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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 CAIO MARIO ALLE AQUAE SEXTIAE
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zanin roberto
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Inserito - 12/03/2004 :  23:14:13  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
CAIO MARIO ALLE AQUAE SEXTIE

Il mare azzurro illuminato dal sole era splendido, l'odore del salso aromatizzava l'aria, splendide ginestre giallo zolfo ingentilivano la costa d'un Mediterraneo accativante.
Sulle foci del fiume Rodano, in quel 102 a.c. stavano approdando le navi romane con le vettovaglie, si scaricavano le merci e le si imbarcavano di nuovo sulle delle chiatte che dovevano poi risalire la Fossa Mariana fino ad Arlate (Arles)in Provenza.
Caio Mario, comandante in capo dell'esercito romano era salito sul suo cavallo e assieme alla sua guardia personale, risaliva l'opera idraulica che aveva fatto costruire e scavare ai suoi legionari, per forgiarli alla fatica e temprarli nel fisico e per poter avere un canale di comunicazione con il porto.
Era passato un anno da quando quei barbari germani dei Cimbri se ne erano andati in Spagna dopo aver portato il panico ai confini dell'Italia e battuto più volte l'esercito romano, prima Papirio Carbone, poi Giuno Silano, ancora Cassio Longino e infine una disastrosa sconfitta ad Arausio (Orange), dove i consoli Manlio e Cepione persero 80.000 uomini.
Mario aveva riorganizzato l'esercito ed era stato inviato dal senato romano a sconfiggere le popolazioni barbare che premevano in Provenza.
L'estate era calda, il suono ritmato delle cicale si faceva intenso, rientrato nel suo alloggio si spogliò dell'armatura e si gettò una brocca d'acqua fresca sul capo, bevve dell'ottimo vino di Provenza e divorò con volutà dei fichi essicati.
Guardava perplesso la sua carta geografica, quando un centurione, assai concitato, si presentò con urgenza al suo cospetto.
- " Ave generale, vi porto urgenti informazioni "
- " Ave Lucio Mitrio, parla e che Marte ti sia da testimone!"
- " I barbari Cimbri sono tornati nelle Gallie, sono a dieci giorni di cavallo da Arlate, ma mio comandante, c'è anche la conferma che altri barbari, chiamati Teutoni si stanno congiungendo ai Cimbri! "
- " Bene !...Gli dei mi avevano avvertito con un sogno premonitore del loro arrivo, noi siamo pronti! Oggi sulla costa, un gabbiano mi è sceso sulla spalla e dal becco ha fatto cadere un ramoscello di alloro...dunque...la vittoria è annunciata!...vai e diffondi il fausto auspicio! "
- " Ave generale, sarà fatto! "
Mario era abilissimo, sapeva giostrare con la propaganda e non lasciava mai il suo esercito privo di convinzione. L'indomani tutto l'esercito lasciò Arlate e si diresse a nord. Il verde dei boschi emanava un forte timbro di resina e i cinghiali paurosi schizzavano da ogni dove, il sole imperante penetrava a fatica tra i rami e l'ombra era un refrigerio agoniato per il lungo serpentone che avanzava al passo.
Mario era molto pensieroso e determinato, fece scavare lungo la via che attraversava il nuovo campo, lunghe trincee profonde e distanti, fortificazioni intervallate da torri,curava con pignola attenzione ogni particolare.
- " Ehi legionario, di dove sei ? "
- " Mio generale, sono dell'Etruria...da Vetulonia! "
- " Si la conosco, ma non levarti mai l'elmo ! Siamo in zona di guerra, i barbari nostri nemici possono attaccare all'improvviso ! dunque armatura in ordine ! "
- " Mi scuso, comandante, il caldo è forte!...lo rimetto subito!...non succederà più generale! "
Il generale e console per la quarta volta, amava i suoi uomini ma detestava perderli per imprudenza o poca disciplina.
All'alba di un giorno molto ventilato, un rumore sordo allertò le sentinelle. Di là dal fiume Isere giungeva un scintillio metallico che si fece chiaro poco dopo, quando gli esploratori romani arrivarono al galoppo gridando:
