È il titolo di un libro molto bello... anche se non recente, che aiuta a capire i meccanismi inconsci che ci portano a vivere e ad accettare alcuni rapporti dolorosi e deleteri per la nostra persona, ed a comprendere le reazioni a volte assurde di alcune persone che si relazionano con noi.Inizia così:
Non sapevamo di amare troppo. Non sapevamo che amare troppo è un male dell'anima, anzi detto "freddamente" è un disagio psichico determinato da una dipendenza a una sorta di droga della quale non si può fare a meno. Non sapevamo di amare troppo finchè fino a ieri la dedizione totale all'altro era incondizionata, generosa, dimentica dei propri diritti...esemplare.
Tante, troppe cose avverse della mia vita, me le sono volute, e il ginepraio inestricabile nel quale mi dibatto senza trovare una via di uscita me lo sono fabbricato da me, con la mia mente e il mio cuore, nell'ansia di investire quello straordinario patrimonio affettivo, di darli un senso, finendo di collocarlo dove apparentemente ce n'è bisogno, e al servizio di qualcuno che ne fa spreco, senza nessuna intenzione o preoccupazione di ricambiare.
Solo dopo aver acquistato la lucidità necessaria, quindi, quando si è deciso di sfuggire (da con confondere con "fuggire"), bisogna imparare a stare tranquille, a guarire per salvarsi la vita.
Salvarsi la vita, non è solamente impedirsi di "morire fisicamente", ma salvare la nostra persona da maltrattamenti morali, a volte anche da quelli fisici. Anche se non si sa per quale motivo, a volte, si è dipendenti da questi comportamenti, come se fosse la giusta punizione per la nostra inadeguatezza, per il nostro valere nulla. Dobbiamo pagare, "giustamente pagare", non rendendoci conto che distruggiamo il nostro "io", ovvero la nostra identità di persona.
Nel momento in cui si decide di spezzare questa dipendenza, è morire e cercare di rinascere, nonostante dall'altra parte, compagno/compagna/amica tenti disperatamente, con messaggi magari ancora più violenti, di farci ritornare sui nostri passi. Non a caso persone ripetono per mesi, anni le stesse cose, gli stessi insulti, le stesse ossessioni, proprio perché cercano di far rivivere in noi quel meccanismo di dipendenza, di riavvolgerci nella spirale, di "dare nonostante tutto", andare oltre "nonostante tutto", giustificare "nonostante tutto"... Spirale nella quale comunque ci si sentiva gratificate, se pur ridotte a misere comparse, chiedendoci ogni giorno "come può non amarmi, se faccio tutto questo?". In realtà è solo un nascosto prezzolare per far dimenticare all'altra persona quello che noi crediamo ci manchi.
Molto spesso chi soffre di questa dipendenza relazionale preferisce fantasticare su una relazione piuttosto che impegnarsi realmente, come le donne che sposano i carcerati, o che non sanno spiegarsi perché si innamorano solo di uomini non liberi. Tutto ciò è come se fosse un evitare di mettersi alla prova nel reale, evitare di doversi mostrare nella quotidianità, in un'intimità... È evitare il confronto diretto con il rapporto, fugaci incontri di poche ore; relazioni via internet, amori epistolari che durano anni, la speranza in un domani che cambierà le cose... sperando, inconsciamente, che non cambino mai... Questo per la pochissima stima che nutriamo per noi stessi.
Nessun amore giustifica la "distruzione morale" o fisica della nostra persona e, solo se si avrà la giusta stima di se stessi, si potrà sperare di avere un rapporto alla pari, uno scambio equo di dare/avere. Il sottovalutarsi porterà ad un inevitabile "farsi calpestare". Comprendere gli altri a tutti i costi porterà a non aver tempo di comprendere noi, i nostri desideri, le nostre ambizioni. Solo quando la nostra vita sarà serena e solo quando l’altro non rappresenterà più l’unico scopo della nostra vita, ma un completamento di essa, allora, ma solo allora saremo in grado di amare tanto, tantissimo, non "troppo".
sissu