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zanin roberto
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Inserito - 27/09/2003 :  15:20:19  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
ASILO

Indietro, ancora indietro, nel tempo, fino a che ti rivedi bambino, ora la nebbia si dirada ma è ancora sfuocato il ricordo, ecco la luce.
In una primavera calda, con le piante verdi e lussureggianti e i fiori esplosi ad incantare il mondo, il primo pomeriggio era luccicante di sole, abbagliava e rimbalzava nei vetri, si proiettava nelle lucide plastiche e la sua luce correva a scovare l'ombra fino a spegnersi momentaneamente nei muri.
La giostra girava lenta in fondo allo "stanzone" agreste e vicino una pozza di sabbia perennemente umida conteneva vispi bimbi a scavare buche, ogniuno immerso nel suo mondo fantastico a rincorrere felicità, io con loro sereno e gaio d'esistere.
I sassi di quel grande cortile dell'asilo infantile erano piccoli e irregolari ma curiosi e invitavano ad essere selezionati e raccolti, l'ombra rinfrescante dei grandi gelsi tutt'intorno invitava alla corsa sotto quel riverbero di luce verdolina che a malapena filtrava dall'alto.
L'odore di fanciulezza ha un tono dolce e delicato, non so se fosse l'aria impregnata dell'umore delle violette o la clorofilla delle grandi foglie dei gelsi ma vi assicuro che era fragrante e si spandeva ovunque.
I tronchi nodosi, aggrovigliati e rugosi dalla corteccia spessa e venata formavano alla base, in un cuscino di radici, dei piccoli catini rotondi dove si potevano depositare a mò di nido i sassolini più importanti ma con segretezza !...senza che l'amico ti vedesse!
Le grida felici di gioia dei bambini si perdevano in quelle gaie corse di grembiulini azzurri e rosa, tutti a piccoli quadretti, con il fiocco e le immancabili liti per un riccio di ipocastano secco o per la pigna rubata, i pianti frequenti, sapientemente placati dalle suore si mutavano in sorrisi.
Il tempo non scorreva e il lungo giocare dava sfogo alla fantasia, il castello da conquistare era il recinto dell'orto delle suore, invalicabile e proibito, il lago del drago era la fontana dove era assolutamente proibito andare ma che concedeva infinite soddisfazioni, quando superata la vigilanza, in rare occasioni si potevano far correre sul pelo di quell'acqua fresca e ferruginosa, dall'odore di zolfo, le foglie giù per il canaletto, immergendo le manine come atto d'estremo coraggio.
Sudati e rossi in viso, con il sangue a pulsare veloce ossigeno e il fiato sempre corto e le gambe sempre in movimento a rincorrere farfalle cromate dal pennello d'un artista,o compagne dispettose, e i nemici da sconfiggere, illusioni, ombre, fino allo sfinimento.
Lavarsi le mani in fila indiana e aspettare alle quattro del pomeriggio, quel bicchiere di latte bianco e fresco che cancellava ogni stanchezza, momenti di riflessione, dove ti accorgevi del buco sul calzino, delle macchie sul grembiulino, dei capelli attorcigliati, delle ginocchia con uno strato verde di clorofilla mista a terra, segno evidente di eroiche battaglie.
Infine in silenzio sui seggiolini dell'aula, fermi, posizione innaturale, ad aspettare quel momento cosi dolce, cosi bello, quel confortante incontro con il volto buono della mamma che veniva a riprenderti, quel fastidioso cruccio che si sarebbero dimenticati di te, svaniva e correvi veloce e liberatorio, come un pulcino che incontra la sua chioccia, gettando le braccia al collo e stringendo forte, con il cuore che pulsava una musica universale.
La mano della mamma ad accarezzare i capelli in disordine e nel pomeriggio che si spegneva delicato, non potevi non pensare che le volevi tanto bene.
Grazie mamma.


di Zanin Roberto

   
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