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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Leggo Dublino e i ricordi spaziano
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E.
Villeggiante


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Inserito - 20/10/2003 :  16:54:08  Mostra Profilo  Visita la Homepage di E. Invia un Messaggio Privato a E.
"...Eh sì, le ansie… quei mostri scoperti da Elisa solo in vecchiaia sono tornati all’assalto ora, con la primavera. E lei è riandata in confusione! E quando è in confusione, non riesce a tenere separate le paranoie da tutto il resto della sua vita, compresi i suoi impegni professionali. E’ inutile, i pensieri frullano senza interruzione in quel cervello, l’omino non si riposa mai, mentre è in ufficio il pomeriggio o quando è a Firenze, al master, per il week-end. Per non parlare del viaggio settimanale in treno…quello sì che è il suo momento di riflessione per eccellenza!
Poche settimane fa, mentre era in treno di ritorno da Firenze, guardando scorrere veloce il paesaggio dal finestrino, chissà per quale associazione di idee, si è ricordata di un giorno di più di cinque anni fa, quando cominciava a flirtare con il suo Emiliano, nella sala grande della biblioteca di Villa Fabbricotti, e da quell’immagine la mente ha spaziato ed Elisa si è persa, o meglio crogiolata, con dolce malinconia, nei ricordi di quel periodo. Uno dei più felici della sua vita.
Se pensa alla gioia e alla spensieratezza, alla voglia di vivere e di succhiare ogni istante della vita con una punta di maturità, lei pensa a quell’anno, a quei pomeriggi d’inverno in cui trascorreva tutto il giorno a cercare di concentrarsi sulle pagine del manuale di diritto privato aspettando solo che si creasse l’occasione per andare a prendere un caffè al bar da sola con Emi e poter finalmente, al buio del vialetto che porta verso Piazza Roma, consumarsi di baci e abbracci forti dall’incastro perfetto, e sentire ancor più suo quell’amore giovane e segreto che, seppur fresco, avvertiva essere prezioso e importante davvero. O a quando lo aspettava in macchina la sera tardi davanti alla “loro” entrata della villa, come una clandestina, e trascorreva l’attesa scrivendo pensieri dettati dalla dolce euforia che l’aveva rapita e le faceva viaggiare lontano la mente.
Pensa alle giornate di primavera in cui, con i libri, si trasferiva con gli altri giù sul prato, e lei e Francesca ascoltavano la musica e cantavano con uno spirito adolescenziale, e avevano deciso che “Lasciarsi un giorno a Roma”, canzone dai contenuti un po’ tristi trasmessa in radio a ripetizione in quel momento, sarebbe invece stata per loro la canzone simbolo di quel periodo così bello, radioso, in cui ridevano tanto, in cui il “gruppetto” di amici della biblioteca che si era formato era perfetto, e non si annoiavano proprio mai, e avrebbero voluto che il tempo si fermasse.
Ripensa a tutte le serate trascorse insieme a loro, a quando andavano in discoteca e si sentivano indistruttibili insieme, o agli appuntamenti con le sagre, il ritrovo in Piazza Roma e via con le macchine alla volta di un paese nuovo, un piatto di rostinciana, tanto vino rosso e una semplice ma grandiosa complicità di gruppo.
Ma poi gli anni passano, la biblioteca è stata chiusa, gli amici piano piano si sono laureati e le loro strade si sono via via un po’ divise, anche se, quando capita l’occasione che si ri-incontrino tutti insieme, nessuno escluso, come poche sere fa, il tempo non sembra essere passato e traspare dai loro occhi un affetto profondo provato per ognuno dei vecchi compagni ed è tangibile nell’aria il piacere che provano nello stare insieme e nel ricordare le avventure di cinque anni prima. (.............................................)
Se c’è una cosa, però, in cui Elisa ha sempre creduto, tanto da farne una sua teoria, sono le coincidenze. Quelle che hanno voluto che dopo cinque anni la canzone di Niccolò Fabi sia tornata ad essere trasmessa in radio quasi come per chiudere un cerchio, segnare la fine di un ciclo di cui aveva segnato l’inizio, perchè lei ora, in questo preciso istante, sente sue anche le parole, ne condivide anche il contenuto.
Dopo cinque anni la storia con il suo Emi traballa; sono grandi ormai e non si può più scherzare, è ora di guardarsi in faccia e fare i conti...
Le cose non vanno più molto bene da quando Emiliano è tornato da Dublino, o meglio da quando è partito per Dublino. Settembre 2001 per la precisione. Quell’inquieto, circa un anno dopo essersi laureato, ha scelto di partire per non avere rimorsi in futuro, già da “pentito del non-Erasmus”, e di andare a farsi un’esperienza all’estero, dove avrebbe perfezionato il suo inglese e avrebbe vissuto qualche mese da solo imparando a curarsi di sé.
Durante i nove mesi irlandesi, Elisa è andata a trovarlo un paio di volte, lunghe un mese ciascuna.
Il primo mese è stato terribile. Da dimenticare. Da cancellare. Se ci pensa adesso, con lo stomaco aggrovigliato e la rabbia che riaffiora, si chiede come abbia fatto a non scappare dopo dieci giorni, a resistere così tanto laggiù, sola, totalmente sola. Ma lei non è una che fugge. Le situazioni preferisce affrontarle subito. Le ferite, però, quelle profonde, lasciano delle cicatrici che il tempo non cancella. E quella ferita tuttora ogni tanto si riapre, e cadono gocce di sangue amaro difficili da leccare. Non è salutare convivere con questi fantasmi ed Elisa se ne sta rendendo conto solo ora, a distanza di quasi due anni.
Il secondo mese invece è stato migliore. Le cose tra loro due funzionavano, il cielo d’irlanda miracolosamente è stato quasi sempre limpido ed Elisa, che in teoria avrebbe dovuto occupare il suo tempo a leggere un sacco di libri sulla comunicazione pubblicitaria, in preparazione della tesi, trascorreva le sue giornate esplorando la città, scattando foto, facendo lunghe passeggiate nello splendido parco davanti a casa e cucinando per tutti gli inquilini della casa, mentre Emiliano era al lavoro.
A volte le manca il profumo che respirava nel tratto dalla fermata dell’autobus a casa, la sera prima di cena, quando era scesa la guazza in Blackhorse Avenue.
Per le vacanze di Pasqua, poi, li raggiunsero una settimana Giulia e Checco.
Sono stati davvero dei bei giorni, forse gli ultimi vissuti in serenità da loro quattro insieme. Mentre il povero Emi si alzava alle sei del mattino per andare a lavorare e tornare distrutto dodici ore dopo, quante avventure hanno fatto gli altri tre! Partivano ogni giorno senza un programma e senza una meta precisa, come è loro solito fare, salivano sulla dart o su un autobus e si lasciavano guidare dall’intuito. Hanno esplorato dei gran bei posti e consumato numerosi rotolini.
La sera, poi, tante chiacchiere davanti a svariate pinte di birra fino a tarda notte......."
E.

pezzo estratto sempre dalla mia breve autobiografia. ho letto Emi ed è stata forte la tentazione.


   
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