte, fra il sogno e il giorno, sosto.
Accolgo le immagini del sogno e aspetto che un po’ di luce me ne illumini gli angoli bui per vederle chiaramente.
Solo dopo, piano piano lascio che fluisca il giorno e senza una precisa trama, come per un’antica pratica, mi accorgo che i fili della notte e del giorno si annodano fra loro.
La mia alba che nasce ha i tratti della notte e del nuovo giorno. Non sarebbe lo stesso giorno senza il sogno della notte che lo precede, senza la saggezza dei mondi spirituali che abitano la mia notte. Che illuminano con intuizioni e chiari pensieri il mio nuovo giorno che nasce nella sosta fra sonno e veglia.
Leda
Leda