Tratto dal secondo capitolo del mio libro: Sotto la cenere.
In scena il detective Ray Hayes, l'agente Cassie Gates, un teppistello e una dozzina di newyorchesi ingari testimoni.
Tra la folla, Ray individuò un altro volto noto. Un ragazzetto, meno che ventenne, se ne stava lì a curiosare. Il suo berretto da baseball dei New York Knicks volutamente sforacchiato non passava inosservato. Indossava un paio di jeans, più grandi di almeno tre misure, su un paio di Nike nuove di zecca. Il giubbotto della sua squadra preferita era stato sostituito da una giacca a vento Tommy Hilfiger, anch’essa appena uscita dal magazzino. Con un cenno della testa, Ray indicò il teppistello al collega.
“Mi sembra troppo interessato.” disse. Il ragazzo, Josh J. Parker, era stato beccato diverse volte per spaccio di stupefacenti, ma se l’era sempre cavata perché minorenne. Adesso era un po’ che non si faceva pescare con la roba in tasca.
“Pensi che sappia qualcosa?”
“Qualunque cosa accada nei paraggi, lui ne è al corrente. Provare non costa nulla, no?”
Ray si mosse nella sua direzione, sperando di raggiungerlo prima che lui si accorgesse del suo arrivo. Riuscì a fare solo pochi passi, prima di vederlo saettare via. Ray lo inseguì. Il ragazzo sgattaiolò rapido tra i curiosi e piombò in strada, noncurante delle auto in transito. Lo stesso fece Ray. Gli sembrò di rivivere l’inseguimento di Mark Winters, ma questa volta stava correndo dietro a uno stupido marmocchio.
“Fermati! Polizia!” urlò, ma non servì a nulla. Il ragazzo se ne stava infischiando di lui e dei suoi avvertimenti. Decise di risparmiare quelle energie per corrergli dietro, tanto non si sarebbe fermato di sua spontanea volontà. Quel teppista era troppo veloce e Ray lo stava perdendo. Allungò la falcata, dando fondo a tutta la sua energia. Non si poteva dire fuori allenamento, ma contro quel razzo c’era ben poco da fare. Il ragazzo voltò l’angolo, infilandosi in un vicolo, e Ray lo perse di vista per un istante, il tempo sufficiente per permettergli di nascondersi.
“Esci fuori, Josh!” urlò Ray, impugnando la pistola. Non aveva intenzione di sparargli, voleva solo intimidirlo. “Voglio solo parlarti.”
Sapeva che era lì, nascosto da qualche parte. Avanzò cauto, tendendo l’orecchio. Josh s’era nascosto bene. Poi un rumore attirò la sua attenzione. In un cassonetto dei rifiuti qualcosa di muoveva. Ray si avvicinò.
“Esci di lì!” esclamò puntando l’arma. Accadde tutto in un istante. Josh si sentì scoperto e cercò di svignarsela, correndo a rotta di collo. Ma Ray non era lì, come il ragazzo si aspettava. Pochi passi più avanti il poliziotto puntava la sua pistola contro un gatto che, nel frattempo, aveva messo il muso fuori dalla sua cena e lo guardava con aria stranita.
“Maledizione!” imprecò, riprendendo la corsa. Il ragazzo uscì dal vicolo e attraversò la strada saltando sopra il cofano di un’auto per evitare di essere investito. L’uomo al volante strombazzò, inveendo contro di lui. Sopraggiunse Ray. L’uomo non si era accorto del suo arrivo e non riuscì a fermare l’auto. Lo prese in pieno, facendolo volare sul cofano. Sbalzato indietro, rovinò sul parabrezza, mandandolo in frantumi. Crollò poi sull’asfalto. Sentì un dolore lancinante al braccio, sul quale si era abbattuto con tutto il suo peso.
Josh rallentò fino a fermarsi. Riprese fiato, sogghignando. Si sentiva al sicuro. Ray era ormai fuori combattimento. Gli mostrò il dito medio, beffeggiandolo.
“Hayes!” sentì Ray. Cassie si era materializzata dal nulla e correva nella sua direzione. “Stai bene?”
Ray annuì, cercando di alzarsi.
“Prendilo!” disse iniziando a tossire. “VAI! Sto bene.”
Un istante, che le parve un’eternità, le occorse per stabilire quale fosse la priorità in quel momento. Il collega a terra dolorante o il teppista che si prendeva gioco di lui. Con un salto da fare invidia a un Mike Powell negli anni d’oro, Cassie scavalcò l’auto ferma davanti a Ray e corse verso Josh, rimasto inspiegabilmente immobile. Non si aspettava quello scatto. Una manciata di secondi le furono sufficienti per coprire i metri che la separavano dal ragazzetto. Lo investì come un treno in corsa, sbattendolo a terra. Lo bloccò col proprio corpo, costringendolo a faccia in giù. Lo ammanettò, mentre lui continuava a sbraitare.
“Non ho fatto niente.” strillò.
“Non ti sei fermato. È già qualcosa.” lo rimbeccò sollevandolo di peso. Per essere una ragazza minuta, Cassie aveva forza e coraggio da vendere.
Ray, intanto, aiutato dall’uomo che l’aveva investito, si era rialzato e aveva potuto assistere all’intera scena.
“È tutto tuo, detective.”
“Caspita!” esclamò, “Sei un fenomeno.”
Cassie si sentì arrossire. Abbassò lo sguardo sorridendo, compiaciuta per quell’inaspet-tato complimento.
“Grazie.” aggiunse Ray, “Se non era per te, l’avrei preso.”
“Dovere, detective.” disse lei, inspiegabilmente distaccata. Roger era giunto alle sue spalle.
Un sorriso, Titty