Pierpaolo Pedicini.
Villeggiante
Italy
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Inserito - 10/01/2004 : 03:58:16
È tutt’altro che semplice sedersi a comando e riempire un foglio senza avere un tema preciso…fin dall’infanzia, non sono mai riuscito a scrivere ex novo qualcosa senza avere qualcosa di cui parlare. E le cose di cui parlare di solito sgorgano dall’interno, quando non c’è un argomento assegnato; è quella che definirei ispirazione. Non sarò mai un grande romanziere proprio per questo: non sono bravo ad inventare storie. Sono però in grado di “parlare tanto di me” (come disse Woody Allen) o di qualcosa che esiste già, nella realtà, nella mia mente, in quella altrui…e che aspetta, anche inconsapevolmente, d’essere interpretata. Ecco, al limite è proprio questa la mia abilità principale: leggere fra le righe…ma ciò presuppone che qualcosa sia GIÀ stata scritta, o detta, o fatta. Anche se sono stato proprio io a farla, dirla, scriverla. C’è poco da fare. Il bisogno di scrivere a volte si rivela impellente, ineluttabile, catartico. Ci sono milioni di cose che ho pensato in vita mia. Di questi milioni, non so quante meritino d’essere comunicate, condivise. Alcune, di certo: quelle relative a un sentire comune, a sentimenti universali, potrebbero quanto meno aggiungere ulteriori mattoni, altri punti di vista alla costruzione dell’interpretazione dell’umanità in senso escatologico…lo scopo principale di decine e decine di generazioni di pensatori e filosofi, liberi e meno liberi. Allora, però, con un’analisi appena più approfondita sarebbe fatale accorgersi della sostanziale inutilità (almeno nel breve e medio periodo) di sforzi del genere, almeno se rapportati all’uso “migliorativo” che potrebbe farne, per se stesso, chi li compie. E in tal caso, perché farli ? La risposta, a mio avviso, non può che essere una: perché si nasce in un certo modo, e secondo questo si cresce, ferme restando le esperienze personali in un senso piuttosto che nell’altro (che fatalmente vanno a portare ad ulteriori convinzioni e scelte, in un continuum insieme divertente e tragico), le relazioni interpersonali, i retaggi familiari, religiosi, culturali e subculturali…e la madre di tutte le scelte mancate: l’inconsapevolezza (la nonna è la superficialità). Si potrebbe obiettare facilmente che la vita è troppo corta per renderla ancor più breve con complicazioni esistenziali che esulino dalla pragmaticità…del resto, l’avere il tempo di perdersi in tali elucubrazioni è un privilegio che, fin dalla nascita dell’Europa moderna (e antica, se vogliamo considerare la civiltà Greca e Romana), possiamo permetterci solo e soltanto noi occidentali poco inclini al problema principe di accoppiare un pranzo a una cena giorno per giorno. Ma tant’è: come uno non può scegliere di nascere con gli occhi azzurri, tanto meno può decidere COSA essere (non COME). Il problema è tutto qui. A mio modesto avviso, una volta presa coscienza di ciò, basta fare un passo ulteriore. Ognuno di noi è fatto in un certo modo, ma non si potrebbe essere più lontani dal vero nel credere di essere immutabili. Ogni essere umano sufficientemente senziente accumula una serie d’informazioni e in misura non necessariamente uguale e contraria ne restituisce…e ciascuna di queste contribuisce a cambiare se stessi e gli altri che così interagiscono. In definitiva, la vita mi appare essere una serie infinita di bivi, la maggior parte dei quali resta assolutamente invisibile fin quando uno decida di fermarsi un attimo (o più di uno !), voltarsi e fare un consuntivo (forzatamente parziale, dato che si è in fieri, in divenire in ogni singolo momento che ci allontani dalla nascita e ci avvicini alla morte) di ciò che ha visto, fatto, detto, sentito, scritto e quant’altro. In definitiva, sapere dell’inevitabilità del cambiare continuamente potrebbe alleggerire il fardello di ciascuno di noi, e rendere un po’ meno doloroso, più “mutuo” e cooperativo, il male di vivere.
Pierpaolo Pedicini
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