Oggi e' stata una delle giornate piu' fredde dell'anno, attorno alla citta' e' tutto bianco di neve, in citta' piove a dirotto e la temperatura e' gelida. In ufficio la mia segretaria Cristina, mio braccio destro e sinistro e mente pensante, si e' dovuta mettere i guanti per arginare i brividi causati dagli spifferi che inusualmente attraversavano il legno degli infissi delle grandi finestre.
Le gemme dei fiori che avevano iniziato a sbocciare sul balconcino si erano ritirate, intirizzite, e gli altissimi alberi sulla via sottostante mostravano per la prima volta dall'inizio dell'inverno un aspetto inquietante, fino a ieri non avevano perduto neppure tutte le foglie, oggi erano solo spogli lunghissimi rami di un nero cupo che mossi dal vento scendevano a frustare ripetutamente i vetri.
Sullo sfondo un cielo plumbeo, pesanti gocce d'acqua si abbattono trasformando in pozzanghere che non si asciugano le strade deserte e i pavimenti dei balconi."Fortuna che siamo dentro" osservo' la mia segretaria e "grazie al cielo le serrande e le maniglie delle finestre sono ben chiuse", aggiunsi io.
Inizio' come una folata, poi un sibilo, infine uno scroscio che si abbatte' contro la finestra che cedette e si apri' strappando dal pavimento le barrette di sicurezza, lo spazio di un attimo e la mia segretaria mi grido' : "chiudi!" e io mi precipitai in avanti e con sforzo sovraumano spinsi gli infissi fino a che riuscii ad accostare la finestra e poi serrai la maniglia, ansavo, non solo per la fatica, ma perche' avvertivo che era troppo tardi, era entrato.
"E adesso?", domandai alla mia segretaria.
"Adesso cosa?", rispose lei imperturbabile.
"E' entrato"
"Ma chi?"
"Davvero non lo vedi? Non hai visto con che impeto ha forzato dall'esterno la finestra e non vedi le impronte?"
"Quali impronte?", la mia segretaria usava un tono canzonatorio, era abituata alle mie fantasticherie fantascientifiche.
Eppure stavolta non poteva contraddirmi, le orme erano inequivocabili, diverse macchie scure sul pavimento di marmo grigio, gliele indicai senza parole.
"Ma dai, c'erano anche prima"
"No", le risposi con calma, "ascolta, e' entrato, ora l'hai alle spalle, sul tavolino del telefono, non voltarti"
Mi guardo' soppesando che cosa avrei inventato stavolta, ma stavolta non avrebbe potuto negare la realta'. "Te lo descrivo, ha un viso ovale allungato verso il basso, i globi oculari sporgono fino a terra, la bocca e' un sogghigno con tre denti aguzzi attaccati in alto e ha otto tentacoli, viscidi, flaccidi, fangosi, non voltarti".
"Ma non dirmi, allora non era il vento, e' uno spettro che ha travolto la finestra e adesso e' alle mie spalle, vero?"
"Si'", le confermai il dato di fatto.
"Va bene, ragioniamo", prese in mano la situazione con tipica risolutezza femminile, "tu dici che e' entrato uno spettro e addirittura sostieni che quelle macchie sono le sue impronte e che adesso e' alle mie spalle e io adesso mi volto e, guarda un po', non vedo nessuno spettro".
Persi un battito mentre lei si volgeva verso il tavolino del telefono, mi preparai a saltare addosso all'orrendo essere se le avesse avvolto i tentacoli attorno al collo, ma lui non si mosse.
"E allora dimmi, perche' mai non mi salta addosso?, mi sfido' lei con tono ironico.
"Perche' e' congelato, lo vedo dalla bava che gli scende dalla bocca, e' quasi ghiacciata, e' entrato qui perche' fuori fa troppo freddo per lui", certe volte e' dura convincere le donne con la semplice logica.
"Dunque, qui siamo in due e ci sono due versioni opposte, solo una delle due e' evidentemente vera".
"E' vera la mia!", la interruppi quasi indignato.
"No, e' vera la mia!", riprese lei in tono fermo.
"Tu non lo vedi!", indovinai con improvvisa comprensione.
"Non lo vedo perche' non c'e' nessuno spettro infreddolito qui dentro!", insistette lei.
Giunse l'ora in cui doveva tornare a casa, ci guardammo burberamente mentre ci salutavamo, devo dire che tirai un sospiro di sollievo quando chiusi la porta dopo che fu uscita, per fortuna lo spettro non le aveva fatto del male ed ora lei era in salvo. Certo che era una situazione senza via di sbocco, due convinzioni ugualmente incontestabili. O c'era o non c'era.
Mi arrestai di colpo all'agghiacciante consapevolezza mentre mi voltavo per tornare nella sala dell'ufficio, se c'era, ora ero solo con lui e ormai si era certo scongelato.
Roberto
I racconti dell'ufficio