Renato Attolini
Senatore
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Inserito - 09/01/2004 : 22:41:36
“Mi scusi signorina, posso sedermi qui accanto a lei, sempre che il posto sia libero?” La ragazza, di una bellezza non sfolgorante ma comunque degna di nota e risaltante nonostante le vesti dimesse, osservò quel timido ed ossequioso vecchietto che titubante le si era parato davanti. Lo squadrò da capo a piedi con un atteggiamento tra il divertito e lo sprezzante poi con uno strano sorriso ed un breve cenno del capo gli rispose di sì. Il vecchio ringraziò deferentemente e con molta fatica ed un sospiro si sedette. La giovane non gli toglieva gli occhi di dosso e il suo sguardo adesso si era trasformato in una sorta di compatimento. In quell’istante la voce baritonale che da un’infinità di tempo chiamava nomi dopo nomi rimbombò ancora. Il vecchio s’asciugò una goccia di sudore, visibilmente imbarazzato dallo sguardo fisso della ragazza e quando non poté più reggerlo, quasi sbottò, senza rabbia ma con una specie di calmo risentimento. “Mi perdoni, signorina, ma perché mi fissa così?” “Mi perdoni signorina…..” Beffeggiò lei “Dio mio, quanto sei cambiato herr Otto Kauffmann, non ti riconosco più!” Il vecchio a quelle parole trasecolò. “Come fa a conoscere il mio nome, chi è lei?” chiese allarmato. “Il mio nome, herr Kauffmann? E quando mai me l’hai chiesto? T’interessava forse? No, non credo, né a te né ai tuoi stupidi amici!” “Mi scusi, ma non capisco.” Il vecchio era molto più che perplesso, era quasi spaventato. “Continui a non capire, vero? Oppure fai finta? Si credo che fai finta a non ricordare!” La voce di prima interruppe per un attimo la loro conversazione, chiamando un altro nome. “Mio Dio, quanto tempo è passato, caro Otto! Sai a quel tempo noi avevamo circa la stessa età , il mio nome era Sara Levi e non ero altro che una povera ragazza italiana costretta ad andar in giro con la stella a sei punte attaccata al vestito e tu eri così superbo ed altezzoso nella tua impeccabile divisa della Gestapo. Ricordi qualcosa, ora?” Il vecchio si passò una mano sugli occhi sforzando la memoria e la nebbia del passato sembrava cominciasse a diradarsi, ma non profferì parola. “Ricordi adesso, Otto Kauffmann, quando ci radunaste tutti, uomini, donne, bambini in quella stazione per imbarcarci su quelle tradotte stipati peggio che animali? Ricordi come c’irridevate tu e quegli aguzzini dei tuoi compari? E poi quell’assurdo e crudele gioco, così almeno lo chiamavate. Ogni dieci ragazze ne prendevate una e la portavate via, neanche tanto distante da quella folla, anzi in maniera che si potesse sentire cosa gli stavate facendo. Toccò anche a me, come ad altre disgraziate. Piansi, supplicai, ma niente da fare. Tu eri il più cattivo, quello più deciso. Io quel giorno fui la più fortunata. Sì perché finito il vostro divertimento, tu ubriaco d’euforia, mi sparasti un colpo alla testa, solo a me. Io terminai le mie sofferenze, le mie compagne di sventura, no.” Il vecchio si passò le mani sul viso, mormorando: “Oh, no, Mio Dio!” “Bravo, Otto! Sono le stesse parole che usai io quella volta, ma tu non m’ascoltasti. Sai, in tutti questi lunghissimi anni io ti ho osservato. Alla fine della guerra, sei riuscito ad evitare che t’incriminassero, beh, certo non solo te, dopotutto eravate in tanti. Poi l’impiego in quell’industria, la carriera, il posto da dirigente, il matrimonio, la famiglia. Eh già la famiglia! Com’eri tenero con la tua bella moglie, dolce con i tuoi biondi pargoletti. Ti ricordi le belle feste di Natale, Otto? Tutti intorno alla tavola imbandita in allegria, tra baci, abbracci, auguri urlati. Tu eri l’animatore, il trascinatore, il più benvoluto. Chi mai avrebbe pensato che dietro quell’uomo così dedito alla famiglia si nascondesse uno schifoso assassino! Ti ricordi quando i tuoi figli sono diventati papà anche loro? Che emozione sentirsi chiamare <Nonno Otto>, vero? Com’eri bravo a farli saltare sulle tue ginocchia, a giocare con loro, a riempirli di regali! Che nonno meraviglioso! E magari quando ti chiedevano di raccontare qualcosa della guerra, tu parlavi di quanto eri stato un ottimo soldato, integerrimo esecutore d’ordini, fedele alla Patria e combattente valoroso. Non hai raccontato tutto vero? Io lo so, Otto, ti ho seguito per questo tempo infinito e adesso siamo alla resa dei conti, tu, io tutti.” “Otto Kauffmann, Dusseldorf!” La “voce” esplose con tutta la sua potenza. Gli occhi del vecchio erano colmi di lacrime. “Perdonami Sara, ti scongiuro, perdonami!” “E’ troppo tardi, Otto! E’ troppo tardi!” La voce di Sara si era fatta più dolce e nei suoi occhi non v’era più traccia d’odio. “Vai Otto, ti stanno aspettando!” Il vecchio curvo ed affaticato s’incamminò tremando verso il giudizio.
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