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Racconto La barchetta

Stampato da : Concerto di Sogni
URL Tema: https://www.concertodisogni.it/mpcom/link.asp?ID ARGOMENTO=10235
Stampato il: 23/12/2024

Tema:


Autore Tema: giuseppe belcore
Oggetto: Racconto La barchetta
Inserito il: 29/12/2004 15:19:20
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"Dedicato a chi si porta a spasso il dolore cercando calore
e donando dolcezza."

UNA VECCHIA BARCHETTA

Un signore anziano sale con un sacchetto di plastica in mano sull'autobus cittadino, alla fermata dell'ospedale S. Orsola di Bologna. Ad uno che gli ha teso la mano per aiutarlo a salire, lui porge invece la destra per salutare.
Si guarda intorno mentre va ondeggiando a destra e a sinistra, pulendo il pavimento con il lembo del cappotto, lungo più delle sue gambe arcuate. A quello e anche agli altri che non gli hanno chiesto nulla dice, pensando invece di sussurrarlo appena:"Non ho mai conosciuto altre donne oltre mia moglie, mai", e si siede sgonfiandosi al posto che immediatamente gli lascia libero una signora neanche più giovane di lui. Fa un pò preoccupare la sua faccia, e inquietano le sue parole. I farfugliamenti sono il suo lasciapassare.
Il dolore si apre un varco nel suo petto e dà la colpa alla stanchezza l'affanno.

Si gira intorno e vede che le persone lo guardano come aspettando parlasse, ma solo non sanno dove posare lo sguardo che si riposa nel vuoto dell’attesa.
"Sono molti anni che non sto in mezzo a tante persone che non conosco. Salute a tutti", dice, allargando le braccia come per accogliere il loro saluto.
Ma la gente intuisce ed evita di incontrare i suoi occhi per paura che lui faccia qualche domanda o peggio qualche confidenza. E allora fa lo stesso lui, che ora
guarda fuori dal finestrino per non infastidire oltre, mentre chiede ad un signore, depositatosi ignaro vicino a lui, qual é la fermata per la stazione ferroviaria.
"L'ultima", é la risposta, ma lui non vuole sapere quello e non si preoccupa.
In verità più che chiedere dove andare lui vorrebbe dire da dove viene...
E si adagia con il pensiero nell’attesa!

Sfiora il vetro con il naso che ha un pennacchio di peli sulla punta, e lo appanna. Tenta di pulirlo e lo ingrassa con il sudore della mano destra che fa scivolare da quaranta anni sulla gobba e i fianchi viscidi del naso. S'incanta a guardare fuori una coppia, che di doppio hanno solo le gambe, il resto è indistinto. “Si sostengono a vicenda per attraversare la strada”, è la descrizione analitica dei fatti che si fa lui. In realtà i due ragazzi camminano abbracciati, e basta. S’intralciano con i piedi per stare più vicini.
La loro giovane età innamorata non conosce altre necessità.

Si guarda intorno ed individuato finalmente il suo obiettivo, balbetta: "Non ho mai abbracciato nessun'altra donna al di fuori di mia moglie".
Ha adocchiato, commosso dalle sue stesse lacrime, una signora, dall’età apparentemente pari solo ai suoi ripensamenti. Anche lei dondola i sacchetti di plastica con la spesa, reggendoli tutti e due con la mano destra gonfia e liscia di bucato: a che serve rovinarsi anche quella buona? Mariano sente pure l'odore della candeggina quando lei si afferra ai sostegni dell’autobus all’altezza della sua faccia: é proprio la sua Beatrice!

Spera per un attimo, solo per un attimo, che la sorte gli dia un'ultima occasione per salutarla la sua donna, ma non é così, né poteva essere.

E' il dolore che ha giocato con gli occhi e questi non si sono fatti trovare impreparati! Il dolore si compiace di sé con gli uomini che non hanno più nulla da offrirgli.

La signora si spaventa senza aver avuto il tempo di capire il senso di quell'offerta e scappa spostandosi prima con le gambe e poi col resto del corpo che si porta appresso da un bel pò, ormai, senza sentirlo più suo. Va vicino al conducente che assiste dallo specchietto e non commenta neanche tra sé, preso com'é dalla guida.
Ma il dolore é contagioso per chi ama.

