Un critico degno di critica e' colui che recensisce un film senza averlo visto, ma ci sono ragioni e ragioni di non vedere un film, una di esse e' quella di essere seduti in sala con le mani sugli occhi. Gia' al mattino la mia segretaria mi aveva guardato incredula :"veramente hai detto che stasera andrai a vedere il film 'Godsend'', proprio tu? ma non sai che e' un film del terrore?". "Ma no, non credo che sia cosi', figurati, ci sono Robert De Niro e Rebecca Romijn-Stamos, sara' al massimo un thriller", le ho risposto con un certezza che gia' non provavo piu'.
E alla sera e' subito accaduto qualche cosa di strano che mai mi e' avvenuto in tutta la vita, ho comprato il biglietto, ma sono rimasto fuori dalla sala per i primi dieci minuti del film, l'inconscio mi aveva convinto che non fosse ancora cominciato, ma successivamente il subconscio mi spiego' che si trattava di autodifesa, la mia mente aveva captato forse che gia' nei primi dieci minuti la trama era angosciante?
Com'e', come non e', alla fine mi sono fatto coraggio, coraggio che e' durato pochi minuti, e per oltre un'ora di proiezione ho tenuto premute le mani sugli occhi, mentre sullo schermo il medico interpretato da un diabolico Robert De Niro e la coppia che si era affidata alla clonazione per avere un secondo figlio si calavano in una vicenda capace di rievocare i fantasmi nella mente degli spettatori, gli occhi chiusi non mi hanno risparmiato da scariche gelide di adrenalina quando improvvisi stacchi musicali da brivido si alzavano di volume, di altre due mani avevo bisogno, per tappare le orecchie.
Dunque il regista Hamm ha raggiunto benissimo lo scopo che si prefiggeva, ad un flim del terrore lo spettatore si deve terrorizzare.
Filosoficamente posso ora osservare che fatico a comprendere come registi o scrittori di trame dell'orrore si sentano in dovere di terrorizzare il loro pubblico, perche' hanno questa idea fissa, mi domando, io ad esempio sono una persona normalissima, invito spesso i miei amici a cena, non credete che sia una bella cosa invitare gli amici a cena, non e' piu' umano sbizzarrirsi nel creare ricette anziche' spaventarli con trame sinistre?
Oh si', Roberto, organizzava spesso cene, di solito nelle notti di luna piena.
Gli ospiti raggiungevano con difficolta' eppur con curiosa anticipazione un indirizzo sperduto, all'aperto, nel centro di una radura di una lontana foresta. Non era mai ad accoglierli, ma un sentiero era illuminato da fiaccole appoggiate sui rami, come a far da guida. Attorno si udiva un suono di violino, tanto profondo e stridulo da far venire i brividi, un'atmosfera davvero insolita, pensavano gli ospiti ammirati.
Fino a che raggiungevano un largo spiazzo, un pentolone enorme, una figura misteriosa ricoperta da un mantello nero che dava loro le spalle, pareva rimestare il liquido ribollente con una enorme spatola. La musica di violino cessava all'improvviso, un silenzio talmente assordante che gli ospiti si accorgevano di udire il battito veloce e emozionato dei loro cuori.
Ma dov'era la cena?, si chiedevano, una punta di sgomento.
Strano che a volte le persone guardino altrove alla ricerca di cio' che altri trovano in loro.
Era per questo che l'essere dal mantello nero ci teneva a sceglierli uno per uno i suoi ospiti, invitava solo le buone persone, proprio quelle buone davvero.
(Tratto da "recipes for a good dinner", di Stephen Rob)