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CERCO IL NONNO ROMOLO

Stampato da : Concerto di Sogni
URL Tema: https://www.concertodisogni.it/mpcom/link.asp?ID ARGOMENTO=12877
Stampato il: 22/12/2024

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Autore Tema: zanin roberto
Oggetto: CERCO IL NONNO ROMOLO
Inserito il: 16/11/2005 20:13:41
Messaggio:

CERCO IL NONNO ROMOLO


La luce violetta, d'una lampada UV, sondava vecchie e ingiallite pagine d'un libro che aveva circa quattrocento anni, la bionda signorina, nel suo camice bianco continuava a seguire il fascio di luce attraverso una grossa lente da tavolo, di tanto in tanto si fermava ad annotare su un registro note misteriose.
La grande sala era immersa in un silenzio quasi sacrale, su una cattedra centrale il responsabile sorvegliante dell'Archivio di Stato di Venezia, in Campo dei Frari, leggeva assorto una circolare tecnica, mio padre si alzò, cercando di non fare rumore ed io continuavo a rimanere affascinato dalla ricerca della studentessa universitaria.
Erano già tre sabati che andavamo nella bella Venezia, per cercare il foglio matricolare del nonno Romolo, classe 1899 che era morto senza che io lo conoscessi e senza sapere che cosa era successo durante il suo servizio militare.
L'atmosfera era calma e le lunghe attese venivano colmate da pazienti riflessioni, osservando i volti di tanti stranieri, di ricercatori e storici che erano li di casa, ma c'erano anche persone senza titoli che rincorrevano il passato, chi un vecchio marchio d'una fabbrica di candele, chi il vero cognome d'un artigiano seicentesco nominato in documenti contabili della Serenissima, chi una data, un luogo o solo un nome, aggrappati a fievoli indizi, a idee fisse, a sensazioni e l'umanità di quei volti mi commuovevano.
Il papà rientrò con un bicchierino di caffè, dalla porta vetrata automatica, fu subito stoppato dal sorvegliante che scuotendo la testa lo minacciava di ritornare sui suoi passi, sentii che indietreggiando disse: "Pardon!"-
Finalmente la luce della spia sul tavolo si accese proprio mentre lo stomaco vuoto fece sentire uno strano brontolio, per avvisarci che il personale addetto, aveva trovato il documento da noi richiesto.
Il vecchio registro era scritto con inchiostro nero e alcune note con la matita rosso-blu, era l'ottavo volume dei Registri dei Fogli Matricolari,dell'anno 1899, al numero 21500 di matricola, lessi in alto ZANIN ROMOLO, mi si strinse il cuore, ero emozzionato, volevo godermi quelle notizie con calma, centellinando ogni verità che vi potevo leggere, alzai gli occhi al soffitto mentre il papà firmava una serie di richieste per poter avere la fotocopia del documento.
Guardai la facciata destra del registro, fui attirato da una nota cerchiata al centro della pagina che diceva:
-"...si impossessava di vestiario e cibo, sottratto illegalmente,...condannato dal tribunale militare...ha scontato la pena...."
diventai rosso di fuoco in faccia,mi sorpresi talmente che fissai turbato, inebetito il papà che si accorse del mio impaccio. disse:
-" Che cosa c'è Roberto?...Che cosa hai letto? "
-" No, no...niente e che..." risposi titubante poi folgorato controllai meglio e capii che ad ogni facciata corrispondeva un militare, io ero andato al numero matricolare 21501, il successivo!!!
Sospirai contento e capii che il passato poteva riservare anche cose spiacevoli, non ci avevo pensato!
Nato il 17 luglio 1899, alto 1,72 e mezzo,erano molto precisi una volta!...torace 0,97 mt., capelli castani, forma liscia, naso grosso, mi palpai il mio e sorrisi perchè non avevo ereditato quella caratteristica, colorito rosso, professione contadino, e giù tutto il percorso militare, ero contento e finalmente avevo dati tangibili che mi permettevano di ricostruire un nonno (quello materno non lo avevo neanche lui conosciuto) che mi sarebbe piaciuto conoscere e che mi era mancato davvero.
Il papà era molto sereno, distaccato, assecondava il mio ardore, dandomi la sensazione che un vecchio, lontano dolore si era sopito nel suo animo e che non aveva la forza di risvegliarlo.
Mentre ci congedavamo dall'Archivio carpii una stanchezza fisica sul volto di mio padre, scomparve quando comodamente seduto alla trattoria si gustava un piatto appetitoso di pesce.
In treno, tornando a casa, gli chiesi del nonno Romolo, di quando era morto nel 1942, a soli 43 anni, della sua malattia.
Il cielo si era ingrigito, dal finestrino la campagna veneta piatta iniziava a perdere il suo verde estivo e si vestiva d'autunno, gli occhi del papà erano ora tristi e vagava con lo sguardo fuori, chissà dove, la voce calda e pietosa iniziò un racconto, per buona parte sentito varie volte ma ora era unitario con dovizia di particolari e riflessioni inconfessate.
