luisa camponesco
Curatore
Italy
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Inserito - 22/02/2004 : 12:31:47
Primo novecento La ragazza con il suo fagotto legato ad un braccio aveva percorso parecchi chilometri con quelle scarpe risuolate più volte, le calze di lana grossa rammendate a dovere, la gonna lunga fino alle caviglie un corpetto, dono di sua madre e lo scialle nero fatto con gli aghi dalla nonna. Era la primavera del 1899, lei 16 anni, capelli raccolti in crocchia si recava in città per la prima volta, l’aspettava un lavoro come domestica presso una famiglia benestante. Ogni tanto un singhiozzo le saliva alla gola, stava lasciando l’unico mondo che conosceva, quello della campagna. Quella campagna della bassa bresciana dove d’inverno la nebbia si tagliava col coltello e ci si riscaldava nelle stalle, al lume delle candele, le donne più anziane sgranavano il rosario e le più giovani ricamavano lenzuola per la loro dote e durante l’estate il sole picchiava forte , le zanzare un tormento e i lavori nei campi sempre faticosi. Ora la campagna non poteva più nutrire tante bocche e lei, essendo la più grande di tutti e doveva aiutare la famiglia . Il lavoro come domestica era una vera benedizione, certo non prendeva denaro, ma almeno aveva vitto e alloggio. La famiglia presso la quale avrebbe lavorato apparteneva al ceto medio, il capofamiglia era un funzionario di banca la moglie maestra elementare ed avevano due figli piccoli. Quando la ragazza arrivò davanti al portone di quella casa esitò prima usare il battente, il cuore aveva accelerato i battiti, si diede dei pizzicotti sulle guance per darsi un po’ di colore, si stirò con le mani il modesto abitino, un grosso respiro e poi bussò. Poco dopo una donna con un grembiulone bianco aprì. - ah sei arrivata, entra adesso chiamo la signora La signora arrivò poco dopo, era graziosa e con modi gentili - sarai stanca e anche affamata, Celestina! Le prepari qualcosa da mangiare - bene signora, tu vieni con me! Come ti chiami ragazza? - Maria, mi chiamo Maria La giovane si rifocillò e Celestina le mostrò la sua cameretta. Più tardi arrivò anche il signor Arrigo, il padrone di casa, anche lui gentile, a sera aveva conosciuto tutta la famiglia bambini compresi. Incominciò così la sua nuova vita e a dire il vero non era proprio male. Imparò molte cose in quella casa soprattutto a leggere e scrivere, cosa che non aveva potuto fare in campagna, lo fece insieme ai figli dei signori Berardini, la famiglia che la ospitava e la trattava come una figlia. Passarono gli anni, Maria divenne una bella signorina, ma non dimenticò mai le sue origini contadine Un giorno mentre stava riponendo alcuni oggetti in soffitta si senti chiamare: - signorina! Signorina!! Un giovane dall’altro lato della strada era anch’esso in soffitta, Maria si affacciò all’abbaino - scusi signorina avrebbe un limone da darmi? Sono rimasto senza - volentieri – rispose Maria – vado a prenderlo Corse giù in cucina e poi ritornò in soffitta, il giovane era ancora là - lo lanci – la invitò Maria gli gettò il limone attraverso la finestra al di là della strada e l’uomo lo prese al volo, ringraziò con un sorriso. Alcuni giorni dopo Maria mentre rientrava a casa e fu fermata - mi scusi signorina – un giovane dagli occhi grigi come il ghiaccio le sorrideva – non si spaventi volevo solo darle questo, mi chiamo Ernesto, spero di poterla vedere ancora– aprì la mano e le mostrò un limone. Maria non ricordava nemmeno più l’episodio, ma sorrise e mise il limone in tasca. Ernesto e Maria si sposarono un anno dopo era il 1905. Ernesto era un bravo artigiano, costruiva mobili, lavorava per le banche e per le famiglie più in vista della città, si erano trasferiti nella casa di famiglia di Ernesto un palazzetto dell’ inizio ‘800. Lì vivevano i genitori e i fratelli, la convivenza, per Maria non era sempre facile , ma con il suo sorriso e gentilezza, in poco tempo aveva conquistato tutti. Negli anni che seguirono nacquero i figli cinque femmine e un maschio, poi la guerra, molti della famiglia partirono e qualcuno non torno dopo Caporetto, le bambine più grandi aiutavano nonna Virginia a fare bende da inviare al fronte. Intanto Ernesto continuava il