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Paolo Talanca
Senatore
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Inserito - 11/01/2004 : 16:15:44
L'undici gennaio di cinque anni fa si spegnava la voce di Fabrizio De André. Mi sembra inutile dire banalità. Mi sembra giusto riportare qui le parole di un poeta immortale. Ciao Faber."Quando la morte mi chiederà di restituirle la libertà forse una lacrima forse una sola sulla mia tomba si spenderà forse un sorriso forse uno solo dal mio ricordo germoglierà " ------------------------------- So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale, da un fuori che non c'è se mai nessuno l'ha veduto
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iole troccoli
Viaggiatore
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Inserito - 12/01/2004 : 10:50:12
Mi unisco con tanto piacere al tuo tributo al grandissimo poeta che ho amato e amo. Un saluto Fabrizio........ Iole iole troccoli |
Grazia
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Inserito - 12/01/2004 : 18:31:04
Fabrizio De Andrè ci manca molto, è stato un grande cantautore...inimitabile...anche se ci sono molti che cercano di calcare le sue impronte, in questi giorni a Torino si è tenuto un concerto "Bocca di Rosa" con Bruno Maria Ferraro che avevo già ascoltato in agosto, in un paesino montano, di cui avevo già parlato, è bravo ma...Faber era ....speciale....Per ricordalo ecco i testi di due sue bellissime canzoni: LA MORTE La morte verrà all'improvviso avrà le tue labbra e i tuoi occhi ti coprirà di un velo bianco addormentandosi al tuo fianco nell'ozio, nel sonno, in battaglia verrà senza darti avvisaglia la morte va a colpo sicuro non suona il corno né il tamburo. Madonna che in limpida fonte ristori le membra stupende la morte no ti vedrà in faccia avrà il tuo seno e le tue braccia. Prelati, notabili e conti sull'uscio piangeste ben forte chi ben condusse sua vita male sopporterà sua morte. Straccioni che senza vergogna portaste il cilicio o la gogna partirvene non fu fatica perché la morte vi fu amica. Guerrieri che in punto di lancia dal suol d'Oriente alla Francia di strage menaste gran vanto e fra i nemici il lutto e il pianto davanti all'estrema nemica non serve coraggio o fatica non serve col***** nel cuore perché la morte mai non muore. BOCCA DI ROSA La chiamavano bocca di rosa metteva l'amore, metteva l'amore, la chiamavano bocca di rosa metteva l'amore sopra ogni cosa. Appena scese alla stazione nel paesino di Sant'Ilario tutti si accorsero con uno sguardo che non si trattava di un missionario. C'è chi l'amore lo fa per noia chi se lo sceglie per professione bocca di rosa né l'uno né l'altro lei lo faceva per passione. Ma la passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie senza indagare se il concupito ha il cuore libero oppure ha moglie. E fu così che da un giorno all'altro bocca di rosa si tirò addosso l'ira funesta delle cagnette a cui aveva sottratto l'osso. Ma le comari di un paesino non brillano certo in iniziativa le contromisure fino a quel punto si limitavano all'invettiva. Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio. Così una vecchia mai stata moglie senza mai figli, senza più voglie, si prese la briga e di certo il gusto di dare a tutte il consiglio giusto. E rivolgendosi alle cornute le apostrofò con parole argute: "il furto d'amore sarà punito- disse- dall'ordine costituito". E quelle andarono dal commissario e dissero senza parafrasare: "quella schifosa ha già troppi clienti più di un consorzio alimentare". E arrivarono quattro gendarmi con i pennacchi con i pennacchi e arrivarono quattro gendarmi con i pennacchi e con le armi. Il cuore tenero non è una dote di cui sian colmi i carabinieri ma quella volta a prendere il treno l'accompagnarono malvolentieri. Alla stazione c'erano tutti dal commissario al sagrestano alla stazione c'erano tutti con gli occhi rossi e il cappello in mano, a salutare chi per un poco senza pretese, senza pretese, a salutare chi per un poco portò l'amore nel paese. C'era un cartello giallo con una scritta nera diceva "Addio bocca di rosa con te se ne parte la primavera". Ma una notizia un po' originale non ha bisogno di alcun giornale come una freccia dall'arco scocca vola veloce di bocca in bocca. E alla stazione successiva molta più gente di quando partiva chi mandò un bacio, chi gettò un fiore chi si prenota per due ore. Persino il parroco che non disprezza fra un miserere e un'estrema unzione il bene effimero della bellezza la vuole accanto in processione. E con la Vergine in prima fila e bocca di rosa poco lontano si porta a spasso per il paese l'amore sacro e l'amor profano. Grazy |
