E' tanto che non scrivo qui, chissà se qualcuno si ricorda di me, oggi mi è venuta la nostalgia e lascio questo mio pensiero...Nessuno credo riesce ad ammetterlo, ma pretendiamo la perfezione nelle persone che ci circondano, vediamo in essi una quantità di difetti, di mancanze, e ci dispiaciamo, distruggiamo... .arrabbiamo ogni giorno, per una serie di aspettative mancate.
Ci aspettiamo dagli altri che si comportino come noi avremo fatto, come noi riteniamo più giusto, più consono al nostro modo di essere, come a noi avrebbe fatto piacere, ma raramente questo accade, una persona mi ha detto, non bisogna aspettarsi niente, è ho trovato molto triste questa frase, credo sia nell'animo umano aspettarsi qualcosa dagli altri, altrimenti non avrebbe più senso nulla, da non scambiare con il pretendere, che è tutto un altro discorso.
Quello che spessissimo ci passa per la testa è il pensiero di aver dato qualcosa e di faticare enormemente per avere una pur minima contropartita, anche se nessuno fa le cose, almeno dovrebbe essere così, con il disegno di averne successivamente benefici, e sto parlando di rapporti umani, alla fine ci si trova a sbattere contro muri invalicabili di incomprensioni e aspettative mancate, che immancabilmente ci portano ad allontanarci dalle persone, a pensare che il mondo dei cattivi si sia unito in complotto contro di noi, per farci tutto il male possibile.
Però è anche vero, che se da una parte si chiede perfezione, dall'altra ci sta l'ostinazione a non cedere nulla o poco di se stessi, per motivi caratteriali, per partito preso, o perché si pensa che gli altri ci debbano prendere come siamo, e nonostante ci sia chiaro cosa voglia l'altro da noi, pensiamo che concederlo sia perdere la libertà di essere noi stessi, ma forse ci sarebbe da chiedersi un attimo se ci siamo mai veramente raccontati.
Abbiamo mai pensato di raccontare come siamo? Con tutta l'onestà possibile e con tutto il desiderio di farci veramente capire? Oppure questa mancata perfezione che riscontriamo negli altri ci fa perdere di vista, quanto noi stessi siamo imperfetti, quanta fatica chiediamo a chi ci sta intorno, di arrovellarsi, scervellarsi, pretendendo che capiscano qualcosa che noi ostinatamente continuiamo a nascondere: noi stessi... la nostra anima.
E si finisce per trasformare i rapporti umani in una pantomima di una lotta greco romana, in cui qualcuno tende le braccia per abbracciarci, e noi gli poniamo le mani sul petto per respingerlo, e ogni volta le braccia fanno più male, e quelle braccia un giorno saranno abbassate lungo il corpo, inermi, stanche, smetteranno di abbracciare, e noi saremo pronti a lagnarci del mancato abbraccio, dimenticando le nostre mani che hanno respinto, allontanato...
In questo labirinto di muri altissimi, cerchiamo affannosamente il manovale, il muratore, colui che li ha costruiti, ma non ci rendiamo contro di aver impastato la calce, di aver portato noi ogni giorno la cariola, i mattoni... e siamo stati attenti che questo muro venisse perfetto... stiamo cercando quella no? La perfezione...
Ed in questo mondo, di perfetti imperfetti, "di zebre che fingono di essere cavalli bianchi", (citazione) di teneri e impauriti bastardini che si credono cani di razza, continuiamo tenacemente la ricerca del nostro Santo Graal personale, di questa isola che non c'è... o forse c'è... seconda stella a destra...
sissu