Vorrei proporvi questo articolo uscito qualche tempo fa sul quotidiano Il Tirreno parla di un bravissimo hang player di mia conoscenza :), Paolo Borghi, che ha suonato anche al mio matrimonio LIVORNO. "Lavori in corso". Così Paolo Borghi, classe 1983, nativo di Guastalla, cittadina di 15 mila anime in provincia di Reggio Emilia, ma livornese da più di un anno per amore, si offre alla nostra città in qualità di artigiano del legno. Lo fa promuovendosi con divertenti "volantini", in cui si dichiara disponibile a riparare mobili e oggetti in legno, ma anche a realizzare su misura pezzi d'arredo. Non bara Borghi, a lui infatti la creatività non manca, così come non mancano la fantasia e la voglia di fare. E quello del falegname è un mestiere - nel suo caso un'arte - a cui si è avvicinato giovanissimo, dopo il diploma d'agraria. Si è proposto come "ragazzo di bottega" a un artigiano del suo paese che costruiva scale. «Poi, quando per mancanza di ordini l'azienda dovette ridurre il personale - spiega il bel Paolo, occhi azzurri e sorriso accattivante - anch'io svoltai in altre direzioni. Non tralasciando però la passione per il legno, che mi è rimasta dentro, condivisa da altri interessi, come quello per la musica. Hobby di famiglia che sto cercando di trasformare in professione, frequentando a Firenze una scuola di musicoterapia, dove si insegna a dare al corpo ma anche all'anima, benessere e armonia attraverso i suoni». Borghi spiega che per lui la musica, e in particolare le percussioni, hanno sempre avuto grande importanza, anche se confessa di essere autodidatta: «Tutto ciò che conosco è frutto di una mia ricerca personale, che mi ha portato a scoprire nuovi strumenti e nuovi mondi», dice raccontandosi. Eclettico, inarrestabile, la parlantina sciolta di chi è abituato al contatto con le gente, il pensiero sempre in volo ma i piedi ben incollati a terra, il falegname-musicista ha fatto e continua a fare, anche se adesso con meno frequenza «quando vengo convocato dalle varie associazioni o compagnie», l'artista di strada. Cosa che - spiega - gli permette di entrare in un mondo affascinante, che per un curioso come lui è sempre bello scoprire. Ventotto anni vissuti intensamente e in modo variegato. Ma come mai un perito agrario dopo il diploma sceglie di diventare falegname? «La mia è stata una scelta dettata dalla necessità. Volevo fare la guardia forestale, ma scoprii che proprio quell'anno c'era stato il blocco dei bandi e che la mia domanda sarebbe rimasta nel cassetto. Così, tanto per non restare con le mani in mano, mi misi in cerca di un lavoro qualunque». Che trovò in una falegnameria. «Da principio mi assunsero in una serra di produzione floreale, e questo mi consentì di mettere a frutto i miei studi di agraria. In seguito però, il padre della mia ragazza di allora, artigiano falegname che costruiva scale di legno, mi chiese se volevo andare da lui come "ragazzo di bottega"». E lei accettò, facendo una scelta ancora più lontana dai suoi orizzonti. «Non tanto lontana perché a me i lavori manuali sono sempre piaciuti e l'idea di avere a che fare con il legno mi entusiasmava. Tant'è vero che, quando l'azienda rallentò la produzione per mancanza di ordini, ho continuato da solo il mio percorso, aprendo un piccolo laboratorio casalingo». Dall'agraria al legno, da dipendente a libero professionista. Ma qual è la ragione che l'ha portata da Guastalla a vivere a Livorno? «Una ragione puramente sentimentale. Durante una delle mie performance da artista di strada, ho conosciuto Allegra, una ragazza livornese. Da lì la mia decisione di spostarmi vicino a lei, sperando di poter continuare anche qui il mio lavoro con il legno. In questo momento sto aiutando un amico, ma prima o poi vorrei aprire un'attività, per mettere in pratica tutto quello che ho imparato: dalle riparazioni, ai pezzi d'arredamento veri e propri». Nel frattempo però sta frequentando una scuola di musicoterapia. «Si tratta di un corso biennale che mi porta a Firenze per quattro giorni alla settimana, più un giorno di tirocinio, che svolgo la mattina con i ragazzi disabili, e il pomeriggio in una Rsa (residenza sanitaria assistita, ndr) insieme ai malati di Alzheimer e demenza senile». Un bell'impegno! «Più che altro faticoso. Ma mi fa crescere e mi serve anche come terapia su me stesso». Le resta poco tempo per lavorare il legno. Come pensa di farlo? «Soprattutto nei weekend e, in estate, quando la scuola è chiusa». Parliamo della musica. Quando è entrata nella sua vita? «Il giorno in cui sono nato, perché in casa si respirava a pieni polmoni: mio nonno suonava la batteria, mio padre gli strumenti a fiato e mio fratello, che adesso ha una pasticceria a Guastalla, il basso tuba nella banda cittadina. Anch'io avrei voluto seguire le orme del nonno, ma allora i batteristi erano pochi, così con la scusa che le mie labbra erano impostate per i fiati, mi obbligarono a imparare il flauto dolce». E lei acconsentì? «Sì, ma dopo un mese di lezioni mal digerite me ne andai dalla scuola della banda e per un periodo mi diedi allo sport: basket, nuoto, arti marziali». L'idea della batteria però non l'ha abbandonata, visto che adesso suona l'Hang, uno strumento rarissimo. Come c'è arrivato? «Nel 2000 ho comprato da un venditore ambulante un tamburo africano che, poi, con grande sfortuna dei miei vicini e della mia famiglia, ho iniziato a suonare in casa. E in seguito ho fatto delle ricerche scoprendo vari strumenti tribali fra cui l'Hang». Oggi, oltre a essere considerato tra i migliori hang player d'Europa, lei è anche uno dei pochi collezionisti di questo strumento. «In Italia siamo in due ad averne tre. E nel mondo saremo in cinque. Si tratta dello strumento più ricercato al mondo e già possederne un esemplare è cosa rara». Servendosi del suono dell'Hang pratica anche un "massaggio sonoro". Ci spiega cos'è? «Un metodo che si basa sulla musica a basse frequenze diffusa da strumenti armonici, da ascoltare sdraiati su un lettino speciale, dove il "paziente" si sdraia rilassandosi... L'ho ideato io, prendendo spunto dalle usanze di alcuni popoli, che praticavano terapie calmanti, aiutandosi dal suono di certi strumenti». Adesso per campare fa il falegname, ma in contemporanea studia musicoterapia. Ma una volta diplomato, sceglierà la seconda opzione? «No. Una cosa non esclude l'altra e il legno fa anch'esso parte del mio progetto: ho costruito da solo gli strumenti che mi servono per il massaggio sonoro e vorrei continuare a realizzarne, per programmare dei percorsi di musica con bambini o persone disabili...». Come si rapporta a una Livorno tutta mare e sole un super impegnato come lei? «Splendidamente. I primi tempi in cui ci abitavo mi sembrava di essere in vacanza. E anche adesso, nonostante, studio e lavoro non mi permettano di godermi appieno la città e i suoi meravigliosi dintorni, mi ritengo fortunato, perché Livorno rispetto ad altre realtà del Nord dove sono stato - più "costruite" e basate soprattutto sull'apparire - ha una modestia diversa, legata alla tradizione e all'arte di star bene. Che è un po' la mia essenza, il mio modo di intendere la vita».
Fonte:
http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2011/05/23/news/legno-e-sound-cosi-v-incantero-4264646