Elena Fiorentini
Curatore
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Inserito - 13/01/2004 : 08:56:41
Ricordo di De AndréGrazia, Paolo e io avevamo parlato di Fabrizio De Andrè in questi termini. Cliccate qui di seguito: http://www.concertodisogni.com/mp/link.asp?TOPIC_ID=5389 Paolo aveva anche analizzato, solo come sa fare lui, poetico e scientifico insieme, "Pescatore", ma non ritrovo l'indirizzo. Mi piacerebbe che Paolo l'aggiungesse. Elena
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Simone Fagioli
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Inserito - 13/01/2004 : 14:56:30
Ciao Sono Simone fagioli, un nuovo concertista.Sono felice che qualcuno si ricordi non del De Andrè cantautore ma del poeta Fabrizio, uno dei maggiori del novecento. Fuori da ogni prospettiva accademica ed ufficiale spero che un girno si capisca l'utilità di inserirlo nei programmi ministeriali dell'insegnamento scolastico, come del resto sarebbe giusto per Guccini e De Gregori. I tempi, però, sono ancora lunghi. Ciao Fabrizio. Simone Fagioli
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Paolo Talanca
Senatore
Italy
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Inserito - 14/01/2004 : 19:00:42
Sono d'accordo con te Simone, ma perché "fuori da una prospettiva accademica ed ufficiale"? Io credo che a buon diritto vadano inseriti con autorevolezza nel novero dei poeti contemporanei e ne ho parlato anche con diversi miei "professoroni" universitari che sono completamente d'accordo. Pensa che la mia tesi di laurea sarà completamente dedicata a Guccini :-)Elena la mia recensione credo sia in "Concerto ieri". Comunque la riposto qui di seguito: (anche se, oggi che sento De André molto più vicino, trovo questa recensione un pò "striminzita"... comq eccola): Il pescatore Fabrizio De André All'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso. Venne alla spiaggia un assassino due occhi grandi da bambino due occhi enormi di paura eran gli specchi di un'avventura. E chiese al vecchio dammi il pane ho poco tempo e troppa fame e chiese al vecchio dammi il vino ho sete e sono un assassino. Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno non si guardò neppure intorno ma versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete e ho fame. E fu il calore di un momento poi via di nuovo verso il vento davanti agli occhi ancora il sole dietro alle spalle un pescatore. Dietro alle spalle un pescatore e la memoria è già dolore è già il rimpianto di un aprile giocato all'ombra di un cortile. Vennero in sella due gendarmi vennero in sella con le armi chiesero al vecchio se lì vicino fosse passato un assassino. Ma all'ombra dell'ultimo sole s'era assopito il pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso. Personalmente amo molte canzoni di Fabrizio De André. Parto dalle più conosciute come “Bocca di rosa”, “La canzone di Marinella”, “La guerra di Piero” o “Don Raffaè” per arrivare ad “Andrea”, “Amore che vieni, amore che vai” o la bellissima, struggente e sensibilissima “Amico fragile”, per me un grande capolavoro. Ho deciso però di commentare “Il pescatore” perché per me rappresenta un grande, grandissimo esempio di come tradurre la poesia e la sintesi poetica in un testo di canzone. De André era un grande, questo non lo scopro certo io, ma troppo spesso si dice che era un grande, troppe volte non si sa perché, a volte lo si conosce solo per alcune canzoni orecchiabili (come “Bocca di rosa”) e ci si interroga poco sul significato nascosto delle parole. Si canticchia felicemente la storia di una donna dai facili costumi e si deride anche l’immagine di questa signora: “Bocca di rosa” va oltre tutto questo e mi piacerebbe commentare questa canzone sul forum, presto lo farò e dirò tutte le impressioni che mi suscita. Molte canzoni di De André sono spesso viste sotto questo unico punto di vista (per fortuna non tutte) e “Il Pescatore” è una di queste. De Andrè era un grande perché riusciva ad esprimere con piccole storie di tutti i giorni la grandezza di sentimenti assolutamente eterni, perché faceva entrare la vita nella poesia inserendo la poesia nella realtà, univa sogno e realtà, realtà e sogno, umano e divino, collegando il divino con il terrestre ponendo i suoi versi in quella posizione di “Intelligenza” innata (dal termine proprio del latino: intelligenza che indica specificamente leggere tra umano e divino) e facendo capire all’ascoltatore, senza una parola di più, anzi con molte in meno, che la poesia può essere ricercata nella vita quotidiana e nei comportamenti istintivi di persone dal cuore nobile. La canzone inizia con una musica coinvolgente, molto vivace, quasi a sottolineare il contrasto con la scena introduttiva del testo: il pescatore che è assopito al sole del tramonto(“ultimo sole”), come a non voler perdere nemmeno una stilla di quello che la bella giornata appena passata gli ha regalato e perché sicuramente affaticato dopo la levataccia della mattina e la sua lunga vita (il pescatore infatti è vecchio e lo si capirà dalla strofa successiva). La partenza con una musica così vispa vuole forse evidenziare la scena inusuale che sta per avvenire o forse è la colonna sonora dell’assassino che sta scappando dai gendarmi. Non è difficile, infatti, rivedere nell’andamento frenetico della breve introduzione musicale la fuga scomposta del delinquente. Tornando al pescatore, questi è assopito con “un solco lungo il viso come una specie di sorriso”: descrizione di una grandezza assoluta. Se ha un solco vuol dire che quella smorfia appartiene al suo modo di essere; ma solco può apparirci come un qualcosa di negativo, di involontario, un qualcosa che non abita nelle stanze della volontà di un uomo, come una cicatrice. Questo solco però assomiglia ad una specie di sorriso ed ecco che nella nostra mente, dopo la breve, brevissima frase di De André si forma l’immagine del volto di questo pescatore. Inutile negarlo: ce lo immaginiamo tutti allo stesso modo. Una spiegazione che può sembrare ambigua in realtà forma nella nostra testa un volto che sorge nella zona più remota del nostro essere ed esce prepotentemente allo scoperto donando al protagonista della canzone un’espressione visiva ben precisa: pensando ad un pescatore, infatti, immaginiamo un uomo rude ma dal cuore tenero, che sta zitto ma ha delle storie incredibili da raccontare, che sembra non interessarsi alle “cose dell’animo” ma che in realtà sappiamo essere un libero pensatore che riflette e riempie i suoi ampi pensieri con meditazioni stimolate dalla grandezza del mare, immaginiamo sempre che lui sappia quale sia la cosa migliore da fare, sempre senza ragionare più di tanto, sicuro. Tutto questo, e probabilmente molto di più, è rinchiuso nell’espressione “aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso”. Adesso entra in scena la significativa figura dell’assassino. Questi ha “…due occhi grandi da bambino, due occhi enormi di paura eran gli specchi di un’avventura…” . Particolarità di un assassino: De Gregori scriverà più tardi due canzoni che qui mi piacerebbe citare: “Fine di un killer” e “Tutti hanno un cuore”. La prima evidenzia il fatto che la vita di un killer si svolge su un filo sottilissimo tra assennatezza e follia, con la catarsi o per meglio dire la presa di coscienza del protagonista (non è però facile da spiegare in poche parole). La seconda canzone sostiene l’ineluttabile asserzione che tutti hanno un cuore, tutti hanno sentimenti, passioni e non bisogna giudicare una persona punendo il suo essere ma solo i gesti da lui commessi. Queste due considerazioni, aspetti di vedere la figura di una persona “particolare” come un assassino posso aiutarci per capire meglio il significato della figura di questo criminale deandreiano. Alla vista del pescatore, che non si sbaglia mai, questo assassino ha degli occhi da bambino, ha paura e nel suo sguardo possono scorgersi mirabolanti avventure. Il pescatore non lo giudica perché non sa cosa abbia commesso, non è al corrente del terribile crimine del quale si è macchiato, non giudica il suo modo di essere. Forse giudicherebbe il suo gesto ma non lo conosce. In verità infatti il pescatore scorge lo sguardo di un bambino, vede un uomo che ha paura, che magari si è già pentito del suo gesto altrimenti non avrebbe quegli occhi pieni di paura, questo vede il pescatore e non può sapere dell’assasinio. L’assassino “…chiese…” al vecchio pane e vino. Se fosse un assassino capace di uccidere ancora non chiederebbe, pretenderebbe e forse otterrebbe con la forza in caso di una negazione. Il criminale invece chiede il pane ed il vino. Fa presente la sua situazione al pescatore, dice di avere poco tempo e troppa fame, fa capire di essere inseguito e poi, quasi per un infantile voglia di convincere facendo paura all’impassibile pescatore, svela di essere un assassino. Il