Elena Fiorentini
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Inserito - 12/05/2004 : 23:29:25
In questi giorni a Firenze è in corso un convegno indetto da sindacati e organizzazioni umanitarie di grande prestigio si sta occupando del lavoro dei bambini nel mondo. Sul nostro pianeta si sono calcolati circa 246 milioni bambini vittime dello sfruttamento del lavoro. Bambini dai 4 ai 14 anni, ridotti in schiavitù, spesso venduti dagli stessi genitori: bambini di quattro anni cominciano a lavorare i tappeti. Centoventi paesi hanno firmato un convenzione per eliminare o ridurre drasticamene il lavoro minorile nei loro paese entro il 2005.In italia la scuola dell'obbligo durava fin verso i 12 anni nella storia che sto per raccontarvi, ma Carlino ha smesso al termine della quinta elementare.
- 1 - Il garzoncino a bottega Cantù,20 maggio 1926 Carlino, ragazzino di 10 anni, esce di corsa da scuola. La cassetta di legno gli sbatte sui fianchi, ma non gli fa male. Corre a casa e mangia svelto un boccone, una merendina o un sorso di latte. Non riesce a terminare che viene sollecitato a sbrigarsi: "Su, Carlino, porta via i buscaj" C'è molto da fare a bottega. Bisogna sgomberare i trucioli, raddrizzare i chiodi, riscaldare la colla.C'è da raschiare con la carta vetrata o l'asprella e molte cose ancora, ma a misura di bambino, purchè stia lontano dagli oggetti pericolosi, e in un mobilificio ce n'è tanti. Di tutte le attività la preferita di Carlo è quella di raddrizzare i chiodi. Pesta sui vecchi chiodi contorti ed uncinati da recuperare, nulla va buttato. Picchia e pesta con tanto entusiasmo che dà una pestata anche alla dita. Guaisce come un cagnolino, offeso dal tradimento del martello. I garzoni, più esperti, ridono: " Non te lo ricordavi che le dita sono le tue, non te lo ricordavi, vero?" Corre fuori di corsa, ficca le mani nell'acqua fresca per avere un po' di sollievo. In un angolo della bottega, sopra un bancone per il momento in disuso,prepara i compiti per il giorno dopo.Poi finalmente si può riposare e si diverte a guardare il lavoro degli operai. La sua ammirazione va soprattutto all'intagliatore che da un pezzo di legno ricava fiori, bambini, fregi fantasiosi per ornare i mobili. E' bello anche vedere assemblare un mobile,dopo che tutte le parti sono state costruite. Carlino è un ragazzo in gamba,molto puntiglioso, ha già in mente il suo futuro:desidera avere una bottega tutta sua e per quello si sta dando molto da fare. Alla sera e alla domenica, quando la scuola e la bottega sono chiuse, si reca alla scuola di disegno. Dai primi semplici progetti dovrà imparare ad intagliare coi modelli dell'architetto. Ha una grande passione per il disegno e per l'intaglio il nostro Carlo. All'età di undici anni, al termine della scuola elementare, potrà finalmente entrare a far parte della bottega in modo ufficiale, anche se il banco e gli attrezzi sono ancor troppo grandi per lui, che è ancora un bimbo. Ha ancora molte cose da imparare: deve saper a maneggiare come si deve il martello, la sega, la pialla, il succhiello, la morsa. dovrà anche intendersi di colle, resine e vernici che serviranno a rifine il lavoro. Passano gli anni: Carlino diventerà un abile artigiano,i suoi oggetti artisticamente intagliati sono ammirati e ricercati dai negozianti, che li metteranno in vendita come articoli pregiati. Carlino farà parte di quella grande schiera di artigiani che continuano ancora ad esistere in Brianza, precisamente in quella zona che sta fra Monza e Como e che ha centro a Cantù, la cittadina divenuta capitale del mobile e conosciuta in tutto il mondo.
Bancone da lavoro dal museo etnografico del falegname Tino Sana di Almenno San Bartolomeo ( Bergamo)Edited by - Elena Fiorentini on 21/05/2004 09:38:42
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smemorina46
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Inserito - 13/05/2004 : 15:22:29
Infanzia feritaMa che ve devo dì? Nun so’ contenta de vedè che quell’arma innocènte, pesta la strada a marcia lenta, lenta, co’ la mano protesa a quella gènte! Viene certo da un posto lontano, e tutto er giorno sta co’ quella mano, tesa,verso l’occhi indifferenti, de chi nun saprà mai che so’ gli stenti. Nun conosce gli àggi,ne la gènte, è triste, sporco, vestito malamente… lo sguardo è serio.. er grùgno piccolino, nascònne drento l’animo bambino. La strada la carpesta giorno e notte e si nun porta sordi lo riémpieno de botte! Questa è la triste storia de tanti regazzini tenuti come schiavi da terìbbili aguzzini. Gnisuno che li ama..gnisuno li protegge… feriti ner profònno da mille inzàne schegge. Nun ce stà soluzziòne…nun ce stà la morale… sortanto drento l’arme, profònno, grànne male. Arma= anima |
ophelja
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Inserito - 13/05/2004 : 17:10:43
La ricamatrice
Sul lungo tavolo del laboratorio erano allineate le matassine di filo colorato. Ogni ragazza era seduta su una sedia impagliata e attendeva al suo lavoro riempiendo di piccoli punti il disegno ricalcato con una matita copiativa dalla “Signora Maestra”. Nessuno parlava. Ad un timido accenno di sorriso o di un discorso ripreso da una delle ragazze seguiva immediatamente il rimbrotto della signora. “Non perdiamoci in chiacchiere, ragazze! Fine mese è vicina e siamo in gran ritardo.” Fine mese…non certo per la paga. Era quello il limite di tempo stabilito dalla Signora Giovanna Jezzi per riavere il corredo della figlia Olga che si sposava in giugno. Metri e metri di lino, di delicati bissi, di seta, da ricamare per sontuosi lenzuoli, per asciugamani , per tovaglie, per biancheria intima. Tutte le ragazze , circa una decina, erano coinvolte in quell’estenuante lavoro di precisione. Anche Rosina, la figlia del fabbro. In casa erano in sette e i cinque bambini , compresa Rosina, dovevano adoperarsi per non essere di peso in una famiglia dove, un giorno si e l’altro pure, si doveva far i conti con le poche lire guadagnate dal padre. Rosina aveva 8 anni e una treccia scura sulle spalle. China sul suo lavoro, seguiva le istruzioni delle ricamatrici più anziane, e non si lamentava mai . Era pesante stare ferma tutto il giorno, sforzarsi gli occhi su quelle trame sottili… “Ti piacerebbe pranzare ad un tavolo con questa tovaglia?” la stuzzicavano a volte le compagne. Lei sorrideva e, senza alzare la testa bruna, rispondeva con un sogno negli occhi. Ophelja |