suo lavoro, aveva aperto due negozi, i figli crescevano e la luce elettrica era entrata in tutte le case, nelle strade i lampioni a gas erano stati tutti sostituiti ed erano apparsi i primi tram elettrici, erano cominciati gli anni venti. Tutto stava cambiando, i vestiti si erano accorciati e le donne si pettinavano alla maschietta - chissà dove andremo a finire di questo passo – dicevano scuotendo il capo le anziane prima di recarsi al vespro. Ma nubi minacciose si stavano avvicinando - non mi piace come si mettono le cose – disse un giorno Ernesto leggendo il quotidiano – un tale di nome Benito Mussolini ha fatto la marcia su Roma – era il 28 ottobre del 1922 – non mi piace per nulla – continuava a dire – non mi piace per nulla – ed aveva ragione. Qualche anno dopo in casa entrò un nuova invenzione, la Radio - che diavoleria e mai questa? – papà Ernesto era stupito da una scatola usciva della musica - ma no papà – disse una delle figlie – si chiama radio – mentre le note di “Non ti scordar di me” si diffondevano nell’aria - moglie! Con quali soldi l’hai comperata – Maria sorrise - ho fatto dei risparmi – rispose - lo so cosa hai fatto! Non ti sei comperata quella stoffa che ti piaceva tanto Maria arrossì, ma vedere i suoi figli felici valeva molto più di un taglio di vestito. Andavano così le cose in quegli anni, pieni di avvenimenti e non tutti felici, ma il lavoro non mancava. Un giorno Ernesto tornò a casa, dopo aver fatto una consegna, tenendosi la testa fra le mani e un grosso bernoccolo spuntava fra i capelli che stavano ingrigendo, Maria corse al suo fianco preoccupata - cosa è successo Ernesto? - Cosa è successo! Un corteo di quei bast….. - ERNESTO non davanti alle ragazze – Maria si preoccupava sempre che si tenesse un linguaggio appropriato, nel frattempo gli faceva impacchi con acqua e aceto - Un corteo – continuò Ernesto – di quelli con la camicia nera, mi hanno dato una manganellata perché quando sono passati non li ho salutati come volevano loro - Però - continuò con evidente orgoglio – eravamo in parecchi, le abbiamo prese ma non abbiamo alzato il braccio. se una delle nostre figlie si mette con uno di quelli giuro la prendo a legnate - Le nostre figlie sono tutte brave e timorate di Dio - Meglio per loro – e la conversazione finì Purtroppo le cose andarono sempre peggio, molte persone sparirono da un giorno con l’altro, la paura e il sospetto presero il sopravvento, la gente aveva smesso di parlarsi per il timore di essere fraintesa e denunciata l’Italia era in pieno fascismo. Ma le figlie di Ernesto e Maria nel fiore degli anni vivevano spensierate la loro giovinezza, nella loro casa entrò il grammofono ed insieme al trio Lescano cantavano “Tuli ..li…tulipan” , erano belle e corteggiate e lontanissime dalle vicende politiche dell’epoca. Vestivano alla moda e portavano incredibili cappellini che mostravano passeggiando sotto i portici davanti al teatro Grande. Così passarono anche gli anni trenta mentre nubi minacciose si addensavano all’orizzonte. Nel giugno del 1940 l’Italia entrò in guerra e la vita cambiò per tutti. Anche per la famiglia di Ernesto e Maria incominciarono le difficoltà anche in campo economico, Ernesto non voleva saperne di prendere la tessera del partito e il lavoro scarseggiava, in famiglia si cominciava a sussurrare: - la Lucia è andata in montagna, fa la staffetta per i partigiani La Lucia era una delle nipoti, ma c’era anche chi approfittava della situazione per arricchirsi. Anche le figlie dovettero mettersi al lavoro per aiutare in casa in quegli anni bui e terribili e alla sera tutti in un stanzetta, con i vetri oscurati, attorno a quella “scatola” chiamata radio con un volume appena percettibile per ascoltare una voce, una voce proveniente da lontano, una luce di speranza - Qui Radio Londra …(voce del colonnello Stevens) …………..trasmettiamo alcuni messaggi speciali : - La mia barba è bionda; le scarpe mi stanno strette; il pappagallo è rosso; l'aquila vola Tutto questo mi è stato raccontato da nonna Maria, che da molti anni non è più fra noi, ma è sempre presente nella mia mente e nel mio cuore. Edited by - luisa camponesco on 26/04/2006 16:28:09
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