zanin roberto
Senatore
Italy
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Inserito - 11/11/2003 : 21:53:55
LA STRADA DI ERCOLESi era alzata la nebbia, l'umido avvolgeva i bivacchi, i fuochi si alternavano alle macchie bianche delle tende, le sentinelle coperte da pelli di volpe, scrutavano l'orizzonte, gli occhi infiammati e la gola secca ne indurivano i volti abbronzati al sole d'Africa. Alcuni elefanti stavano chiusi nei recinti, con il foraggio ammucchiato e una pozza d'acqua acquitrinosa a disposizione, l'estate non era finita ma gli alti contrafforti delle Alpi già innevati, ne acceleravano la dipartita. Le notti, salendo in altitudine, si facevano rigide, la temperatura scendeva con balzi rapidi, l'azzardo di scavalcare le mura dell'Enotria si evidenziava più difficile di quanto Annibale s'aspettasse. L'impresa mai riuscita ad alcuno, lo inorgogliva e il tempo dedicato alla raccolta delle informazioni lo assorbiva, pianificava ogni movimento e organizzava l'avanzamento sfidando la ragione e il buon senso. Il ricordo del padre Amilcare gli ritornava spesso nelle insonni notti, dove l'impeto dell'impresa di sorprendere i romani in casa loro, si faceva più manifesto. Lo scorrere del giorno, vissuto spartanamente ne forgiava uno spirito elevato e nobile. Il mattino si presentò di sole e tiepida la giornata, al suono di corti corni si radunarono gli ufficiali nella grande tenda del Barcide. Brocche di latte caldo e infusi aromatici evaporavano dalle tavole riccamente imbandite di frutta e pane appena sfornato, nel braciere scolpito a rilievo con fiere e prede si consumavano legni resinosi, dritti senza alcuna espressione rimanevano in attesa del loro generale gli ufficiali superiori. Annibale si alzò dal tavolo, guardò i suoi uomini con orgoglio, sorrise, posò sulle spalle di alcuni pacche amichevoli poi rasserenato da un raggio di sole che insensibile si era infiltrato da uno strappo della tela, disse: -" Comodi miei amici, servitevi pure, vi ho radunati perchè è venuto il momento di chiarirvi i miei propositi"- Mentre con misura e educazione gli ufficiali si saziavano, venne svolta una pelle disegnata a mappa geografica che riportava parte delle Gallie, la catena delle Alpi, lo stivale con Roma in bella evidenza. - " Ho deciso di attraversare le Alpi e prendere i romani alla sprovvista,...lo so...non è un'impresa facile, ma è l'unico modo di eludere la loro stretta sorveglianza. Mai penseranno che vogliamo passare per la via più difficile !"- Cadde un silenzio grave, gli occhi di molti comandanti rimasero fissati alla carta geografica, il più anziano si avvicinò e indicò la catena quasi a esorcizzarla, poi preso coraggio disse: - " Le Alpiiii....???" - " I romani hanno mandato ad inseguirci già un esercito ma non si aspettano che un cartaginese abbia il coraggio di Ercole...sfidi le potenze della natura! Miei fedeli compagni ogni grande idea abbisogna di grandi sacrifici ma Melquart e Astarte sono con noi, lasceremmo al dio Bes il compito di assisterci nell'attraversare le porte invalicabili delle Alpi !"- Annibale aveva visto la preoccupazione dei suoi uomini ma sapeva che lo avrebbero seguito ovunque e senti ancor più la responsabilità che andava assumendosi. - " Chiamatemi il principe Magilo, mio alleato " Quando entrò, il principe della tribù dei Boi era avvolto in una splendida pelle d'orso, corta e colorata di rosso sui bordi, con i lunghi capelli biondi intrecciati, due grosse borchie di bronzo con incisi due serpenti bifronti sulle spalle ne esaltavano una corporatura imponente. - " Divino Annibale che gli dei ti siano propizi, ho con me le guide montane che hai chiesto, sono in arrivo le pelli e i calzari per la scalata alle sacre montagne di ghiaccio, possano gli alleati e amici Boi esserti d'aiuto contro quei romani che dilagano di là nelle fertili pianure !"- - " Mio sincero e fedele amico, tu sai che il popolo di Cartagine è abituato a concedere grandi riconoscimenti a chi gli dimostra così grande benevolenza, come già promesso avrai un carico d'oro, nuove armi per i tuoi uomini e un regalo speciale per te, stoffe pregiate che vengono dalla lontana Tiro, insieme ricalcheremo le orme di Ercole sulla strada da lui tracciata!" L'ascesa delle settimane successive faceva presagire una straordinaria capacità alla sopportazione per le infinite difficoltà da affrontare. Quando raggiunsero il pianoro di Bettex che dominava con un panorama mozzafiato i piedi delle alte montagne, lo sguardo del punico si posò sulla sagoma della più alta vetta europea, il monte Bianco che sovrastava come un gigante i passi che consentivano il passaggio, l'aria fresca e pura, i pascoli verdi che diradavano e lassù il bianco accecante dei ghiacciai contro pareti di roccia candida e tagliente, lo affascinarono e rapirono. I suoi uomini abituati ai vasti pianori semi desertici, ammutolivano, paurosi,dinanzi a quei polifemi