-" ...Durante un'azione di guerra, forse al fronte, con buona probabilità nella zona dell'Isonzo, in piena estate, con un caldo afoso e con scarse riserve d'acqua, gli Austro-ungarici usarono i gas asfisianti e nervini e investirono con quei miasmi letali le linee italiane, il nonno si trovava purtroppo in quel settore, aveva ricevuto l'ordine perentorio di indossare la maschera antigas e di non toglierla a nessun costo..."
Il treno fischiò irriverente e ci fermammo ad un segnale rosso, il papà fermò il suo racconto e mi chiese dove eravamo, tossi con quella sua tonalità secca, da vecchio fumatore che conoscevo fin da bambino, si alzò e apri il finestrino.
- "Aria...!" disse conseguente, non so se per caso o per un gesto istintivo.
-" Il nonno Romolo aveva un fisico possente, era forte come un toro, mi ricordo che con un pugno divise in due un tavolo di legno massiccio!...era buono, non avrebbe fatto male ad una mosca!" ribadi, chiudendo il finestrino e sedendosi con stanchezza infinita.
-" Si tolse la maschera per poter bere dell'acqua ad una fonte, si sentiva forte, che cosa poteva succedergli per un minuto senza maschera antigas?!...respirò quel veleno per pochi secondi poi il soffocamento lo costrinse a rimetterla, il sudore gli colava dal collo, l'arsura lo tormentava, la gola ora era irritata ma non era successo niente di evidente!
I polmoni invece erano stati aggrediti da quella "porcheria" e nonostante un fisico forte erano esposti alle malattie, già nel febbraio del 1921 era stato mandato in licenza di convalescenza.
La tubercolosi si era insinuata tra le difese immunitarie indebolite e in modo molto lento aveva iniziato a demolire quell'uomo!"
Mentre il papà mi raccontava tutta la storia del nonno, io cercavo di far combaciare quello che mi aveva detto la nonna Giulia, sua moglie, che da buona maestra mi aveva addolcito la verità, saltando le parti più crude.
I miei cinquant'anni non mi facevano sentire forte anzi ero un figlio che ascoltava da suo padre la storia del nonno, con rispetto e cercando di non turbare più del dovuto l'intimismo suo.
Alla stazione di San Donà di Piave, sali un vecchio signore novantenne e si sedette di lato a noi, salutò e si sistemò il cappello verde bosco, sorridendo educatamente.
-" Mio padre,tuo nonno mori che avevo otto anni, sai non potevo baciarlo...non potevo abbracciarlo...per via del contagio, i suoi piatti, i suoi bicchieri, erano a perdere, regole che non capivo da bambino" lo disse con quel trasporto che mi lacerò il cuore, quanto deve averlo sofferto, lo si capiva benissimo e sentivo di volergli più bene perchè in qualche maniera mi faceva partecipe dei suoi sentimenti più reconditi.
-" Tua nonna Giulia, mia madre, un freddo, gelido pomeriggio di dicembre,...il 12...mi incaricò di andare a prendere il latte in latteria con un pentolino da litro, il vento fuori spazzava la piazza del paese come una frusta impietosa sulla carne nuda, il cielo era una palude limacciosa, minacciava neve, avanzavo infreddolito, le mani nude mi dolevano, sentivo tutto il corpo tremare, non vedevo l'ora di tornare. Mi riempirono il pentolino che tenevo per la maniglia in alluminio , percorso un terzo del ritorno, il peso si fece insopportabile, il metallo mi segava le mani, le gambe tremavano, il gelo era paralizzante, di colpo ci fu la quiete, per un attimo non sentii più nulla poi distinsi netta la voce del nonno, di mio padre che mi diceva: "Bambin mio, il papà ora ti aiuta, non preoccuparti, ecco coraggio, su andiamo, fa il bravo " non sentii più fatica, ne freddo, arrivai a casa con facilità e raccontai alla nonna, a mia madre, che il mio papà mi aveva parlato e aiutato a portare il latte,vidi scendere in silenzio lacrime dal volto di tua nonna- Seppi giorni dopo che proprio quel giorno a quell'ora del pomeriggio, nell'Ospedale di Venezia, a sessanta chilometri dal paese, il nonno, mio padre era morto!"
Avevo ascoltato con passione il suo racconto, il suo grande amore per suo padre, non riuscivo a confortarlo con una parola che non mi veniva, rimanendo soffocata in bocca.
Rise.
-" OH...io non credo a queste cose!" mi disse sdrammatizzando
-" però...non so spiegarmele!"
Il treno si fermò sferragliando, ci alzammo per scendere e per salutare l'anziano signore ma non c'era più eppure non c'erano state altre fermate, ci guardammo perplessi e scesi ridemmo pensierosi.

di Zanin Roberto


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