zanin roberto
Senatore
Italy
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Inserito - 29/02/2004 : 21:52:59
L'ORA DI CHIMICA La cicatrice che caratterizzava il volto disteso ma profondo, doveva essere il segno di un passato movimentato, i suoi occhi impenetrabili, la pelle scura non di abbronzatura ma per qualche scherzo genetico, era leggermente raggrinzita, il professor Santolin di chimica industriale aveva il registro aperto e con gli occhi lo consultava dall'alto in basso con meticolosa attenzione. In quel 1974, noi di quinta periti chimici, dell'Istituto Tecnico Industriale "Kennedy" di Pordenone, eravamo usciti dalla prima ora di ginnastica e ora rientrati in classe dalla palestra, ci aspettavano due ore con l'irascibile professor Santolin. La materia era importante, difficile, a volte affascinante, a volte astrusa, incomprensibile ma sempre un veicolo da "guidare" con estrema attenzione e prudenza. Il silenzio era calato su tutto, dai banchi non si muoveva niente, nessuno parlava, il respiro di alcuni ancora leggermente sudati dal basket, era pesante. Brunello che trafficava in continuazione con le penne biro, fece cadere un cappuccio, tutti si girarono nella sua direzione, arrossi, con calma si chinò e raccolse la plastica blu, di colpo l'unica ragazza della nostra classe, seduta nel primo banco, alzò tremante la mano, stette cosi secondi interminabili, fino al crampo, con un fil di voce disse : - " Professore, posso andare ai servizi? "- la sua erre moscia era amplificata e grattò più del solito ma dava a quel suo tono da condannata a morte una certa dignità. Il professore alzò lentamente lo sguardo su di lei e senza dire una parola fece un gesto schifato di assenso, odiava la paura lui. La Licia usci in fretta lievitando dal pavimento, appena la porta si chiuse, con la sua voce uscita da un film dell'orrore, dai toni bassi, gutturali, disse com timbro ironico: - " Bambocci eh....la vostra compagnia se la fa sotto...eh?"- il suo riso era una serie di rimbombi cavernicoli e noi accettammo l'umiliazione come cosa dovuta. La mano grassotella chiuse con un gesto violento il registro, quasi lo volesse polverizzare, sorrise compiaciuto, ci guardò per un attimo, io credo che avesse capito l'atmosfera di panico da interrogazione che regnava nella classe, poi posò lo sguardo sulla preda e disse: - " Federico vieni fuori che ti interrogo ! " - Il suo modo di insegnante esigente e molto scrupoloso aveva creato nelle sue classi la fobia dell'interrogazione, quasi mai anche i più preparati ne uscivano al massimo con un sei. Tutti gli altri compagni tirarono un sospiro di sollievo, momentaneo ma felice, lui Chicco si alzò dignitosamente, dall'espressione del volto fece capire che non era preparato ma si sacrificava con coraggio. Si avviò, ci guardò, sistemò i suoi occhialetti, il professore lo osservò incuriosito e sorrise quando si allargava in quel gesto simile a un ghigno, non c'era niente di buono nell'aria. La domanda che fece fu una bomba atomica, disse asettico: - Parlami del vacuum ..." - ovvero della distilazione del petrolio sotto vuoto, praticamente il cuore della raffinazione, con mille reazioni di chimica organica, numerosi passaggi impiantistici zeppi di dettagli tecnici. Federico enunciò cos'era poi si fermò, stava tentando di cucire frasi e parole in concetti, però non osava scrivere con il gesso nessuna reazione, si gettava sulla lavagna appoggiava il gesso in un punto poi si voltava a pensare, lasciando quel nero di fondo vergine, quindi ci guardava, nessuno di noi era in grado di suggerire, quei pochi che potevano farlo se ne guardavano bene sapendo a quali rappresaglie si sarebbero esposti. Il professore cercò di formulare in modo più specifico la domanda ma cosi facendo lasciava sempre meno spazio all'improvvisazione di Chicco. Lasciò il cancellino sulla cattedra, blaterò un'oscenità tecnica, che non si armonizzò con nessun aspetto in questione, la faccia di Santolin si arrossò, le mani si strinsero in pugni e un ondeggio del mento laterale presagiva un fulmine imminente. Il mio compagno fece la stupidaggine di scrivere con il gesso una reazione del tutto impossibile e allora il professore prese il cancellino e con veemenza cancellò rapidamente quei segni dell'ignoranza, la tensione era al massimo, si sudava nonostante alle spalle di Chicco la finestra a compasso, fosse aperta. Santolin fece la domanda dell'irreparabile, molto specifica, disse: - " Qual'è il catalizzatore impiegato nella reazione principale?" Federico pensò a lungo poi disse che non lo sapeva, un pò stizzito e ribelle per quel lungo tormento subito, il professore lo guardò con intensità poi con uno scatto gli lanciò il cancellino che lo sfiorò, colpi la lavagna inclinata rimbalzò sul vetro della finestra e cadde dal terzo piano sul prato verde sottostante, eravamo alla colica addominale o poco meno, per niente pentito del suo gesto di stizza disse al mio compagno perplesso e impaurito: -" Ti dò cinque minuti per recuperare il cancellino caduto sotto, vai!"- Federico ripresosi scattò con le sue corte leve fuori dall'aula, si precipitò al piano terra con velocità elevata,usci all'aperto, scavalcò siepi, cercò, recuperò il cancellino e risali in un baleno. Entrò in classe senza che niente si fosse mosso, il fiatone lo faceva ansimare, un dolore in gola diventava sopportabile a confronto dell'immediata sentenza che stava per udire. Il professore lo guardò con bonario rimprovero,si distese, lo mandò al posto senza commentare ulteriormente, ci disse in tono paternale di studiare di più, di applicarci, non voleva più assistere a scene mute,avevamo gli esami di maturità, ci disse che eravamo uomini ormai, non diede nessun voto e quel giorno andammo avanti nel programma. Segui una rilassante spiegazione che inizialmente servi da antispastico ma poi per la innegabile bravura del Santolin sfociò in una rapita attenzione, curiosa e trascinante come solo lui sapeva confezionare, maestro e istrione. Tutti ci sentimmo affascinati dal suo modo interdisciplinare in cui spaziava, aggiungendo alla sua esposizione aneddoti simpatici, aprendoci la mente al sapere, facendoci toccare comprensioni lontane, un uomo che si trasformava in quei magici momenti, amando visceralmente la materia e facendola amare anche a noi. Sicuramente l'andrenalina con lui, circolava in modo veloce e in quantità notevoli, lo stress che ci faceva prendere era tanto, esigeva in modo inumano ma dava talmente che nonostante la nostrà età non fosse proprio matura, intuivamo che era nel giusto. Molti furono i quattro presi con lui ma un suo quattro oggi mi sembra un onore, alla fine del'anno pochi non raggiunsero la sufficienza e solo per loro negligenza. A distanza di tanti anni, nel ricordo c'è ancora il sapore della tensione ma anche la consapevolezza che uomini, professori cosi, sono rari e io lo devo ancora ringraziare, grazie professore!
di Zanin Roberto
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