- " Sono quà, i barbari sono arrivati, sono le tribù dei Teutoni alleati agli Ambroni, mentre i Cimbri si sono divisi da loro e proseguono verso il passo del S.Bernardo! "
Di colpo le lunghe trincee si erano colorate di rosso porpora delle tuniche romane, gli uomini preparati da Mario erano pronti e accumulavano tensione per l'imminente scontro.
L'avanguardia dei Teutoni arrivò rumorosa, uomini dai lunghi capelli rossi, con insolite lunghe e incolte barbe, i petti seminudi e un forte odore acido ne assatanavano l'aspetto che incuteva terrore ai latini. Erano armati di grosse ascie e di lunghe spade, sfilavano lungo le fortificazioni romane cercando di provocare allo scontro i nostri.
Caio Mario da sopra una torre di legno che dominava il campo, guardava sicuro l'incedere del nemico.Molti legionari imbracciarono l'arco per reagire ma subito gli ufficiali ebbero l'ordine di dissuadere ogni iniziativa.
I legionari non capivano, perchè non attaccavano ?
Molti guardavano il volto del console, per capire se era giunto il momento ma l'attesa fu vana. Quando il re dei Teutoni, Teutoboldo, attraversò le difese romane si fermò, quindi rivolto ai soldati romani disse in tono di scherno e provocatorio:
- " Allora codardi, femminucce romane, cosa dobbiamo dire a Roma? cosa diremo quando incontreremo le vostre donne e i vostri figli? gli diremo che avete avuto paura ?....ah,ah,ah...! "
Per sei giorni i barbari sfilarono sotto gli occhi sempre più irati degli italici ma il generale non voleva ingaggiare battaglia. Quando l'ultimo degli Ambroni scomparve ai loro occhi, il console scese tra i suoi.
La sera spegneva ogni eccesso del torrido giorno, nuvole grosse e nere si addensavano in cielo, fulmini di lontano illuminavano l'orizzonte, il rantolo del tuono seguiva sordo con regolare frequenza.
Mario arringò i suoi soldati, disse loro che ora erano pronti, caricati al punto giusto, determinati. Era orgoglioso del loro comportamento, del sangue freddo dimostrato. Nessun esercito avrebbe dato prova di disciplina e coraggio come loro, erano una macchina invincibile.
Nei giorni seguenti avrebbero esploso tutta la loro rabbia contro un invasore insolente che avevano già domato psicologicamente.
L'Aquae Sextiae era stata fondata dal console Sextius nel 123 a.c., 21 anni prima, proprio nei pressi di una sorgente termale, quale migliore sede per purificare quei barbari arroganti.
Alla retroguardia dell'esercito germano, erano rimasti gli alleati Ambroni che si erano accampati, senza una particolare strategia difensiva, nei pressi del castrum Aquae Sextiae.
Le legioni romane erano schierate con impeccabile precisione, alle prime luci dell'alba mossero all'unisono e piombarono sui barbari come un avvoltoio a cui la fame aveva fatto perdere ogni inibizione.
Il cielo terso si vesti di dardi e lance e il luccichio delle armi rimbalzò nella piana, quei romani riscattarono l'umiliazione dell'attesa delle settimane precedenti, le grida degli Ambroni squarciarono l'atmosfera amena delle acque termali.
Mentre sgorgava fumante la solfurea linfa dalla terra, l'incalzare delle coorti si accompagnava al tradizionale colpo di gladio sullo scudo che percuoteva con l'eco sinistro, le viscere del nemico.
Quando la sera pietosa scese a spegnere il giorno violento, il campo di battaglia era rosso e dei barbari rimanevano solo pochi prigionieri.
Roma era salva.
Caio Mario si immerse nelle calde acque d'un piccolo stagno roccioso e con la mano intimò un ordine ad un suo luogotenente, subito dopo pire di fuoco in lontananza arrossarono l'orizzonte mentre canti di gioia si levavano dalle tende dei suoi uomini,distinse le parlate dialettali dei legionari Sanniti e quella dei Bruzi poi si ricordò che non aveva ancora ringraziato gli dei.
S'immerse con la testa sott'acqua e usci grondante dalla pozza, guardò i suoi uomini mentre un servitore gli porgeva dei panni per asciugarsi, sorrise compiaciuto e disse : grazie !

di Zanin Roberto

   
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