Antichi gesti di devozione… Mia madre.
Raccoglieva il volto fra le mani in chiesa,
all’Offertorio e dopo la Comunione.
C’è chi lo fa ancora
Ricordo me, bambina
inginocchiata all’altare… per la Comunione.
C’è chi si inginocchia ancora,
in un antico gesto di devozione
Si dice di una persona buona:“è una benedizione”
La regala mia suocera a mio figlio
un sorriso e una piccola croce in fronte,
quando esce di casa
Così faceva sua madre
e quando cuoceva il pane vi segnava una croce,
per dire… tutto questo è un dono
La diede mia nonna a suo figlio soldato
dopo l’8 settembre, una benedizione
prima che partisse… in un carro blindato,
verso il Nord
La chiedevano i musicisti al Cielo
prima di un concerto:
una benedizione per se e gli strumenti.
Oggi c’è chi lo fa ancora
in un antico bisogno di protezione
Prima di mangiare,
mia madre, con semplici parole ringrazia il Cielo:
Signor, “benedisi” el pan che ti me ga dà
daghene anca a chi che no ghe ne gà
Lo diciamo in casa da sempre.
Chi non partecipa, ci regala la pazienza
di un silenzio
Bei gesti di devozione, di memoria.
Il Cielo si fa ricordare
anche con la bellezza dei gesti…
Leda Cossu, 20 novembre 2003.
Ci sono gesti di cui non c’è più consapevolezza. Come se si fosse spezzato un filo col passato, non per scelta, per perdita di memoria. Compierli può suscitare incomprensioni.
Dedicata a quanti conservano il significato dei gesti di devozione.