pescatore non si scompone, a lui non importa cosa avesse commesso, spezza pane e versa il vino per un uomo che ne ha bisogno. Nel mondo di oggi forse è una utopia. Tutti gli assertori della pena di morte qui dovrebbero chiudersi un attimo in meditazione. La spiegazione e la reazione dell’assassino infatti è nella strofa successiva: “…fu il calore di un momento, poi via di nuovo verso il vento…”. Quel momento è il ritornare nello stato assennato da parte dell’assassino (collegamento con “Fine di un killer”) dettato dal comportamento conciliatore del pescatore. Come sarebbe diverso il mondo se ad un gesto violento si rispondesse sempre con una carezza e con la voglia di capire cosa abbia spinto a quella violenza! So che non sempre è facile, troppo spesso si tende a condannare, in molte parti del mondo si uccide senza pietà. Vediamo il pescatore, un uomo magari senza una istruzione, senza avere un comportamento che segua il bon-ton, segue solo la forza vitale che gli viene da dentro e che lo spinge a dare da mangiare ad una persona affamata. Il comportamento del vecchio smuove nell’animo dell’assassino il dolore per il ricordo di quando era bambino, di quando era giovane (aprile) e innocente. Un gesto di amore dopo il suo odio lo spinge a pentirsi inevitabilmente. Io sono convinto che è così che possa funzionare sempre. L’assassino rimpiange l’epoca innocente della sua giovinezza; mai e poi mai compirebbe nuovamente un gesto così deplorevole ed animalesco come un assassinio (o forse non lo farebbe solo per quel momento ma è fondamentale la sua catarsi, anche se solo per un istante, vuol dire che è così che funziona il suo animo). Splendida l’immagine finale dei gendarmi che vanno dal pescatore chiedendo se avesse visto l’assassino. Il vecchio mantiene quella ambigua espressione iniziale. Forse aveva capito del (seppur momentaneo) pentimento del delittuoso figuro, forse è un codardo omertoso. Quella sua espressione ci mette di nuovo in crisi e ci lascia una sola certezza: quest’uomo sa sempre quale sia la cosa migliore da fare. ------------------------------- So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale, da un fuori che non c'è se mai nessuno l'ha veduto
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Simone Fagioli
Cittadino
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Inserito - 14/01/2004 : 20:25:33
Ciao Paolo!Mi è piaciuto moltissimo il tuo commento de "Il Pescatore" e sono della tua stessa opinone sulla considerzione globale su De Andrè... La mia riserva circa l'accademismo e l'ufficialità deriva dal fatto che a Dè Andrè non sarebbe piaciuto e non avrebbe voluto essere per nessun motivo accademico o ufficiale. La prova è la sua intera vita vissuta " All'ombra dell'ultimo sole". Ciao!! Simone Fagioli |
Paolo Talanca
Senatore
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Inserito - 14/01/2004 : 21:30:24
Non lo so Simone. Sicuramente De André non era uno che si svendeva, uno che ha iniziato tardi persino a fare concerti. Permettimi di citare un verso di Guccini:"la piccola infelice si è incontrata con l'Alice per un summit sopra il canto popolare. Marinella non c'era, fa la vita in balera ed ha altro per la testa a cui pensare" dove naturalmente la piccola infelice è la Lillì di Venditti e il verso si riferisce all'unione artistica del cantautore romano con De Gregori (Alice), col ridimensionamento della natura delle opere dei colleghi a semplice "canto popolare", non poesia. Attenzione però, non è presunzione quella di Guccini: lui ha detto più volte che per lui le canzoni non sono poesia. Basterà: "Malinconie discrete che non sanno star segrete, le piccole modeste storie mie, che non si son mai messe addosso il nome di poesie" Marinella è Fabrizio, ed anche per Guccini Faber aveva "altro per la testa a cui pensare". Però da un aneddoto raccontato dopo la morte di De André dal suo amicissimo Paolo Villaggio, l'attore racconta che un giorno, di fronte al mare, chiese a Fabrizio cosa si sentisse di essere e Fabrizio rispose di sentirsi un poeta. So anche - ma quanti aneddoti so stasera!!! - che Fabrizio amava citare Croce in questo modo: "Benedetto Croce diceva che tutti scrivono poesie a diciotto anni, poi continuano due tipi di persone: i poeti e i cretini. Io per precauzione mi definisco un cantautore." ------------------------------- So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale, da un fuori che non c'è se mai nessuno l'ha veduto
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