giganti che si accingevano a conquistare, le nuvole a volte basse, correvano impazzite come le antilopi africane, di colpo il grigio e il freddo s'insinuava tra la pelle, allora con la pioggia battente e il vento a sferzare le chiome nere, il panico sembrava prevalere. In molte occasioni il generale dovette rincuorare il suo esercito. Scaramuccie di tribù filoromane lo stuzzicavano come mosche che pungono e volano via, assicurava i suoi della fattibilità dell'impresa,moltiplicava la ricognizione dei suoi Celti che lo guidavano. Ma l'inganno, arte da lui dominata e applicata con intelligenza gli si rivolse contro. Andavano a nord verso il lago Lemano, fuori dalla direttrice nord-est, le guide lo avevano convinto della giustezza della via. La pioggia mista a nevischio continuava a cadere fastidiosa, il cielo plumbeo e uniforme si fondeva con le pareti delle montagne, nessun riferimento stellare, nessun orizzonte rivelatore, alla cieca, orridi profondi, gole oppressive, finchè in una gola stretta e a strapiombo la lunga fila delle salmerie e la cavalleria subirono un violentissimo attacco dall'alto. Piovevano enormi massi, dardi,frecce incendiarie e giù cadevano uomini e carri, cavalli e cavallieri, in un caos di rmbombi ed echi cupi, colorando di rosso sangue il ghiaccio e i fondovalle. Inutili si rivelarono i contrattacchi e le difese accennate, gli Allobrogi avevano ottenuto un vero massacro, dei 38000 uomini partiti, ben 20000 erano stati uccisi. Le false guide furono giustiziate e Annibale riusci a proseguire, nonostante le sue forze fossero state dimezzate, ritornò sui suoi passi fino a ritrovare l'allineamento che doveva portarlo ad attraversare le Alpi a fianco del Gran S.Bernardo, sbarrato e presidiato dai romani. Passò per il Col di Menouve e parte dell'esercito per il Col di Proz, tra grandi stenti e sacrifici, continue le incursioni dei popoli della montagna, Salassi, Nantuati, Veragri ma lo spirito indomito che ha ispirato l'impresa, quello di Ercole racchiude l'essenza dell'Ulisse omerico che varca le Colonne, del divino macedone che si spinse fino alle Indie, che l'eccelso Dante, anni dopo sintetizzerà in : - " ...fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtude e conoscenza!"- in Annibale si fonde la insanabile rivalità con Roma nemica e la nobile pulsione del conoscere per capire, molte volte avvolto in una pelle bianca d'orso si fermò a guardare indietro dove molti dei suoi soldati erano morti,molte volte quando il cielo si apriva scrutava la costellazione di Orione, lui di Sirio emulo terreno, a chiedere venia. Ma quando ormai in vista della pianura si rese conto del successo, prima di scendere nela valle di Cuorgnè, sul col Garin, ecco riaccendersi l'orgoglio del cartaginese. Il mattino si era schiarito dalle nebbie e il sole innondava il colle, armenti si mescolavano ai cavalli e una lunga teoria di fuochi bollivano otri di latte, il luccichio delle armi rifletteva in ogni dove quel colle sempre immerso nel silenzio e ora protagonista d'ospitare un'intera armata a bivaccare. Mai prima, una tal moltitudine di uomini aveva animato e riempito i silenzi secolari e sacri di quelle montagne, mai voci si erano mescolate numerose ai voli delle aquile, alle curiose incursioni di tassi, alle scaltre volpi, ai panorami di inconfessabile bellezza che le montagne regalano nella loro imponenza. Annibale chiamò i suoi scrivani e si fece seguire fin su una parete quasi liscia, bianca calcarea che si notava in lontananza. Sospirò a lungo,guardò sotto la valle, si lasciò cullare dal dolce scollinare dei fondo valle e sicuro di sè, iniziò a dettare una breve riflessione: -" Grande Ercole, Annibale è riuscito a scavalcare l'arduo ostacolo, grazie Bes bruno e lucente della tua magnanimità, grazie Astarte, la città di Cartagine gioisce, grazie Ercole,Bes,Astarte, Annibale liberatore dei popoli e Sirio lucente ha percorso la strada di Ercole" -" Ora miei artisti, lascio al vostro estro l'esecuzione dell'incisione sulla roccia di questo messaggio, voglio che sia scolpito a memoria degli audaci, che sia visibile il più lontano possibile, mi raccomando!"- Mentre il generale scagliava dei sassi sulla roccia, per tastarne la friabilità, un luogotenente di cavalleria lo raggiunse, scese da cavllo e in ginocchio disse: - " Generale, abbiamo seppellito gli ultimi soldati morti, aspettiamo per la cerimonia!"- - " Bene, adesso vi raggiungo!"- Il sole alto illuminava le vette innevate, un paio di camosci si erano fermati a curiosare, il punico raccolse una stella alpina, la tenne stretta nella mano ghiacciata, che bellezza in un luogo così duro, quando raggiunse un piccolo pianoro dove la terra era stata mossa da poco, lasciò cadere il fiore e mille lance percossero gli scudi in un boato dall'eco infinito, fiero, deciso come non mai, disse : - " A Roma!" - di Zanin Roberto
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