Passano i minuti e le fermate. La gente cambia ed il vecchietto non riconosce più quel paesaggio di facce che sembravano familiari. Ora che si era un pò acquietato in quel recinto. Guardandosi intorno, allarga di nuovo e di più le braccia: "No, nessun'altra donna" sussurra e alzandosi di nuovo piano piano, portandosi a spasso la sofferenza che oscilla con il suo corpo a destra e a
sinistra. Va verso un'altra signora che sta di spalle, appoggiata ad un sostegno verticale dell'autobus.

Un sussulto dell'autobus ed una brusca frenata sono i suoi complici innocenti, e lui cadendo le si rovescia addosso, tenendosi ma poi abbandonandosi al sostegno e a quello che gli stava intorno. La stringe senza lasciare il suo sacchetto stretto in mano. Il momento d’imbarazzo va giustificato: "Sa, signora, mia moglie è morta stanotte, così, all'improvviso, senza dirmi nulla... l'ho trovata che era quasi fredda. Nessuno mi ha detto nulla, nemmeno il medico che me l’aveva raccomdata per fare presto le analisi. Nessuno mi ha detto che se n'era andata."

La donna sta un pò, non reagisce, quasi sembra non sentire il peso di quell'uomo, ma poi lentamente si gira e gli grida in faccia, quasi in faccia, spintonandolo: "E chi se ne frega!".
E' un uomo! Anche se ha le unghie colorate, le scarpe coi tacchi, ed é ubriaco.
Il suo alito sa di pompelmo rancido e quella sola frase velenosa é bastata per convincere qualcuno a farsi a piedi una fermata.

Al capolinea non c'é quasi più nessuno oggi. Interviene il conducente che allontana l'ubriaco che scende ancora gridando che lui, no, non é frocio e a quello lì, quel vecchio molliccio e bavoso gli spaccherà la faccia prima o poi.
Chiude le porte e soccorre il povero vecchietto che é rimasto attaccato alla parete come una palla sgonfiatasi all'impatto. Porta i segni del confronto che si confondono con il dolore. Il conducente fa per tirarlo su che questi, nascondendosi a malapena il viso, lo supplica di crederlo, lui non é uno di quelli e non aveva mai sfiorato un uomo finora, nemmeno suo fratello.
Fa il cenno di sì il conducente, accarezzandogli per un soffio il viso e lui s'acquieta, mentre la gente bussa per entrare.

Aziona il dispositivo mentre il vecchietto ondeggiando come una barchetta prende il largo tra la gente che affolla il piazzale della stazione di Bologna.
Solo ora Lorenzo si accorge che quello ha lasciato sull'autobus il sacchetto, il suo fardello o il suo dono.

E' la scusa che aspettava per corrergli dietro ed essergli d’aiuto senza essergli utile un istante di più.
Lo raggiunge dentro l'atrio che già sta disperandosi cercando di ricordare dove ha lasciato la vestaglia della sua povera moglie con l'etichetta ancora attaccata, quella che le aveva comprato per farle fare bella figura mentre era a fare le analisi in ospedale. Per fortuna ora scorge il conducente con la sua divisa blu che brandisce il bottino sopra le teste della gente. E lui si sente felice, ma poi si vergogna: é morta Beatrice!
L'attimo di gioia immediatamente si nasconde dietro la sua unica espressione in cui si trova comodo da tanti anni, ormai.

Scatta già prima di fare un solo movimento. Ha preso il sacchetto prima di prenderlo.

Allarga di nuovo le braccia per scusarsi della dimenticanza e Lorenzo ci si butta dentro fingendo di non capire: é l'odore di chiuso, di fieno umido e di sonno, che viene da quell'abbraccio a farlo piangere, certo, non la storia di quell'uomo che non conosce!

La gente che ha invaso di nuovo l'autobus guarda senza capire, ma, poi, stranamente senza giudicare, incantati dall’immagine che ha imbrigliato i loro occhi nella periferia del loro cuore.

Nessuno ha il coraggio di rimproverare quel conducente, con quel suo sorriso lievitato suo viso, che ritorna a guidare l'autobus, correndo e rallentando due, tre volte per stringere in mano, ancora una volta e ancora di più, la parte di quella stoffa che non è entrata nella tasca della sua giacca d’ordinanza e che sembra proprio una vestaglia da donna
……mentre una vecchia barchetta, remando e ondeggiando imprecisa, si perde tra le onde della stazione ferroviaria che le si parano davanti, ma solo per sfiorarla ed accarezzarla.


Bologna-Sarno dal 1995 al 2000

Giuseppe Belcore

giuseppe belcore


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