Renato Attolini
Senatore
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Inserito - 03/06/2004 : 20:48:19
In collaborazione con Mircalla che ha scritto l'introduzione e lo svolgimento. Le gocce di pioggia si depositavano sulla superficie del vetro della finestra con un leggero ticchettio, incrostandolo di una moltitudine di minuscole perle trasparenti che poco a poco migravano una verso l'altra formando una goccia sempre più grande. Sara allungata sul divano osservava intenta quel gioco di pioggia sul vetro, cercando di indovinare quale goccia, ormai diventata troppo pesante, sarebbe rotolata giù lasciandosi dietro un minuscolo rivolo che avrebbe inglobato in sé altre gocce deposte lungo la sua corsa verso il davanzale. La fotocellula del lampione, ingannata dalla pesante coltre di nubi ordinò alla lampadina di accendersi, nonostante fossero appena le quattro del pomeriggio. Sara spostò lo sguardo oltre la finestra, verso il giardino. Si soffermò sul profilo della quercia che sorgeva maestosa a ridosso del muro di cinta, un'ondata di ricordi d'infanzia l'assalì. La casa era appartenuta alla nonna paterna; Sara vi aveva trascorso tutta l'infanzia e gran parte dell'adolescenza, e adesso dopo la morte della nonna, la casa era sua. Le ci erano voluti mesi prima di trovare il coraggio di tornare. Ma alla fine era tornata. Sara si mosse sul divano nel tentativo di trovare una posizione più comoda, nascose i piedi nudi ed infreddoliti sotto i cuscini del divano, si addossò il vecchio maglione e tornò a osservare il giardino ormai completamente avvolto dalle ombre di una notte precoce. La pioggia aveva smesso di cadere ed una nebbia leggera si era levata conferendo al giardino un aspetto vagamente surreale. L'attenzione di Sara fu attratta da uno strano bagliore che apparve e scomparve in vicinanza del muro di cinta. Sara si raddrizzò un poco sorreggendosi su di un gomito e fissò a lungo il punto in cui il bagliore le era parso venire. Era sul punto di riallungarsi quando lo vide di nuovo "sto sognando" pensò. Si mise a sedere e si guardò intorno, la luce proveniente dal lampione del giardino filtrava attraverso i vetri della finestra e si riversava sui mobili della stanza buia, lunghe ombre si allungavano sul pavimento e sui muri. Sara si alzo ed andò verso la finestra, appoggiò la fronte sul vetro gelido e guardò fuori, tutto era quieto. Era sul punto di convincersi definitivamente di aver sognato "mi sono appisolata" si diceva e la tensione che poco prima si era impadronita di lei cominciava a dissolversi...e poi accadde. Dapprima senti il vetro cedere sotto la leggera pressione della fronte poi fu il resto della finestra ed il muro. Fu come immergersi nell'acqua gelida. La sensazione durò qualche secondo poi si rese conto di essere in giardino. Rimase immobile, incredula, la mente vuota, non riusciva a capacitarsi dell'accaduto. A piedi scalzi, nell'erba bagnata, Sara cominciò a tremare dal freddo. Si voltò a tastare il vetro ed il muro entrambi solidi...ed impenetrabili. "Che ti aspettavi?" si chiese ad alta voce, "hai camminato nel sonno" e così dicendo fece per avviarsi verso la porta sul retro quando sentì una sorta di tramestio venire da qualche parte alle sue spalle. Si voltò di scatto e questa volta la vide chiaramente una lama di luce che apparve e scomparve a pochi metri da lei. Il cuore le batteva all'impazzata mentre una sorta di richiamo le echeggiava nella mente. Mosse qualche passo verso il punto nel quale aveva visto apparire la luce ed allungò le dita nel buio. L’aria intorno a lei si era fatta improvvisamente densa, la luce apparve di nuovo alla stregua di un piccolo punto che dapprima si espanse fino a diventare un riquadro, "una porta" pensò Sara, che si avvicino un poco di più fino ad immergere le dita nel chiarore, poi si immobilizzo per qualche secondo, indecisa impaurita, la mente in preda ad un misto di paura e curiosità, affascinata e terrorizzata... Trattenne il respiro chiuse gli occhi ed attraversò. Le parve di essere in preda ad una corrente, sollevata, sospesa trasportata e poi tutto si arrestò, era arrivata. Immobile, gli occhi ancora chiusi, il respiro un po’ affannato, i sensi all'erta, sentì un calore piacevole invaderla poco a poco. Sara contò fino a tre poi apri gli occhi piano e si guardo intorno, Vide le pareti, il caminetto acceso, l'orologio a pendola sulla mensola, il divano... era a casa, la stanza era la stessa eppure diversa da come l'aveva lasciata qualche minuto prima. Per cominciare il fuoco era acceso ma la cosa che più la Sara fu la pendola sulla mensola, era rotta da anni, lo sapeva benissimo tanto che si ricordava con precisione il giorno in cui proprio lei lo aveva fatto cadere. Ma adesso era lì sulla mensola proprio come un tempo ed aveva improvvisamente ricominciato a funzionare: contava i minuti in tono ritmato come ogni orologio che si rispetti. Non era solo questo particolare che la inquietava. Si guardò intorno: la casa sembrava diversa più nuova. I muri scrostati che mai si decideva a voler ridipingere splendevano di una tinteggiatura fresca, recente. La polvere che pigramente aveva fatto cadere sui mobili era scomparsa e tutto brillava di una nuova luce. Guardò fuori dalla finestra: la pioggia era cessata ed un sole caldo aveva asciugato il prato. “Strano” si disse “Sembrava dovesse piovere per mesi.” Ma la cosa che la turbò di più fu l’accorgersi che dalla mensola era sparito il portaritratti con la foto di sua nonna. “Era lì, ne sono più che sicura!” esclamò con un tono di voce così alto che echeggiò per la casa. In quel mentre bussarono alla porta. “Chi potrà mai essere?” si domandò allarmata “Non aspetto nessuno.” Col cuore in tumulto corse ad aprire. Una graziosa bimbetta con gli occhi azzurri ed i riccioli biondi le sorrise porgendole dei fiori. Il suo viso, seppure gaio e sorridente le fece gelare il sangue nelle vene. “Li ho colti per te, nonna.” Cinguettò la bimba. Indossava un grembiulino azzurro col colletto bianco e sul petto risaltava il suo nome ricamato in rosso: Sara.
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